Sangue del mio sangue – Intervista a Roberta De Falco

download (4)Buongiorno Roberta e benvenuta su MilanoNera.
Sangue del
mio sangue, sua ultima fatica letteraria, dà l’avvio a una nuova serie poliziesca e segna il suo esordio in casa Piemme. Tante novità, dunque, e tra queste, i suoi lettori hanno potuto notare la “promozione” al ruolo di protagonista di quella che nei libri dedicati alle indagini di Ettore Benussi è stata la spalla fidata del commissario della Mobile di Trieste: Elettra Morin ha superato il concorso e ha assunto l’incarico di dirigere la centrale di Monfalcone. Vuole raccontarci cos’ha fatto l’ispettore Morin per conquistare quest’opportunità?
Era da tempo che Elettra voleva fare uno scatto di carriera. Si era preparata per il concorso già due volte,  durante il suo lavoro da ispettore a Trieste, senza riuscire a passarlo. Questa volta la sua tenacia l’ha premiata ed è diventata commissario. Quello che però non si aspettava era di essere messa subito a capo di una squadra poco lontano da lì, a Monfalcone. Un’opportunità che, come vedremo, non è dipesa solo dai suoi meriti. E che la metterà in difficoltà.

Elettra è una donna tormentata, il suo è  uno sguardo  diretto e autorevole, ma che nasconde le ombre di una fragilità profonda: questo libro le darà l’occasione di confrontarsi con tutta una gamma di sentimenti e situazioni spiazzanti, capaci di avviare un processo di evoluzione emotiva che la porterà a mettere in discussione atteggiamenti e schemi mentali. Un personaggio in crescita, sotto tanti aspetti. Cosa le riserverà il futuro?
Non lo so ancora. Crescerà di sicuro, ci sorprenderà, non sarà mai prevedibile. Elettra è una donna che non ama stare ferma, in nessuna situazione né lavorativa né sentimentale. E’ sempre proiettata in avanti, pur non riuscendo a liberarsi da una zavorra di fragilità che la lega al  suo passato. Ama però farsi sorprendere dalla vita e dalle sfide. E’ testarda, ma sa ascoltare il suo cuore, quando lei gli permette di parlare. La storia con Valerio l’ha ammorbidita, resa meno difesa, così come l’accettazione del carattere di sua madre naturale, che la rendeva diffidente e distante. Spesso le persone non sono come vorremmo che fossero e allora cerchiamo di cancellarle o di modificarle. Se questo non avviene, ci sentiamo infelici e ci allontaniamo. Ma forse per Elettra è venuto il momento di capire che è lei stessa a dover modificare il suo sguardo e il suo cuore, lasciando entrare l’imprevisto e le sorprese della vita.

Per il commissario Morin l’affetto non contempla doveri: se Elettra potesse commentare questa affermazione, cosa direbbe?
Elettra ama pensarlo perché ha paura di soffrire, ha già sofferto troppo nella sua vita. E’ una mossa in difesa, ma la sua intelligenza, il suo cuore e la sua profondità non fanno altro che smentirla.  Posso dire che Elettra sta lentamente liberandosi dalla sua corazza di paure per sperimentare la sorprendente novità del lasciarsi andare.

In Sangue del mio sangue, accanto al personaggio di Elettra, si muovono altre figure  femminili, la cui storia e il cui mondo emotivo si accendono di un’energia comunicativa molto potente: Tania, Laura… ognuna vive, per motivi diversi, una solitudine profonda  e si fa interprete un’inquietudine attuale. Vuole dirci qualcosa di più di queste donne? Cosa le distingue dagli uomini che calcano le scene dei suoi libri? E che tipo di messaggio riescono a veicolare?
Non è certo un mistero che le donne, in questi ultimi decenni, abbiano assunto una nuova consapevolezza di sé, si siano affrancate da ruoli subalterni nei confronti degli uomini, scoprendo la fierezza  e l’impegno di un’indipendenza lavorativa e affettiva. Questo però spesso genera in loro solitudine, fatica, inquietudine. Tania vive quasi con vergogna il suo orientamento sessuale, non fa nulla per imporlo agli altri e tanto meno all’oggetto del suo amore. Ha pudore dei suoi sentimenti e rispetto per quello degli altri, Elettra compresa. In questo è un po’ diversa dai tanti suoi coetanei che considerano il soddisfacimento sessuale e la sua ostentazione esasperata  come il nucleo principale della loro identità. Tania è affidabile, discreta, profonda e in queste sue qualità trova il suo vero equilibrio. Laura invece è la classica donna a metà. Non è riuscita a lottare per tenere sua figlia, né il suo amore giovanile, si è arresa al volere della sua famiglia per mancanza di un rapporto profondo con sé stessa e lentamente è diventata trasparente. Una sopravvissuta a una vita che non ha saputo vivere. Ma l’incontro con Elettra e risveglia in lei un’insperata voglia  di reagire al fatalismo depresso che l’ha fatta fluttuare nell’infelicità della sua vita.

L’ispettore Bregant alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Era stato buttato giù dal letto alle quattro e mezza di mattina e non ne era felice. E poi non sopportava le donne che volevano giocare a fare i poliziotti, anche se doveva riconoscere che la grinta di quella biondina lo arrapava parecchio. Avrebbe volentieri spento quello sguardo di sfida atterrandola sotto di sé e mostrandole come fosse un vero uomo. Era sicuro che, dopo i primi obbligatori strepiti per salvare la faccia, quella sgualdrinella avrebbe apprezzato il trattamento.
E lo avrebbe ringraziato. La presunta superiorità dell’uomo sulla donna è una questione da cui nessun ambiente sociale sembra essere immune: gli atteggiamenti  legati a questa convinzione pesano anche su un mondo, come quello della polizia, che, per anni, è stato monopolio maschile.  Cambieranno mai le cose?
Certi meccanismi sono inevitabili, purtroppo. Troppi millenni di supremazia maschile hanno convinto gli uomini di essere in qualche modo superiori alle donne, e questo si vede ancora in ambienti dove la cultura e l’educazione delle famiglie non sono riuscite a penetrare, dove vincono gli istinti e i pregiudizi più scontati.  Molte cose però sono già cambiate in questi anni, perché sempre di più le donne hanno imparato a farsi rispettare e questo ha creato sconcerto, ma anche sorpresa in molti uomini che poi hanno saputo trasformare le loro pigrizie mentali in prese di coscienza culturali e umane. Come il nostro Bregant, che dapprima disprezza le donne con cui lavora poi impara a rispettarle e ammirarle, stemperando anche la sua eterna scontentezza.

Il giallo è un genere molto versatile: con docile condiscendenza si presta a divenire  non solo occasione di indagine poliziesca, ma anche  luogo di un’investigazione più complessa e suggestiva, capace di addentrarsi tra le infide pieghe di un territorio controverso e mutevole come quello dei sentimenti e dei legami relazionali. E  in Sangue del mio sangue si realizzano, con estrema puntualità, tutte quelle impressioni che rimandano al mondo degli affetti e, in particolare, al rapporto con la figura paterna, che diviene una rappresentazione fedele di tutte le storture connesse ai mutamenti sociali e all’incostanza affettiva: molti dei momenti descritti nelle sue pagine lasciano la triste consapevolezza di quanto tutto ciò pesi sulla formazione individuale e collettiva di una società. Ci dica qualcosa di più di questi padri.
Uno dei titoli che avevo pensato per il libro era  Padri nostri che siete in terra. Poi era troppo lungo, e ho preferito cambiare. Ma il nucleo principale di questa storia a scatole cinesi era proprio indagare sul ruolo sempre più evanescente del padre nella nostra società. Il padre di famiglia, autorevole, autoritario e temuto non esiste più e, al suo posto, è nato un mosaico di figure paterne eterogenee e fluttuanti, senza  più una vera identità educante o di guida. I padri che costellano il mio libro sono tutti diversi, si va dal padre patriarca che invecchia da solo con i suoi ricordi e i suoi rimpianti, ignorato dal figlio, al padre poco di buono che cerca una tardiva complicità con una figlia sconosciuta, al padre inconsapevole e egoista che rinnega e umilia la sua stessa prole, al padre padrone che decide con prepotenza del destino di suo figlio e di sua nipote, al padre adottivo che ammonisce con severità, quando vede che l’egoismo e la durezza prendono il sopravvento sul rispetto dei sentimenti degli altri. Una gamma variegata, quanto ormai  diversificate e fluttuanti sono i rapporti tra le persone e le proprie radici.

Elettra amava la strada che portava verso Grado, un lungo rettilineo che costeggiava i campi coltivati. Era come lasciarsi alle spalle il caos di Monfalcone per immergersi in un paesaggio rasserenante, fuori dal tempo. Dopo tanti anni a Trieste, quel verde, quel silenzio, quella tranquilla strada che portava verso il mare erano una boccata di pace inaspettata e gradita. Sangue del mio sangue porta anche un cambiamento di ambientazione: abbiamo lasciato Trieste per spostarci nella zona della laguna di Grado, con le sue riserve naturali. Quanto è importante nelle sue storie  la scelta dei luoghi?
Posso dire che questa volta sono stati proprio i luoghi la prima forma di ispirazione per il mio libro. Sapevo che volevo allontanarmi da Trieste, dopo quattro storie ambientate in questa città carica di fascino e di drammi storici, ma non troppo. Prima  volevo rendere omaggio alla straordinaria bellezza della Riserva Naturale della laguna di Grado e della Foce dell’Isonzo. Ci sono luoghi che ci avvolgono di pace e di stupore, che sembrano invertire il nostro rapporto con il tempo, immergendoci un una dimensione di silenzio e di pensieri diversi. Ecco, volevo che il paesaggio fosse uno dei protagonisti principali della storia, insieme alla villa. Una villa che esiste veramente – Villa Sbruglio a San Pier d’Isonzo – e che mi ha sedotto con la sua architettura scenografica e unica.  La storia è venuta dopo.

Anche se in un breve cameo, ritroveremo Ettore Benussi: per il commissario della Mobile di Trieste è giunto, però, il momento di congedarsi dal suo incarico. Lo farà anche dai suoi lettori?
Se la serie continuerà – e questo dipenderà  soprattutto dall’accoglienza dei lettori e dalla disponibilità della casa editrice – Benussi continuerà a vivere in ogni storia,  o come ospite, o come aiutante volontario di Elettra. Ormai è in pensione e ha tanto tempo a disposizione. Non potrei abbandonarlo. Parafrasando Flaubert. Benussi, c’est moi.

Parliamo un po’ del suo rapporto coi lettori e con la critica.
Non saprei cosa dire. Ho i miei lettori affezionati e fedeli che mi scrivono sulla pagina Facebook e ho avuto finora solo critiche lusinghiere e incoraggianti. Posso dire che mi è andata bene.

Per concludere, ringraziandola per essere stata nostra ospite, passo a lei il testimone: quale domanda avrebbe voluto le venisse posta?
Le domande che avete fatto sono molto esaustive e stimolanti, dunque non saprei. Vi ringrazio dell’attenzione e della disponibilità.

MilanoNera ringrazia Roberta De Falco per la disponibilità.
Qui la nostra recensione a Sangue del mio sangue

Mariella Barretta

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