Intervista a Silena Santoni – Una ragazza affidabile

download (1)Silena Santoni è nata e vive a Firenze, per molti anni ha insegnato Lettere nelle scuole medie e superiori, ha frequentato una scuola triennale di recitazione e scrive brani e adattamenti teatrali per la compagnia Katapult nella quale recita.
Vuole raccontare qualcos’altro di sé ai lettori di MilanoNera?
Non ho molto da dire, né penso che conoscere la mia vita privata possa aggiungere qualcosa alla lettura del mio romanzo. Ho sempre avuto il “vizio” di scrivere e ho anche ottenuto in passato qualche riconoscimento e qualche premio. Questa attitudine, che si è manifestata negli anni quasi per gioco, a un certo punto è maturata nel bisogno di scrivere un romanzo. Una volta arrivata in fondo il bisogno si è trasformato in piacere.

Una ragazza affidabile, edito da Giunti, è il suo primo romanzo: un noir dalle atmosfere malinconiche e spiazzanti, che, con lucida ma tagliente disinvoltura, indaga e ricostruisce le miserie e fragilità dell’animo umano. Da dove nasce la scelta di macchiare di nero il suo debutto letterario?
Non sono partita con il proposito di scrivere un noir, anche se fin dall’inizio avevo chiara la struttura complessiva. Quello che mi interessava era scandagliare le pieghe dell’animo umano, scovarne le imprevedibilità, e nello stesso tempo sottolineare l’incidenza del caso nella vita degli uomini. Esistono fuori e dentro di noi delle variabili indipendenti dalla volontà che scombinano le carte e portano il disordine dove ci illudevamo ci fosse l’ordine. La mancanza di certezze è forse il tratto distintivo del mio romanzo. D’altra parte uno scrittore, di qualunque argomento parli, percepisce il clima del tempo in cui vive e tende, quasi senza accorgersene, a riprodurlo.

La voce narrante di Agnese dà forma alla storia e attraverso l’intimo racconto di avvenimenti presenti e passati, insieme a un accurato approfondimento psicologico, tutta la sua dimensione emozionale viene messa a nudo. Micaela, invece, assume consistenza attraverso il filtro degli occhi della sorella che ne dà l’immagine di una donna anticonformista, refrattaria alle regole, senza un’occupazione fissa, precaria per vocazione e per convinzione. Immaginiamo che a Micaela venga data l’opportunità di raccontarsi. Cosa avrebbe da dire su di sé e sul rapporto con la sorella?
Micaela non è incline, come Agnese, alle elucubrazioni, è un’impulsiva, si tuffa nelle situazioni e le cavalca senza pensarci troppo su. E’ delusa dalla vita, ma è troppo combattiva per arrendersi. E’ precaria in tutti i sensi e il pensiero certo non la rassicura, ma è troppo orgogliosa per ammettere i suoi fallimenti. Se avesse voce, racconterebbe di una sorella amata, ma troppo seria, troppo diligente, troppo giudicante. Di una sorella che l’ha abbandonata nel momento più difficile della sua vita. Non parlerebbe tanto del passato -non ne è prigioniera come Agnese- ma del presente. Se avesse voglia di mettere a nudo il suo animo, racconterebbe la sua solitudine, la paura del futuro, l’umiliazione di trovarsi a fine mese senza i soldi per comprarsi le sigarette. Soprattutto racconterebbe l’angoscia del tempo che passa e, per lei che non ha saputo costruire niente, si porta via ogni entusiasmo e ogni bellezza.

Il flusso narrativo che procede da Agnese ci porta all’interno dello scontro con Micaela e trova delle brevi, ma incisive, interruzioni nella vicenda parallela che ha per protagoniste altre due sorelle dall’identità non ancora accertata. I noir hanno tra le loro prerogative un pronunciato carattere sociologico e il tema del conflitto familiare portato avanti in Una ragazza affidabile entra proprio nelle pieghe di una relazione – quella tra fratelli – che, da sempre, ha agitato l’esistenza umana. Cosa l’ha spinta a raccontare questo tipo di dinamica?
Come dice lei il rapporto tra sorelle è il terreno ideale per l’osservazione di dinamiche complesse. Ne è piena la letteratura. Io sono figlia unica e di volta in volta nelle fasi della vita ho temuto o desiderato di non esserlo. Addentrarmi in una relazione che mi è estranea mi incuriosiva e nello stesso tempo mi lasciava libera da coinvolgimenti affettivi che avrebbero potuto impormi censure. Naturalmente non credo che il rapporto tra sorelle sia quello che ho descritto. Ho esasperato la conflittualità tra Agnese e Micaela perché era funzionale alla vicenda. Diciamo semmai che ho proposto uno dei possibili sviluppi di questa relazione.

Silena_Santoni_2Avevo lasciato un’anziana, sobria signora di provincia e ora mi trovo davanti una vecchia imbellettata che nasconde le rughe sotto una patina di colore… La Firenze che ricordavo era grigia di pietra e bugnato, prima che l’illuminazione artificiale ne alterasse la fisionomia ed esponesse allo sguardo anche gli angoli più segreti. Era la Firenze dell’austerity… Migliore o peggiore?
Con Agnese condividete i natali fiorentini. Silena Santoni come ricorda e vede la sua Firenze?
Agnese ha lasciato Firenze poco più che ventenne, è naturale che dopo trentacinque anni di assenza non riesca più a riconoscerla. Ed è altrettanto comprensibile che tenda a idealizzare il passato, se non altro perché coincide col periodo della sua giovinezza. Io invece sono sempre rimasta in questa città e ne ho assorbito le trasformazioni quasi senza accorgermene. Non rimpiango la Firenze grigia e severa dell’austerity, la preferisco invasa dai turisti, piena di colori e di rumori, ma sono anche consapevole del rischio che si trasformi in uno dei tanti non-luoghi che la globalizzazione ha disseminato per il mondo. La mia Firenze è quella che vorrei: una città che non si adagiasse in un passato glorioso ma fosse aperta a proposte innovative culturali e anche architettoniche e che sapesse conciliare il carattere cosmopolita che sta assumendo con il rispetto della propria identità.

Il pomeriggio sta declinando decisamente al buio. I furgoni col loro carico di abeti recisi sono scomparsi. Pochi passanti infreddoliti camminano in fretta al riparo dei portici, mentre un nevischio maligno si agita nel cono di luce dei lampioni.
La sua è una prosa che colpisce per l’eleganza: parole scelte con cura che hanno una forza evocativa efficace e molto gradevole. In un momento in cui l’accesso alla pubblicazione di un libro è molto facilitato, e in tanti si improvvisano scrittori, la forma – oltre ai contenuti – non sempre riesce a mantenere una qualità accettabile. Quali sono, secondo lei, gli errori da evitare se si vuole dar vita a un prodotto editoriale di spessore?
Non ho seguito scuole di scrittura, quello che ho imparato viene dai miei studi classici e dal lavoro di insegnante, dalla tendenza compulsiva alla lettura e dall’esperienza teatrale. Mi limiterò quindi a elencare le regole principali a cui mi sono attenuta, tenendo sempre presente che forma e contenuto sono inscindibili.
Per scrivere un prodotto editoriale di spessore credo sia fondamentale l’analisi della psicologia dei personaggi. La vita e gli uomini sono più complicati di quanto noi, per pigrizia o comodità, tendiamo a pensarli. E’ necessario non banalizzarli, non ricondurli a schemi precostituiti.
Un’altra regola è quella di evitare digressioni didascaliche che annoiano e rallentano la lettura. Molte volte un gesto, una parola dicono più di cento spiegazioni. Il lettore è un interlocutore attivo, deve comprendere tra le righe e dare l’interpretazione che più corrisponde alla sua personalità e alla sua visione della vita.
Anche per quanto riguarda la forma preferisco una prosa asciutta, periodi semplici, un ritmo e un linguaggio adeguati alle situazioni e ai personaggi. Credo sia importante cercare parole e immagini non abusate e per questo più incisive.

Per concludere, ringraziandola per essere stata nostra ospite, passo a lei il testimone. Quale domanda avrebbe voluto le venisse posta? E perché?
Agli autori viene sempre chiesto quanto ci sia di autobiografico nei loro romanzi. Naturalmente uno scrittore mette sempre una parte di sé nelle sue opere, ma io tengo a precisare che Agnese e Micaela sono personaggi di pura fantasia e che è stato molto più divertente per me costruire un mondo che non esisteva anziché raccontare il mio mondo. Anche la Firenze che descrivo è filtrata attraverso l’immaginazione e, tranne poche eccezioni, si cercheranno invano i luoghi di cui parlo.
Anche se l’io narrante è Agnese e può sembrare che parteggi per lei, mi sono posta in una posizione di distacco rispetto a entrambe le sorelle e ho cercato di rappresentarle con obbiettività nelle loro debolezze, contraddizioni, meschinità, che sono poi quelle di ognuno di noi. Per questo meritano, sino alla fine, un po’ d’indulgenza.

MilanoNera ringrazia Silena Santoni per la disponibilità
Qui la nostra recensione a Una ragazza affidabile

Mariella Barretta

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