Una storia gialla che diventa anche filosofica. Intervista a Massimo Nava – Il boss è immortale

download (1)Massimo Nava, milanese, ex inviato di guerra e corrispondente da Parigi per il Corriere della Sera di cui oggi è editorialista, è autore di diversi romanzi di successo, fra cui Il mercante di quadri scomparsiLa gloria è il sole dei mortiInfinito amore e Il garibaldino che fece il corriere della sera. In questo romanzo spazia fra l’esoterismo di trecento anni fa e, in qualche modo, le nuove aspettative dalla bioetica, prima fra tutte, l’immortalità.

Quanto tempo ha impiegato a documentarsi per questo romanzo? Quanti giorni  ha dovuto trascorrere a Napoli?
Ho dovuto soprattutto rinfrescare i ricordi, avendo vissuto a Napoli quasi cinque anni, in un periodo denso di avvenimenti e storie criminali. Erano gli anni Ottanta, ero un giovane inviato che si occupava molto del nostro Sud. E ogni volta che torno a Napoli mi si apre il cuore, perché ricordo momenti intensi ed emozioni forti.

 Com’è nata l’idea di creare un romanzo attorno alla “Macchina anatomica”? Chiunque la veda per la prima volta ne rimane scosso. E’ stato così anche per lei?
In realtà ero affascinato dalla figura del principe di Sangro. La macchina è stata lo spunto per lavorare attorno al tema dell’immortalità. Una storia «gialla» che diventa anche filosofica, metafisica.

 L’ispettore Bernard Bastiani risiede a Lione, una delle tre città al vertice del triangolo esoterico con Torino e Praga. Questa scelta è stata casuale oppure è voluta, per dare risalto all’atmosfera inquietante che pervade il romanzo?
Il dato più importante è l’Interpol. Il triangolo viene scoperto strada facendo dal nostro ispettore. C’è poi un legame con la massoneria e con  Napoli. Cagliostro arriva da Lione per incontrare Sansevero.

Come giornalista si è mai occupato di criminalità organizzata e, particolarmente, di Camorra?
Sì, moltissimo, i miei anni napoletani sono diventati anche siciliani calabresi e pugliesi. Mafia, sacra corona unità, ‘ndrangheta. E poi i grandi delitti, Dalla Chiesa, Mattarella, Falcone e i grandi processi.

Ha visitato personalmente i luoghi del mistero che descrive, come il cimitero delle  Fontanelle?
Certo, ci ho passato le ore. E poi mi sono perso nel quartiere Sanità, che è sempre fonte di grande ispirazione.

Come si è documentato su miti e riti della Napoli oscura, fra cui quello “dell’adozione delle capuzzelle” i crani anonimi e abbandonati e per questo chiamati “anime pezzentelle”?
Sono storie e leggende abbastanza conosciute, anche se superficialmente. Ma ci sono molte occasioni di approfondimento. Libri, testimoni, riti popolari. Ne parla persino Stendhal.

Può dire due parole su questa religiosità tenera e stravagante?
Non direi proprio tenera, forse stravagante. E’ un misto a volte torbido e inquietante di riti a tinte forti, a volte violenti. C’entra sempre il sangue, che sia di San Gennaro o di quelli che portano la croce a piedi nudi.

Si sente più giornalista o più scrittore?
Difficile separare i due mestieri. Si resta sempre giornalisti. Scrittori si diventa, se l’esperienza giornalistica nutre stile, ispirazione, fantasia.

Oggi il genere noir e il thriller, soprattutto se ambientati in luoghi reali e condotti sul filo della fantasia ma con i piedi ben piantati nella storia e nella realtà, come sono appunto i suo romanzi, secondo molti critici hanno grandi valenze sociali perché offrono spaccati della realtà in cui siamo immersi. E non è un caso se molti autori provengono dal giornalismo. E’ d’accordo su questa consequenzialità?
Abbastanza.  Intanto il giornalismo serve ad evitare di scrivere sciocchezze, trame non logiche, vicende non plausibili, anche se frutto di fantasia. La trama poliziesca, se ben congegnata, cattura il lettore e puó portarlo su altre tematiche senza annoiarlo. È quello che ho cercato di fare!

Adesso una domanda scontata ma forse non così banale: lei ama davvero Napoli e le sue feroci contraddizioni?
Moltissimo. Come ho detto, Napoli mi ha dato grandi emozioni. Ha una magia che non ho mai trovato altrove.

Qual è il suo autore preferito del passato? Quello a cui, più o meno consapevolmente, si ispira?
Ho amato molto Stendhal e Hemingway, Sciascia e Le Carrè, in fondo grandi cronisti!

 Progetti futuri? Ritroveremo Bernard Bastiani e il suo omologo italiano, Gianni Gagliano?
Forse Bastiani, ma non ho ancora deciso. Ho in mente un paio di progetti fuori da questo perimetro. Ma sono ancora confuso!

MilanoNera ringrazia Massimo Nava per la disponibilità.
Qui la nostra recensione a Il boss è immortale

Adele Marini

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