Intervista a Qiu Xiaolong – L’ultimo respiro del drago

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Qiu Xiaolong, il padre della serie dell’ispettore Chen, attualmente in libreria con L’ultimo respiro del drago, Marsilio Editore.

download (1)L’ultimo respiro del drago” è l’undicesimo libro della serie dell’ispettore Chen, com’è cambiato il protagonista rispetto agli inizi?
E’ cambiato molto da quando ebbi l’idea iniziale del personaggio. Nel primo libro, “ La misteriosa morte della compagna Guan”, Chen è abbastanza ottimista per il processo di riforme intrapreso da Deng Xiaoping in Cina e per le possibilità che gli si prospettano. È fiducioso di poter fare la differenza operando all’interno del sistema,  ma negli ultimi capitoli della serie diventa sempre più pessimista e disilluso.
Sotto il regime autoritario del partito unico, il cui interesse sovrasta la legge e la giustizia, Chen realizza che può fare ben poco come ispettore membro del partito, e più prova a indagare mosso dalla voglia di giustizia più si trova nei guai.

Inquinamento, corruzione e pressioni politiche, Lei fa emergere i temi principali del libro dalle prime pagine. Le piace andare dritto al punto, vero?
Come l’Ispettore Chen, sono sempre più deluso e amareggiato dalla società cinese di questi anni. Da una parte mi considero molto fortunato, in quanto scrittore cinese all’estero, di poter scrivere della Cina con il grande vantaggio di non dovermi preoccupare della censura locale. Quindi posso permettermi di andare dritto al punto senza girarci intorno.

La serie dell’Ispettore Chen è un mezzo per descrivere e criticare la società cinese contemporanea e i suoi libri sono dei gialli ma trattano anche temi sociali e politici. E’ difficile far combaciare tutti questi aspetti per creare un romanzo avvincente?
Sì, è difficile. Ogni tanto mi  è stato detto che mi soffermo troppo sulle circostanze sociali, politiche e culturali della Cina odierna in cui hanno luogo i crimini e le indagini, ma è molto più appagante per me scrivere questo tipo di romanzi che dei semplici gialli.
Inoltre spero che soffermarmi sul “perché”, e non solamente sul “come”, il crimine accade nella Cina contemporanea possa appassionare di più certi lettori interessati a cosa sta accadendo nel mio paese.
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C’è una tradizione di romanzi gialli in Cina? Se sì quali sono le sue caratteristiche?
Sì, il “gongan”. Un esempio sono le storie del Giudice Dee e i  libri di Van Gulik sono basati su racconti popolari di questo leggendario personaggio della letteratura cinese classica.
Storie simili includono tra gli altri  anche i giudici Bao e Shi. La parola “giudice” però qui è fuorviante in quanto loro non lo erano nel senso proprio del termine, ma bensì erano alti ufficiali che occasionalmente si occupavano di casi difficili. In ultima analisi ciò riguarda la mancanza di separazione tra il potere esecutivo e quello giudiziario nella Cina tradizionale, questione che purtroppo è rimasta praticamente immutata,
Questa è la ragione per la quale l’Ispettore Chen deve contantemente avere a che fare con la politica nella Cina odierna.

46502011_10215132220711154_8159338398016864256_nQuando inizia a scrivere un nuovo libro, ci sono dei punti cardine ai quali si attiene?
Per me i punti cardine in un giallo sono costituiti dalle cause che portano al crimine su cui si basa la storia. Per esempio in “Di seta e sangue” tratta di come il trauma subito da un bambino durante la “rivoluzione culturale cinese” lo abbia portato a diventare un serial killer anni dopo. Oppure in “ Le lacrime del lago Tai”, il lago inquinato e le menti “inquinate”.

La poesia ha un importante ruolo nella sua scrittura. Fa spesso riferimento ai poemi Tang e a Eliot. In che modo la sua scrittura è influenzata dalla poesia?
Io scrivevo poesie prima di iniziare a scrivere fiction. Inoltre c’è più poesia in una novella classica che in una storia dell’Ispettore Chen. La poesia credo dia per la possibilità di  variare l’intensità lirica della narrazione. In un certo senso, le mie citazioni dei poemi Tand o il fatto che Chen scriva poesia possono essere viste come un seguito della tradizione cinese.  Allo stesso tempo può essere vista come l’introduzione di una sorta di distacco dal cuore della narrazione, come una differente prospettiva vista dagli occhi di antichi poeti nella medesima situazione.

Qual è il ruolo dei social network in Cina? Possono essere un mezzo efficace per contrastare la propaganda del partito unico?
Dipende cosa intende per social newtork: ad esempio in Cina non si può accedere a Facebook o Google.
C’è un’applicazione chiamata Wechat che è utile per gli smartphone ma è sempre sotto la stretta sorveglianza della polizia informatica del partito.
Se le persone pubblicano qualcosa di sovversivo o politicamente critico il contenuto può essere bloccato in breve tempo e l’autore può essere diffidato, punito o addirittura condannato ad anni di carcere.
Quindi non è per niente facile combattere la propaganda monopartitica ma allo stesso tempo i cittadini provano ancora a far sentire le proprie voci in un modo o nell’altro.

Socialismo clientelare alla cinese… può spiegarci cosa significa?
La definizione comunemente accettata del termine “socialismo clientelare” si riferisce a un sistema economico caratterizzato da stretti e reciprocamente vantaggiosi rapporti tra gli uomini d’affari e gli ufficiali governativi. Nella teoria e nella propaganda la Cina si definisce socialista, ma in realtà ciò che pratica è quasi totalmente un “capitalismo clientelare” come definito prima… o anche peggiore a causa del potere assoluto del partito centrale… quindi “alla cinese”.

L’oblique talking è  una caratteristica peculiare cinese o pensa che appartenga a tutti i politici?
( Per oblique talking si intende l’uso di frasi che non esprimono  chiaramente e direttamente  l’idea,  un  parlare per “mezze frasi” e allusioni. n.d.r.)

Può appartenere a tutti i politici del mondo, ma nella società contemporanea cinese, oppressa dall’onnipresente presenza politica del partito, un grande numero di persone ricorre all’oblique talking in maniera naturale, e ciò appare ovviamente preoccupante all’osservatore.

Qual è il ruolo di detti e proverbi nella cultura cinese?
Il ruolo dei proverbi e dei vecchi detti nella Cina di oggi può essere difficile da definire con precisione. Per certe persone essi rappresentano la visione antica e tradizionale di vedere le cose e di reagire ad esse cercando di perseguire questi valori in contrasto con la modernità o con i valori sempre più materialistici della società contemporanea.

I trentasei stratagemmi sono ancora attuali? Sembrano molto moderni e anche molto utilizzati:
I trentasei stratagemmi sono probabilmente tutti basati su vere battaglie della storia cinese. Nella vita reale possono essere interpretati più come trucchi per raggirare gli avversari in qualsiasi competizione.
Ci sono pure dei libri intitolati “36 stratagemmi nel business”. L’ispettore Chen, quando è alle strette, è costretto a ricorrere a questi trucchi per tirarsi fuori dai guai.

La Cina sta andando incontro a una crisi ideologica?
Penso proprio di sì. Nel passato i cinesi credevano nel Confucianesimo oppure, in minor numero, nel buddismo o nel daoismo. All’inizio del ventesimo secolo, in un generale rifiuto della tradizione ideologica, certe persone iniziarono a ricercare nuovi credi, principalmente quelli occidentali. Dal 1949, con il partito comunista al potere in Cina, l’idea vigente era quella marxista e comunista, che avrebbe potuto funzionare per un po’, ma con il disastro della Rivoluzione Culturale prima e con la repressione di piazza Tien’anmen nel 1989, la maggior parte delle persone ha smesso di credere allo spirito dell’ideologia ufficiale. Quindi è una sorte di “vuoto spirituale”. Quindi a cosa potrebbero votarsi le persone? Questo potrebbe spiegare la popolarità crescente del materialismo in Cina… ovvero credere solo in ciò che puoi stringere nelle tue mani.

Lei scrive sia in inglese che in cinese. Il suo stile di scrittura cambia da una lingua all’altra?
E’ una buona domanda. Ogni lingua ha le sua sensibilità linguistica e a volte questa  emerge in una ma non nell’altra. Quindi bisogna trovare lo stile migliore per scrivere in ciascuna delle due ma sempre cercando di introdurre le sfumature presenti nell’altra.

I suoi libri sono pubblicati anche in Cina. Come interviene la censura?
C’è un esempio lampante! Alcuni racconti del mio Ispettore Chen sono stati ritradotti in cinese (da altri traduttori). Quasi tutte le storie di Chen si svolgono a Shanghai, ma appena prima che la traduzione venisse pubblicata, gli ufficiali della censura comunicarono che non era ammissibile far accadere omicidi i in quella città, il cui nome quindi scompare per venire sostituito da “H City”… la lettera inglese “H” nel testo cinese.

Chen è considerato il “Montalbano cinese”. Ha letto i libri di Camilleri? Pensa sia un paragone azzeccato?
Mi piacciono i libri di Camilleri, ho letto tutti quelli tradotti in inglese. Dato che entrambi sono fini gourmet, grandi appassionati di cibo, penso si possa definire un paragone adeguato.

Lei vive negli Usa da tempo. La distanza geografica e culturale dalla sua madrepatria le dà la giusta prospettiva per scrivere?
Giusta prospettiva o no questo spetta ai miei lettori dirlo, ma penso di avere una posizione vantaggiosa per scrivere di ciò che accade in Cina oggi. Dato che torno spesso in Cina, mi piace pensare di avere anche una prospettiva dall’interno, insieme a quella esterna da residente da tempo negli Stati Uniti. Vale la pena provare a far combaciare i due aspetti all’interno della serie dell’ispettore Chen.

Le piacerebbe ritornare a vivere in Cina?
Mi reco spesso in Cina (per i miei libri o altre cose) ma da scrittore non ci tornerei in quanto non potrei scrivere liberamente ciò che voglio… non in questo momento quando pure il nome della città di Shangai viene cancellato dai miei libri. Sebbene nessuno possa dire cosa potrebbe accadere nel mio paese nel futuro. Per il momento penso che la cosa migliore, da scrittore, sia di scrivere della Cina ma lontano da essa.

MilanoNera ringrazia Qiu Xiaolong per la disponibilità
La foto di Qiu Xiaolong è di Manuel Figliolini

Cristina Aicardi

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