Intervista a Abel Ferrara

Durante la XXVII Edizione del Noir in Festival, ho avuto il piacere di porre qualche domanda ad Abel Ferrara.
Ecco la trascrizione della breve intervista tenutasi a Como nella Sala Bianca del Teatro Sociale.

24900122_1543680312417028_6327024682028725160_nCosa significa girare un film?
Quando si piazza la macchina da presa si comincia con la realtà che viene ricalibrata, rielaborata. Il cinema cos’è? È tutto quello che ha a che fare con il tempo e lo spazio, è un atto creativo che è diverso dal sogno, dai ricordi e dalla memoria però, essendo una forma d’arte, ha a che fare proprio con il sogno, la memoria, la realtà che vengono esplorati con la macchina da presa.
È comunque una manipolazione dell’immagine attraverso la luce, il montaggio e, in alcuni casi, gli effetti speciali.
Per esempio, anche Siberia – il nuovo film che girerò con Willem Dafoe e Isabelle Huppert – sarà come altri film che ho già girato in cui la parte documentaristica è fondamentale per la pellicola.
Talvolta nei miei film non si può dire con sicurezza quanta differenza ci sia tra un documentario e un film e, quando penso di farne uno nuovo, per me tutto inizia fuori da una dimensione logica, fuori dal pensiero. Per me la sceneggiatura perfetta sono 90 minuti di puro cinema, che arriva da solo, il resto sono solo tutte stronzate.

Per Piazza Vittorio ha dichiarato di avere 30 ore di girato. C’è qualcosa, un fatto, una persona, un evento che avrebbe desiderato mettere nel documentario ma che non è riuscito a inserire?
Qualcosa sfugge sempre. Quando si punta la macchina da presa su un intero vicinato e un intero quartiere è ovvio che alcune cose rimangono fuori. Abbiamo girato materiale per trenta ore ma abbiamo prodotto un film da 75 minuti. Il film viene fuori con il montaggio, si compone quando scegli delle sequenze piuttosto che delle altre ed è da questa operazione che nasce. Oltre al grandissimo lavoro di Fabio Nunziata (addetto al montaggio), è il film stesso che ti dice dove tagliare, dove trovare il momento giusto e come deve risultare alla fine.
Per catturare l’essenza delle cose, cerco di vedere il film fuori dall’intenzione, dai desideri. Da un girato così abbondante si potevano fare migliaia di film diversi, ma e quello che è venuto fuori ad essere quello giusto.”

I suoi rapporti con il cinema di genere?
Ad esempio, The Addiction era un film horror, basato su una sceneggiatura di Nicholas St. JohnLui adorava i film sui vampiri, a me non interessavano ma, per fare un film di genere, abbiamo dovuto rispettare tutte quelle regole che riguardano i non morti. Non si possono riflettere, bevono sangue, dormono di giorno dentro a delle bare e queste regole non si posso infrangere. È come della poesia, ci sono delle regole da rispettare per ricreare di giorno quanto si è sognato di notte.
È stato fantastico girarlo, per la sceneggiatura, per i rapporti che si sono creati tra gli attori e con tutto lo staff.
Non voglio denigrare quanto ho fatto, ma ora non voglio più girare pellicole di genere, devo fare altro.
Ci sono altre storie con cui voglio esprimermi.

Milanonera ringrazia Abel Ferrara e l’organizzazione del Noir In Festival

Mirko Giacchetti

Potrebbero interessarti anche...