Intervista a Jean-Christophe Grangé.

41bi8km3vlPoche settimane fa è uscito in Italia “Il rituale del male”, nuovo romanzo del maestro del Thriller francese, Jean-Christophe Grangé.
Nel libro, il comandante Erwan Morvan deve indagare sull’orribile delitto di un cadetto militare, ritrovato sull’Isola di Sirling, al largo della costa bretone. Il padre di Erwan è un uomo potente, che ha fatto fortuna in Africa e ora manovra tra le quinte le leve della polizia francese: è quel Grégoire Morvan famoso per aver fermato il killer chiamato l’Uomo Chiodo. E adesso, mentre le vittime si moltiplicano e gli indizi si fanno via via più evanescenti, dopo trent’anni il fantasma dell’Uomo Chiodo torna a braccare i Morvan, minacciando il buon nome di una famiglia in apparenza inattaccabile. L’indagine costringe Erwan sulle tracce delle più oscure gesta di suo padre, in una corsa sfrenata per salvare chi ama, lontano dalla Francia, fin nel cuore del Congo oscuro e sanguinoso che ha tenuto a battesimo la sua stessa esistenza.

Abbiamo incontrato l’autore a Milano e gli abbiamo chiesto di parlarci del “Rituale del male”, nelle librerie per Garzanti , e del suo rapporto con la scrittura.

Nel “rituale del male” il contesto nel quale si inserisce la storia poliziesca è una saga familiare. Perché questa scelta?
Avevo voglia di scrivere una saga familiare, perché le amo molto, sia nei libri che nei  film. Volevo però proporla a modo mio, cioè inserendola all’interno di una trama poliziesca e dell’inchiesta che ne deriva. Nel romanzo una serie di omicidi  terrorizza Parigi. Questi omicidi hanno la loro origine negli anni ’70 in una colonia francese in Africa e il padre della famiglia protagonista del libro ne è coinvolto. L’inchiesta criminale  costituisce la colonna vertebrale del romanzo e crea l’effetto suspense. Accanto a questo inserisco tutta una digressione sui rapporti familiari, e questa è stata la parte più complicata. La storia poliziesca, infatti,  è più facile da strutturare, mentre un capitolo dedicato, ad esempio, ai rapporti difficili tra un fratello e una sorella è molto più complesso e rappresenta un rischio.  Ma, a differenza che in precedenza, questa volta mi sentivo pronto a correrlo quel rischio.

Grégoire Morvan, il patriarca della famiglia, è un generale la cui carriera dura da 40 anni e è sopravvissuta a svariati cambi di governo. Questo successo non dipende solamente dalla sua bravura e dall’arresto dell’”Uomo Chiodo”, ma anche da comportamenti a dir poco discutibili che ha tenuto in Africa negli anni ’70. E’ corretto pensare che il generale rappresenti i rapporti problematici che la Francia ha avuto con le sue colonie?
Sì, Grégoire è proprio l’incarnazione di questi rapporti difficili. I comportamenti terribili che lui tiene in Congo mostrano come la Francia negli anni ’70 sfruttasse le colonie con disprezzo e contemporaneamente con una sorta di affetto condiscendente. Era  un’epoca nella quale si facevano affari disprezzando quei paesi, ma al contempo depredandoli. Probabilmente è per questo motivo che, attualmente, gli Stati africani francofoni sono più arretrati delle ex colonie inglesi. Non ho mai tentato di denunciare niente nei miei romanzi, perché da ex giornalista, se dovessi denunciare qualcosa farei un reportage su un problema preciso, con fonti specifiche. Però è evidente come le ex colonie francesi in Africa presentassero una grande cupezza, e è per questo motivo che ho scelto il Congo come l’ambiente dove far agire il mio personaggio.

In Francia è già stato pubblicato il seguito del “Rituale del Male”. Quando avremo il piacere di leggerlo in Italia?
Non è ancora stata decisa una data di pubblicazione.

Ci sarà un terzo libro della saga?
No, sono solamente due. Quando leggerà Congo Requiem (il titolo francese del secondo episodio della saga) vedrà che la storia è conclusa sotto tutti i punti di vista.

Le sue trame sono meravigliosamente intricate, i suoi omicidi tra i più violenti di cui abbia mai letto. Da dove trae ispirazione?
Questa domanda mi è stata fatta tante volte, per cui ho avuto modo di rifletterci in modo approfondito. Ricollego la mia immaginazione noir alla mia infanzia. E’ stata felice, ma contraddistinta da un padre assente e contemporaneamente molto pericoloso. Quindi sono cresciuto con questo senso di pericolo sempre presente, anche se nessuno in famiglia ne parlava mai. Questo ha influenzato lo sviluppo della mia personalità, dando origine a una serie di incubi ma creando, nel contempo, anche questo gusto per la paura, gusto che riemerge ogni volta che scrivo. Nel momento in cui mi viene in mente l’idea per un libro, è sicuramente un’idea molto, molto nera. Detto questo, nella mia vita quotidiana sono una persona estremamente diversa da quello che scrivo. Probabilmente è come se nella mia mente ci fosse un equilibrio: più la mia fantasia è dark, più il mio animo è sereno.

Nei suoi romanzi, oltre agli omicidi si affrontano le tematiche più disparate (dall’eugenetica all’apnea, dal traffico di esseri umani alle sette, dai sans papier all’ornitologia…) in modo molto approfondito. Ciò implica una mole di ricerca impressionante. Come la organizza? Chi la aiuta?
Lavoro sempre da solo, perché è proprio mentre si fa ricerca che vengono le idee. Se la facessi fare a qualcun altro, queste idee non potrei averle. Inoltre, sono stato reporter per 10 anni, per cui so come muovermi e organizzami.
In generale, quando inizio un libro, parto sempre dai ricordi dei miei viaggi. Poi faccio una sinossi estremamente precisa e solo in seguito inizio a scrivere. Mentre scrivo, eseguo ulteriori ricerche e faccio dei mini reportage, per creare le storie e sviluppare i personaggi.

Anche le ambientazioni geografiche dei suoi romanzi sono disparate e sempre precisissime. In un libro descrive la tostatura di un caffè che ha bevuto a Milano, in un bar di fronte al tribunale. In un altro parla della caccia alle rarissime farfalle notturne al confine nord della Thailandia. Ha effettivamente visitato questi luoghi o le descrizioni sono frutto di ricerca?
Le descrizioni che legge nei miei libri sono un mix tra le esperienze che ho vissuto realmente quando ero reporter e le cose sulle quali mi sono informato successivamente.
Il caffè bevuto a Milano è un ricordo molto vivido nella mia mente: in occasione di un’inchiesta su Mani Pulite ho incontrato il giudice Di Pietro. Al termine del lavoro, siamo andati a bere il caffè. Ci eravamo visti presso il tribunale, per cui siamo andati in un bar poco distante. La stessa cosa è avvenuta per la descrizione delle falene in Thailandia: ero stato incaricato di fare un reportage sul traffico di farfalle rare e ho seguito i cacciatori di notte, nella giungla.
A volte, invece, avviene il contrario: è grazie alla ricerca  che individuo il luogo ideale per una storia.
In entrambi i casi, faccio descrizioni molto realistiche per compensare il fatto che le storie nei miei romanzi sfiorano l’esagerazione. Le descrizioni dettagliate e realistiche aiutano il lettore a percepire i fatti del romanzo come credibili e convincenti.

Le donne dei romanzi di Grangé sono sempre molto forti e decisamente lontane dalla femme fatale che spesso di trova nei noir e nei polizieschi. Me ne parla un po’, di queste sue donne?
Esiste un principio attivo nei libri di inchiesta poliziesca, che prevede che ci sia un personaggio che svolge tutte le inchieste e che si fonde con queste, per combattere il male. Nel momento in cui compare una donna, applico lo stesso principio, ma vestito al femminile. E’ per questa ragione che nei miei romanzi le donne sono così forti, quasi virili. Nel seguito de “Il rituale del male”, Gaelle, la sorella più piccola, mostrerà la dimensione esatta e terribile della sua forza, forza intesa come forza virile, in questo caso. Non voglio raccontare storie di uomini presi in trappola da una femme fatale, perché queste sono le cose che già accadono nella vita vera.

Trovo il suo linguaggio molto cinematografico. Scrive già pensando al cinema?
Il genere poliziesco è di per sé un genere molto cinematografico. C’è un intrigo che propone una storia segmentata e ordinata, in modo molto simile allo sviluppo di un film. I capitoli sono brevi e ricordano molto le scene di un film. Io adotto la tecnica della “camera soggettiva”: tutto viene osservato attraverso gli occhi di un personaggio. In questo modo descrivo la realtà utilizzando delle immagini, esattamente come nel cinema. Un problema che ho rilevato è che i film che lei vede leggendo le pagine dei miei libri raramente hanno  punti di contatto coi film che vengono poi effettivamente tratti dai romanzi.. Ben inteso, i miei rapporti col cinema sono molto buoni, sono felice che i registi si interessino alle mie storie. Purtroppo, però, quando scrivi una sceneggiatura e il regista “entra nella danza”, le cose si complicano e i risultati spesso sono molto diversi dall’originale. Questo è un vero peccato.

Tra qualche giorno sarà l’anniversario della tragedia del Bataclan. E’cambiato qualcosa nella vita di tutti i giorni a Parigi?
Il terrorismo è poco diverso dal meteo. Come succede in caso di uragani o tsunami, anche nel caso di atti di terrorismo, tutto il mondo si raccoglie attorno alla zona colpita per un periodo di tempo limitato. Dopo qualche giorno, quando la minaccia si allontana, tutti torniamo alla nostra quotidianità. Adesso che è da un po’ di tempo che non ci sono attentati, tutti a Parigi sono ritornati a vivere come prima. Nell’ultimo periodo, però, ho notato che i francesi hanno sviluppato un odio colossale per il terrorismo. L’idea è che il governo non si sia comportato con sufficiente severità e che bisognerebbe sbattere in galera chiunque sia anche solo sospettato di terrorismo. In pratica, secondo me c’è una sorta di minaccia alla Trump, vedremo cosa succederà alle prossime elezioni. Devo confessare che,  anche se amo indagare il male e le pulsioni che spingono alla crudeltà, il terrorismo non mi interessa affatto. Lo ritengo una regressione su tutti i piani. Da un punto di vista umano e psicologico non è per nulla stimolante, ecco perché non ne parlo mai, nei miei romanzi.

La redazione di Milanonera ringrazia  Jean-Christophe Grangé per la disponibilità .

Velvet De Santa

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