Intervista a Enzo G. Castellari

Il bianco sparaPer la presentazione dell’autobiografia “Il bianco spara!” pubblicata con l’editore Bloodbuster, Enzo G. Castellari ha incontrato il pubblico del Noir in Festival il 5 dicembre allo Iulm.

Prima di lasciarvi alla trascrizione dell’intervista che ho avuto l’onore di fare, mi permetto di consigliarvi la lettura del libro per conoscere meglio la persona e i film che hanno reso grande il cinema italiano. Pellicole del calibro di “7 winchester per un massacro”, “La polizia incrimina, la legge assolve”, “Il cittadino si ribella”, “Keoma”, “Quel maledetto treno blindato”, “Jonathan degli orsi” e molte altre ancora.

Nel panorama del cinema italiano, cosa è cambiato dagli anni ’60 a oggi?
È venuto a mancare tutto quello che emozionava, entusiasmava noi autori, sceneggiatori e registi. Manca questo aspetto importante, perché le produzioni cinematografiche stanziano i fondi necessari per girare solo se riescono a guadagnare subito, immediatamente, lasciando quel che resta al regista per realizzare il film – tolto alcune eccezioni naturalmente – quindi manca quell’entusiasmo, inoltre mancano i riferimenti necessari per lavorare nel mondo del cinema. Per dire, il mio produttore preferito era Edmondo Amati. Con lui ho fatto molti film, tra cui il primo western divertente “Vado, l’ammazzo e torno”. Mi rivolgevo solo a lui perché era produttore, distributore e venditore per l’estero. Quindi, una sua decisione permetteva tutto. Proponevo la mia storia e, se gli piaceva, mi chiedeva con quali attori avrei voluto lavorare, cosa mi serviva per realizzarla e poi si iniziavano le riprese. Ora tutto questo non c’è più.

Lei ha girato pellicole importanti nei generi spaghetti western, polizieschi, thriller e post-atomici ma quale sente più suo?
Western, assolutamente. Tra tutti i film che ho girato, il mio preferito è Keoma. Tanto è vero che non ho smesso di dedicarmi al genere, infatti sono in procinto di… [sorride].

Da Quel maledetto treno blindato a Bastardi senza gloria, vuole raccontarci qualche aneddoto su Quentin Tarantino?
Quentin è un geniaccio assoluto, una persona e un regista straordinario. Quando venne in Italia rilasciò alcune interviste e scoprii che parlava molto bene di me e mi rivolgeva parecchi complimenti. Non potevo crederci, nemmeno quando ho rivisto le registrazioni dei suoi interventi, eppure era vero. I primi contatti tra di noi sono avvenuti tramite il suo avvocato per i diritti di Inglorious Bastards, Bastardi senza Gloria, poi ci siamo incontrati a Venezia al Kings of the B’s. Un festival che ha voluto in concomitanza della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia quando fu invitato, per celebrare quelle pellicole considerate di serie B, di cui è un grande cultore, e tra i titoli che avrebbero dovuto essere presentati ha richiesto espressamente la mia presenza e la messa in onda di Inglorious Bastards. Poi lo abbiamo visto assieme ed è stata una esperienza fantastica.

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Quale tra gli attori che hanno lavorato con lei le hanno dato maggiori soddisfazioni?
Sicuramente Franco [Nero], però ho anche un buon ricordo di Erik Estrada, Ponciarello dei Chips. Sul suo conto mi avevano detto di tutto e di più contro questo portoricano di New York, invece si è rivelato essere un’ottima persona con cui è anche nato un rapporto di amicizia straordinario e con cui lavorare è sempre stato molto divertente. Si prestò anche per recitare nella serie Detective Extralarge con Bud Spencer e quando si sposò venne a Roma e sono stato il suo testimone. Insomma, lo ricordo come una simpatia unica, nonostante quello che dicevano di lui.

Nel panorama attuale chi, secondo lei, può dare nuova linfa al cinema italiano?
Io [sorride].

Milanonera ringrazia Enzo G. Castellari per la cordiale disponibilità .
La foto di copertina è di Marco Girolami Photographer.

Mirko Giacchetti

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