Intervista a Barbara Baraldi – Osservatore oscuro

unnamed (1)La verità non ha che un volto, quello di una violenta smentita.
Si apre con questa frase di Georger Bataille, Osservatore oscuro, il nuovo thriller di Barbara Baraldi.
E proprio di verità e smentite è pieno il nuovo viaggio nel buio di Aurora Scalviati, vice-ispettore di polizia ed esperta profiler, sopravvissuta a uno scontro a fuoco che le ha lasciato un frammento di proiettile nel cranio Ma questa è solo la più visibile delle sue ferite, altre ben più profonde si annidano nel suo animo e il nuovo caso in cui viene coinvolta la porterà a doverle affrontare tutte, una ad una.
Il cadavere di un uomo viene ritrovato orrendamente torturato e con il nome di Aurora tatuato sul petto.
Il buio la sta chiamando, ancora una volta.
Un thriller avvincente giocato su più tavoli, fino al pigliatutto finale. Un colpevole che sembra sempre un passo avanti, misterioso e implacabile, che coinvolge la protagonista in un gioco pericolosissimo. La stuzzica, la umilia, la ferisce, colpendo sempre più vicino al suo cuore…
Ma Aurora non ci sta, è pronta a tutto, anche a combattere le voci che quel maledetto pezzo di proiettile le fa risuonare nella testa. Fino alla fine, fino alla verità.
Osservatore oscuro è un ottimo connubio tra thriller psicologico e azione, un’indagine dentro e fuori la mente, per sconfiggere il pericolo e la paura. Per un nuovo inizio…

Barbara, se analizzare la scena del crimine è fare un viaggio nella mente del serial killer, scrivere cos’è? Le due cose si somigliano?
Decisamente sì. Per me scrivere significa soprattutto indagare l’animo dei personaggi, scandagliare i loro pensieri, scoprire le loro emozioni, le loro motivazioni. Molto spesso scaturiscono nuove domande, piuttosto che risposte.

29341354_10216468640975475_70342472_nTutti i tuoi personaggi sono in cerca di un equilibrio, o addirittura di un nuovo inizio. Cosa bisogna lasciar andare o combattere per poterlo fare?
Niente è gratuito nella vita, ogni traguardo ha un prezzo. È così anche per i miei personaggi. Aurora è alla ricerca della sua identità, un processo faticoso cominciato dopo che la sua vita è stata completamente sconvolta da un evento traumatico. Deve combattere con la parte di lei che cerca di convincerla che è inadeguata, e che sarebbe più facile mollare. Bruno deve combattere contro la sua dipendenza da una droga che è dentro di lui e dalla quale è molto difficile sfuggire: l’adrenalina. Entrambi sono costretti a lasciare indietro una parte delle loro certezze per impedire alla loro vita di deragliare di nuovo.

Aurora è un personaggio complicato, non sempre amabile. In un paio di occasioni sconvolge anche la serenità degli altri. Quanto hai dovuto lavorarci per renderla così?
Sono convinta che i personaggi esistano già da qualche parte, e che il compito dello scrittore sia di portarli in questa “parte del cielo” attraverso la scrittura. Aurora è emersa con la sua personalità con chiarezza fin dalle prime battute del romanzo. A volte avrei voluto prenderla a schiaffi, a volte abbracciarla. E forse il suo punto di forza più grande è     proprio la sua imperfezione.

Elena e Aurora, due figure a confronto. Due vittime e due atteggiamenti diversi. Come le giudichi?
Cerco di non giudicare mai i miei personaggi, ma di seguire le loro vicende da un punto di vista il più possibile neutrale, anche se le loro emozioni finiscono spesso per travolgermi. Per certi versi sono simili, entrambe sono ferite ed entrambe lottano con tenacia per portare uno spiraglio di normalità all’interno delle loro vite. Il metodo per ottenerlo, però, è diametralmente opposto.

Una curiosità: il rituale vichingo che descrivi, l’hai scoperto e hai deciso di inserirlo o ti serviva qualcosa del genere e hai fatto ricerche per trovarlo?
Sono appassionata di storia, leggende e tradizioni locali. Mi sono imbattuta in quel rituale durante una ricerca sull’influenza dei vichinghi nell’Europa del Medioevo. E un attimo dopo ho “visto” la scena iniziale del romanzo alla Certosa.

Scrivere è reinventarsi continuamente?
Per me è inevitabile. Non potrei pensare di recitare una sorta di “repertorio letterario”. Ogni romanzo, anche quando fa parte di una serie, porta con sé tematiche e spunti di riflessioni scaturiti dal momento in cui lo sto scrivendo.

Quanto sei cambiata dal primo libro a oggi?
Moltissimo. La scrittura ha fatto emergere parti di me che non sapevo nemmeno di avere.

29019376_10216468603614541_175049639_n (1)Guardare nel buio è terapeutico?
Una volta ho letto una frase in un libro: “Le nostre più grandi prigioni le costruiamo noi stessi con le nostre paure”. Mi aveva così colpito che l’avevo scritta su una parete della mia stanza da ragazzina. La paura del buio, di ciò che è sconosciuto, è una delle più profonde. E affrontare il buio credo sia indispensabile per appropriarci della nostra vita, delle nostre decisioni.

Nei ringraziamenti dici che sei timida. La scrittura aiuta o si finisce per nascondersi anche lì?
Da ragazzina ero anche peggio! La mia timidezza rendeva i rapporti sociali difficili, e preferivo rifugiarmi nella lettura di un libro piuttosto che passare una serata fuori. Sebbene scrivere sia un mestiere solitario, allo stesso tempo ti catapulta nel mondo esterno quasi senza filtri. Il tuo lavoro è sotto gli occhi di tutti, chiunque può giudicarti senza nemmeno conoscerti. A volte è una cosa che atterrisce. Promuovere il libro durante gli eventi pubblici ti mette a contatto con i lettori, e questo è un aspetto bellissimo di questo mestiere, perché molte volte (anche tramite i social) sono in grado di restituirti le emozioni raccolte durante la lettura.

Sempre nei ringraziamenti parli di un consiglio che ti è stato dato dal grande Altieri e che ha fatto comodo anche a Aurora, ce lo vuoi svelare?
Sergio è stato il mio primo editor. Tra i primi a credere nella mia scrittura, al punto da pubblicare il mio primo thriller sulle pagine del Giallo Mondadori, dopo la vittoria al Gran Giallo. Agli esordi ero molto schiva. Combattevo contro timidezza, insicurezze e… un pizzico di paranoia. Un giorno prima di una presentazione, mi disse: “Non chiederti mai se sei paranoica, chiediti se lo sei abbastanza”. È stato illuminante! Quella frase non l’ho mai dimenticata.

MilanoNera ringrazia Barbara Baraldi per la disponibilità

La foto di Barbara Baraldi  della nostra copertina è di Dusty Eye.
La foto all’interno dell’intervista è di Laura Penna.

Cristina Aicardi

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