Omicidio alla Statale – Intervista a Luigi Vergallo

maxresdefaultProfessore all’Università Statale di Milano, grande amante e lettore di noir ma soprattutto autore con precise convinzioni e che non nasconde di avere lavorato tanto per migliore la propria scrittura. Il suo ultimo romanzo, Omicidio alla Statale racchiude alla perfezione tutto ciò che è Luigi Vergallo. Noi lo abbiamo intervistato per i lettori di Milanonera e ci siamo fatti raccontare tante cose.

Lei nella vita è un professore di Storia eppure ha pubblicato parecchi romanzi. Quand’è che si è scoperto anche scrittore?
“Ho iniziato a scrivere brevi racconti attorno ai 14 anni, ma soprattutto lunghe lettere a parenti e amici. Per molto tempo, però, ho giustamente abbandonato in fondo a un cassetto tutti quei racconti, insieme anche ai progetti di libri. Soltanto diversi anni più tardi, quando ho iniziato a frequentare un dottorato di ricerca che mi ha portato a scrivere per molte ore al giorno, mi è riuscito di fare davvero dei passi in avanti, dal punto di vista professionale, anche grazie a un maestro “vecchio stile” che mi ha fatto “sputare sangue”, come si usa dire, nel tentativo di migliorare la mia scrittura. Non lo avrò mai ringraziato abbastanza. Così, fra i 26 e i 27 anni ho scritto il mio primo romanzo, poi pubblicato”.

Lei nella vita è un professore di Storia eppure ha pubblicato parecchi romanzi. Quand’è che si è scoperto anche scrittore?
“Ho iniziato a scrivere brevi racconti attorno ai 14 anni, ma soprattutto lunghe lettere a parenti e amici. Per molto tempo, però, ho giustamente abbandonato in fondo a un cassetto tutti quei racconti, insieme anche ai progetti di libri. Soltanto diversi anni più tardi, quando ho iniziato a frequentare un dottorato di ricerca che mi ha portato a scrivere per molte ore al giorno, mi è riuscito di fare davvero dei passi in avanti, dal punto di vista professionale, anche grazie a un maestro “vecchio stile” che mi ha fatto “sputare sangue”, come si usa dire, nel tentativo di migliorare la mia scrittura. Non lo avrò mai ringraziato abbastanza. Così, fra i 26 e i 27 anni ho scritto il mio primo romanzo, poi pubblicato”.

In Omicidio alla Statale lei parla di una realtà milanese, come quella degli studenti universitari e fuori sede, che raramente viene affrontata in un libro e tantomeno in un giallo. Da dove è partito e cosa l’ha spinto a sviluppare questo racconto?
“Alcuni dei casi di cronaca nera degli ultimi anni hanno avuto come protagonisti degli studenti, e in particolare degli studenti fuori sede. Da parte mia, come studente e poi come professore, ho avuto modo di conoscere ed “annusare” contesti di questo tipo. L’università rappresenta spesso il primo momento di separazione degli studenti dalla propria famiglia di origine, e spesso i ragazzi arrivano a quel momento completamente impreparati, ed è facile che, almeno inizialmente, vinca la tentazione di assumere comportamenti “illegali”, anche tutto sommato innocenti, e in genere che vinca il richiamo della trasgressione. Insomma, in situazioni di quel tipo il materiale per il noir è abbondante. Il mio obiettivo era comunque quello di trascinare Tiburón, il personaggio principale, uno studente fuori sede un po’ particolare, fuori dal suo contesto, appunto, e più esattamente in una città e in un quartiere (Milano e il Ticinese) che gli ricordassero quelli di sua provenienza (Barcellona e il Raval) senza però rappresentare un terreno per lui familiare, così da osservarlo, poi, nel suo muoversi in situazioni che sapesse intuire – grazie alla sua formazione e alla sua spiccata intelligenza sociale – e percorrere con un misto di aggressività e di cautela, un po’ come una tigre scappata dallo zoo potrebbe attraversare un centro abitato”.

 El Tiburon è il suo personaggio principale, il fulcro su cui ruota l’intera storia e per le sue caratteristiche, il suo passato e il suo presente non dovrebbe essere affatto amato dai lettori, invece, in conclusione, si finisce con il simpatizzare indiscutibilmente con lui. Secondo lei come mai?
“Come scrittore, e dunque in qualche modo come padre di Tiburón, un padre però consapevole che la sua creatura, una volta giunta sul mondo, non gli appartiene più, sono contento di riscontrare questo affetto del pubblico per il mio personaggio. Questo ragazzo incarna bene la mia convinzione, di scrittore e studioso, che i confini fra il bene e il male siano molto porosi, e che le categorie che solitamente utilizziamo per dividere fra bene e male e fra giusto e sbagliato siano in buona parte inadeguate. Che non è un invito al relativismo assoluto, ma semplicemente a guardare al fondo dei problemi sociali, al fondo, potremmo anche dire, di quelli che abitualmente chiamiamo quartieri difficili, e a maggior ragione di quelli che chiamiamo malavitosi, cattivi, oppure persone perbene”.

 Leggendo il suo giallo non si può fare a meno di notare la sfacciata influenza della struttura tipica del noir hitchcockiano. È tutto voluto o le è semplicemente venuto così? Quanto compone o scrive un libro cosa l’influenza, da dove trae l’ispirazione maggiore?41y577mCUfL._SY264_BO1,204,203,200_QL40_
“Quello che dice è sicuramente vero, ma come grande lettore di noir ho contratto molti debiti, soprattutto inconsapevoli, nei confronti di diversi altri autori, come Malet, per esempio, cui – facendo le debite proporzioni – mi sento molto vicino, oppure anche di molto del noir italiano pubblicato da Todaro e da altri editori, oppure ancora il Jeff Lindsay di Dexter, o ancora letture più generali come gli stessi Eliade e Cioran, che leggendo il libro capirete quale importanza hanno in Omicidio alla Statale. Inoltre, poiché sono uno scrittore che pianifica inizialmente solo il minimo indispensabile (dialogando poi con la storia man mano che viene), giocano un ruolo importante anche gli stati d’animo che mi trovo ad affrontare nel momento in cui scrivo”.

Se un giorno le dovessero chiedere di scrivere una struggente storia d’amore rifiuterebbe subito o deciderebbe di sfidare sé stesso?
“In generale non amo farmi dire cosa devo scrivere, e dunque rispondo di no. Però, potrei accettare una sfida del genere se fosse da sviluppare su un progetto diverso, per esempio se si trattasse di scrivere la sceneggiatura di un film, o di una serie televisiva, qualcosa insomma da portare in una direzione nuova. Sì, in un caso del genere accetterei anche di scrivere una storia d’amore. Però, vi chiedo, quella di Tiburón non è anche una storia d’amore?”.

MilanoNera ringrazia Luigi Vergallo per la disponibilità.
Qui la nostra recensione di Omicidio alla Statale

 

Antonia del Sambro

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