Intervista a Paola Mizar Paini: una “contastorie” dallo stile gotico

51nsVIkr4mL._SY346_Dopo aver recensito Angeli innocenti e La casa delle ombre, la redazione di Milano Nera ha il piacere di fare una breve chiacchierata con Paola Mizar Paini.
Ti ringraziamo per la disponibilità e… sei pronta?
Ringrazio la redazione di Milano Nera e in particolar modo Mirko Giacchetti per avermi dedicato questo spazio. Mi metto comoda. Auricolari e musica. Ora si, sono pronta!

Credo che il miglior sostenitore di un’opera sia l’autore. Se non sei d’accordo, ti è andata male perché ti tocca raccontarci i tuoi due romanzi e darci dei buoni motivi per leggerli.
Potrei stupirvi con effetti speciali… ma facciamo una cosa più semplice, parliamone, iniziando da Angeli innocenti. Per scrivere questo libro mi sono liberamente ispirata ad un fatto realmente accaduto negli anni 70, così che Angeli diventa un noir di grande impatto emotivo dove si mescolano drammaticamente due elementi: ignoranza e paura della diversità: Un gruppo di dodicenni decidono di avventurarsi verso una cascina a pochi chilometri dal paese. Lì vive Tunen Gamben, quel che si dice “il matto del paese”, emarginato da tutti. Quella sera non tutti i bambini torneranno nelle loro case, uno di loro scompare. Trent’anni dopo il passato torna a riscuotere il conto. Una storia che lascia l’amaro in bocca, ma che fa riflettere.            Scrivere “La casa delle ombre” invece è stato una specie di esorcismo. Questa è la vera storia di un’ossessione, la mia. La passione fra me e Villa Cerri (soprannominata “La casa degli amanti maledetti”) è nata un giorno d’estate di alcuni anni fa, quando casualmente, transitando dalla provinciale 193 bis ho incrociato con lo sguardo questa villa abbandonata in stile Liberty. Da quell’istante, conoscere la sua storia (basta cliccare su internet) e desiderare di scrivere qualcosa su di lei è stato un pensiero fisso. Prima con il racconto “La Custode” inserito nell’antologia “Dieci storie a mezzanotte”, ma non è bastato, l’ossessione doveva essere nutrita ancora. L’occasione è stata “La casa delle ombre” un noir ambientato nella nostra Lomellina, terra misteriosa dove streghe e diavoli, nelle credenze popolari, la fanno da padrona, ma tornando al libro la storia narrata non è la leggenda, ma quello che sta dietro a una vicenda iniziata nel 1921. Non ho potuto scrivere un vero e proprio romanzo su “Villa Cerri” perché la linea editoriale di Frilli è prettamente basata sul giallo/noir, ma penso di aver reso perfettamente l’idea di ciò che aleggia intorno a quella dimora: Giorni nostri: il cadavere di una giovane donna viene ritrovato all’interno di questa villa fatiscente. Orribili verità e misere tragedie emergono pagina dopo pagina. Ma forse meglio dare voce a lei, alla “Casa delle ombre”: Non vi tragga in inganno il mio romantico abbandono, le forme delicate, i colori tenui, le vetrate colorate che risplendono nel sole. Io rivivo di notte, tra le nebbie e i rumori furtivi della campagna, il gelo che trasmetto a chi mi osserva. Struggente lamento fra queste mura, infame è la mia solitudine…                   

Scrivere è un’attività molto impegnativa. Cosa ti ha spinto a mettere nero su bianco Angeli innocenti e La casa delle ombre e, se ci sono, vuoi raccontarci degli aneddoti legati alla stesura? Ah, prima di iniziare a rispondere, sappi che siamo molti esigenti e vogliamo leggere dei retroscena indimenticabili
Non avevo mai pensato di scrivere un libro, tantomeno che un pazzo lo avrebbe pubblicato…e invece quel pazzo (Carlo Frilli) ha avuto coraggio di farlo e così Angeli innocenti è arrivato sugli scaffali delle librerie. Ogni volta che mi recavo in un centro commerciale, oppure se passavo davanti ad una libreria entravo a controllare se il libro fosse là…e forse non è andata così male visto che le copie di Angeli sono andate praticamente esaurite. Quando Carlo Frilli mi ha chiesto se stavo scrivendo il secondo, ero già a buon punto con “La casa delle ombre”. Sentivo il bisogno di scrivere e lo sentivo forte. Accadeva soprattutto di notte e scrivevo, scrivevo… Appunti su mille foglietti di carta, perfino sui sacchetti dei panini dell’autogrill.  Aneddoti… Aneddoti sì, come no! Una buona parte della casa delle ombre si svolge nel periodo invernale. Precisamente a cavallo tra Natale e Capodanno. In realtà mentre scrivevo eravamo in pieno agosto e non riuscivo a descrivere bene l’atmosfera. Quindi oplà, Cuffiette, youtube e fra un White Christmas di Nat King Cole e un Jingle Bell di Bing Crosby, ce l’ho fatta. Ma la parte migliore te la racconto ora. Non dimenticare che scrivo anche aiutata dal silenzio notturno. Ebbene, mentre descrivevo la casa, avvertivo rumori e bisbigli, sentivo parlottare… ti basta?

51P+u1K8kaL._SY346_Nei tuoi romanzi c’è un “realismo” duro e spigoloso che non fa sconti a nessuno. Parliamo di ottimismo, credi anche tu che il mondo in cui viviamo sia il migliore dei mondi possibili o sei “un’ottimista ben informata”, vicina al pessimismo?
Bella domanda, ma non difficile. Mi definisco una “Contastorie” (Si incazzerà l’Accademia della Crusca?) dallo stile gotico. Mi piace dare un senso alle cose che racconto, un po’ come la morale nelle favole. Metto i miei personaggi sempre in bilico tra il bene e il male, anche se solitamente vince il male. Dell’ottimista bene informata, ne parliamo dopo…Difficilmente mi faccio paranoie circa quello che succede intorno a me. Però, nella vita mi sono dovuta misurare con parecchie difficoltà, anche piuttosto serie, tali per cui l’esempio del bicchiere mezzo vuoto, mezzo pieno è ampiamente superato. Mi butto sempre con entusiasmo nelle cose, commettendo sempre gli stessi errori quindi sono ottimista, ma essendo anche la confidente di tutte e mie amiche mi rendo conto di quanto ci sarebbe da essere pessimisti…

La letteratura è semplice intrattenimento oppure c’è qualcosa di più?
Per rispondere alla tua domanda, cito una frase rubata a G.G.Marquez:  La letteratura è nata quel giorno in cui Giona è tornato a casa e ha raccontato alla moglie che aveva fatto tardi perché era stato inghiottito da una balena.

Mi pare di aver capito che tu e Marchi vi siate già incontrati (per la precisione a pagina 151 de La casa delle ombre). Ti va di immaginare un secondo incontro, magari al tavolino di un bar? Siamo curiosi, vogliamo sapere di cosa parlereste e se – prima o poi – vi raggiungerebbe il Tenente Sabrina Ferri.
Fantastico Mirko! Sei l’unico ad aver notato che come Hitchcock, mi sono infilata nel romanzo. “Mentre Marchi fermo in coda attende il risolversi di un incidente in autostrada, si addormenta. Tempo dopo, finito l’intervento, le ausiliarie della viabilità lo svegliano. Svolgo il servizio da 13 anni e sappi che accade più spesso di quanto tu possa immaginare.” Se dovessi trovarmi con Marchi per due chiacchiere non farei come la Ferri che lo bacchetta continuamente. Lui è un uomo intelligente, cordiale e gentile con tutti. È un antieroe, con le sue debolezze e fragilità. Un maresciallo di paese che parla con la gente, frequenta i bar di Garlasco, fa due parole con gli amici. È uno da scappellotto. Con lui parlerei di un sacco di cose, vorrei sapere quali sono i suoi interessi, magari gli proporrei di scrivere un noir a quattro mani…e poi, sono single, chissà…                                                                             Sabrina Ferri? Beh, spero ci raggiunga il più tardi possibile, e comunque qualcuno dovrà pur pagare le consumazioni al bar.

È stato un piacere averti ospitato e speriamo di leggerti al più presto. Grazie mille di tutto e ti auguriamo buona scrittura

foto di  @Paola Cariati

 

Mirko Giacchetti

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