Intervista a Sebastiano Vilella

Schivo, riservato, disilluso, ragionatore e osservatore, il commissario Italo Grimaldi ritorna a indagare in un’apparentemente tranquilla città del Meridione d’Italia negli anni Cinquanta. Sole,mare e la ripresa delle attività dopo la pausa estiva sono il prologo di “Requiem per due c…Italo Grimaldi  commissario” ( Coconino Press- Fandango, pag. 128, bicromia, euro 17,00), il nuovo graphic novel di Sebastiano Vilella. L’estate è finita “ma l’autunno non vuole proprio arrivare”, il cadavere galleggia nelle acque del porticciolo del Margherita dove un gruppetto di ragazzi si tuffa, uno di loro si accorge del corpo e scatta l’allarme. La vittima è Riccardo, un giovane che viveva a Grenoble ma appena poteva tornava al Sud, tornava nella sua città. Stavolta l’intenzione è di trascorrere qualche giorno di vacanza con Andrea “l’unico cugino rimasto” dei parenti italiani. “Spavaldo, alla moda, ben vestito, curato, il baffetto giusto”, Andrea, detto “la pulce” quando era bambino, ne ha fatta di strada scegliendo la via più facile. Nel secondo dopoguerra in Italia c’è “una corsa al denaro e al potere che non guarda in faccia nessuno e chi può si organizza come sa e come vuole”. Un circolo vizioso di malcostume, corruzione e crimini coivolge le alte vette della società locale e Riccardo vi si trova inconsapevolmente inserito dal cugino, vittima a sua volta del sistema.

Il cadavere di Andrea viene ritrovato dopo la denuncia di Riccardo che gli costerà la vita. Grimaldi conosce a fondo la sua città e gli esponenti delle famiglie intoccabili che spadroneggiano e si arricchiscono illecitamente. Come sconfiggere un sistema che si è radicato sul territorio e che si protegge con le armi del denaro e del potere? Grimaldi è un uomo di mezza età, molto professionale, di poche parole, preferisce i fatti  e per questo motivo non si intimorisce nel piombare in piena notte in casa dell’imprenditore alla cui festa avevano partecipato i due cugini. Grimaldi sa cosa è successo conosce anche i limiti imposti troppo spesso anche dai suoi superiori e convive con quella realtà e con tanti fantasmi.

Sebastiano,quando è nato il personaggio del commissario Grimaldi?

“Italo Grimaldi è stato concepito nel 1983 per Eureka,  una storica rivista a fumetti che all’epoca era diretta da Alfredo Castelli e Guido Silvestri ( Silver) . Ero giovanissimo e avendo vinto un concorso per autori esordienti a Prato, fui scelto per realizzare delle storie di genere giallo o poliziesco. Io proposi di ambientare nell’Italia del ventennio fascista queste storie, con un giovane funzionario di polizia meridionale, alle prese con le storture del regime e il malaffare di un epoca oscura, ma affascinante  come quella tra le due guerre. L’idea piacque subito, era una novità per il fumetto italiano e nonostante la mia poca esperienza, mi fu data fiducia”.

 

Ti sei ispirato a un detective già esistente?

“Sicuramente ero rimasto molto colpito dal dott. Ingravallo, comandato alla mobile, del “ Pasticciaccio brutto de la via Merulana” di Carlo Emilio Gadda, protagonista di uno dei romanzi più complessi e rappresentativi della letteratura italiana del novecento, un romanzo che si pone ben oltre i limiti stessi del genere poliziesco convenzionale. Pietro Germi ne aveva fatto una versione cinematografica potentissima per l’epoca che azzardava una commistione tra un personale stile neorealista e la detective story all’americana. Io ne restai molto affascinato e pensai di elaborare graficamente delle atmosfere, dei caratteri e un linguaggio  tipicamente italiani, utilizzando un disegno in bianco e nero ricco di dettagli ed evocativo. Nacque così “Italo Grimaldi, un commissario tra le due guerre”, un poliziotto schiacciato dal potere, dai suoi limiti e dai suoi dubbi umani e professionali. Un investigatore poco eroico che spesso non sa e non può risolvere come dovrebbe i casi a lui affidati. Non una mente logica e razionale in grado di sciogliere intrighi ed enigmi, ma più verosimilmente un funzionario di polizia costretto suo malgrado ad applicare sempre e comunque  la Legge dello Stato”.

Perchè hai scelto un detective prossimo alla pensione?

“Nelle prime storie  Grimaldi si muove in un contesto storico preciso, gli anni 30 del novecento; quando un paio di anni fa ho deciso di riprendere questo personaggio, ho pensato di portarlo più avanti nel tempo, di mostrarlo come un sopravvissuto, quasi un relitto di un epoca drammatica e rovinosa che si era resa responsabile di conflitti e orrori planetari. Ho pensato di farlo muovere con un certo disagio senile in un epoca non più sua, durante gli anni del boom economico,  dove però il desiderio di  trasformazione e di libertà, rivela i suoi lati più oscuri e abietti; dove i protagonisti vivono e cercano euforicamente di adeguarsi ai ritmi e alla spregiudicatezza dei nuovi potenti  e dove l’ebbrezza della democrazia cerca di mascherare nuovi inganni e amare disillusioni”.

 Corruzione e malaffare negli anni Cinquanta e anche oggi: Grimaldi sarebbe un bravo commissario anche ai giorni nostri?

“Apparentemente sembra di no. In realtà oggi tutto è molto più articolato e sfuggente nonostante la quasi impossibilità a negare le evidenze. Oggi tutto consiste nel vanificare e smontare le prove, mentre in passato si occultavano per evitare che rivelandosi procurassero scandalo. Oggi sembra quasi che uno scandalo non scandalizzi mai abbastanza, tanta è l’assuefazione. Negli anni della ricostruzione e del boom,  la macchina della giustizia stentava a funzionare perché i poteri forti riuscivano più facilmente a  insabbiare le verità più scomode. Era come se risultasse più conveniente alimentare la macchina del malaffare e della corruzione per spingere verso l’alto la crescita e l’economia.  I costumi sociali erano condizionati da una palese ipocrisia morale e culturale. Il cinema e la letteratura di quegli anni ci hanno mostrato i lati più sfaccettati e persino pittoreschi di quella realtà italiana così condizionata dall’America, dal Vaticano, ma anche dai miti fasulli dei paesi a socialismo reale. Si tendeva a creare facili modelli di benessere e di giustizia , che in realtà nascondevano profonde ingiustizie sociali, violente forme di ignoranza e di sfruttamento, abissali squilibri di classe…tutto quanto porterà alle contestazioni politiche e culturali negli anni 60 e alla deriva terroristica successiva. La nostra democrazia, che si era nutrita di modelli e ideali puntualmente disattesi e di conflitti ideologici e sociali, ha vissuto dagli anni 80 una lunga fase di “rilassamento” di progressivo rifiuto di impegno che ha consentito al sistema di elaborare nuove e sofisticate forme di mistificazioni e di ingiustizie che sono gradualmente degenerate fino alla realtà dei giorni nostri. Oggi attraversiamo una fase in cui sembra possibile organizzare politicamente una forma di ribellione civile verso ogni forma di abuso e di potere, ma il mio commissario, che non si può definire propriamente “un bravo commissario”,  credo ne riconoscerebbe i limiti e le debolezze e  continuerebbe a muoversi con estrema difficoltà e una buona dose di frustrazione in una realtà ancora troppo opportunista e profondamente ipocrita e individualista”.

La storia è raccontata dal punto di vista delle vittime. Perchè questa scelta?

“Avevo già utilizzato questa forma di racconto “post mortem”  in altre mie storie a fumetti. La “trovata” dovrebbe consentire ai protagonisti della vicenda di meditare sulle loro rovine esistenziali con il relativo distacco di chi non è più coinvolto emotivamente dai desideri, dalle passioni e dalle debolezze dei vivi. In realtà i personaggi, prima del consapevole dissolvimento delle loro anime oltre che dei loro corpi, godono di una certa forma di ironia emozionale che consente loro ( e noi ) di rivivere temporaneamente le loro esperienze, anche le più drammatiche, con un certo divertito disincanto. Loro, i morti che si raccontano, non sanno il perché di quanto è loro accaduto, ma ipotizzano, fanno congetture su cose e persone…si convincono e si smentiscono proprio come fossero ancora vivi…finchè il loro stato di coscienza permane, prima della dissoluzione. Neanche ai morti è dato sapere…perchè mai dovrebbero?”

 

Quanto ti somiglia il tuo commissario?

“Tutti i personaggi somigliano ai loro autori. Anche i miei finiscono per  somigliarmi, non solo Italo Grimaldi che però nelle mie storie ed anche in questo Requiem, non è neanche protagonista assoluto. Il procedimento di costruzione dei personaggi presuppone un coinvolgimento e una certa dose di identificazione. Poi però si deve uscire dai ruoli della finzione e ci si cala nella realtà concreta in cui mi sforzo di essere un po’ meglio dei miei personaggi…anche del  mio commissario”.

 

In Italia, chi legge graphic novel?

“Chi sono i lettori di graphic  novel? L’aspirazione è quella di raggiungere un pubblico trasversale, più diversificato di quello settoriale e specifico di appassionati . Credo però che alla fine siano gli stessi che leggono anche gli altri fumetti, con un po’ più di buona volontà e di disponibilità ricettiva, una ulteriore  dose di curiosità e (duole dirlo) con qualche euro in più da spendere”.

 

Tornerà presto Grimaldi?

“Si, tornerà Grimaldi che rievocherà qualcosa del suo passato e si confronterà ancora con alcuni personaggi del Requiem per due c… Tornerà anche Spasmox, un altro mio strano personaggio in tuta da scheletro, che si misurerà ai giorni nostri con l’ispettrice Italia Grimaldi, nipote del nostro commissario ormai ultracentenario…ma ancora in discreta salute”.

Cristina Marra

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