La biblioteca segreta di Leonardo



Francesco Fioretti
La biblioteca segreta di Leonardo
Piemme
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Nella Milano rinascimentale di Ludovico il Moro un inquietante omicidio coinvolge nelle indagini Leonardo da Vinci e il matematico Luca Pacioli. Un uomo vestito da monaco viene ritrovato ucciso all’interno di un convento. L’omicida gli ha sottratto dei preziosi codici bizantini, alla cui ricerca si metteranno i due insoliti investigatori, attraversando numerose città della penisola. La lunga e difficile quête terminerà in virtù della risoluzione di un complesso e astuto indovinello contenuto in un quadro.
Questa, in breve, la trama ‘gialla’ del romanzo di Fioretti, basata su un enigma e costruita con precisione… matematica. Il libro, però, è molto più di un romanzo di genere. E’ un affresco ampio, dettagliato e coinvolgente di uno dei periodi di massimo splendore per l’arte e la cultura italiana: il Rinascimento. Un’età in cui l’uomo era visto come un microcosmo che conteneva in sé i bagliori del macrocosmo divino, un’età in cui la bellezza e l’armonia del mondo erano oggetto di una rappresentazione artistica che mirava alla perfezione. L’età di Piero della Francesca, Bramante, Michelangelo, Raffaello, Machiavelli, nomi che ancora oggi sono un vanto del nostro Paese e dell’umanità intera. In questo romanzo potremo ritrovarli tutti, accompagnati da figure non meno significative, come Amerigo Vespucci, Aldo Manuzio, il più famoso tipografo italiano, Giorgione, Cesare Borgia, Ludovico il Moro e altri ancora. L’opera di Fioretti unisce il rigore e l’esaustività di un saggio storico al ritmo e alla suspense del romanzo, trasportandoci in un’epoca remota di guerre violente e dispute filosofiche, di tiranni feroci e artisti sommi, permettendoci di accedere alle corti cinquecentesche degli Sforza, dei Gonzaga, dei Borgia, facendoci entrare addirittura nella fabbrica di Leonardo per mostrarci come sono nati i suoi più celebri dipinti. E’ emozionante assistere alla gestazione del ritratto della Dama con l’ermellino (in realtà un furetto), la dolce Cecilia Gallerani, amore tormentato del maestro fiorentino o dell’Ultima cena, della Gioconda, della Battaglia d’Anghiari: Fioretti, con maestria narrativa e cura meticolosa nella descrizione dei dettagli, riesce a renderci spettatori della creazione di questi sublimi capolavori.
Il lettore segue Leonardo nella sua incessante ricerca della perfezione, nel tentativo sovrumano di afferrare l’energheia, la quinta essenza, l’anima del mondo, la forza che crea dal caos per poi spegnersi, una volta raggiunto il culmine, nella dissipazione.
La raffigurazione del personaggio di Leonardo è di grande potenza e spessore letterario; rivelatrice è la scena in cui l’artista vaga in riva all’Arno, contemplando i movimenti del fiume: la sua sete di conoscenza è espressa nell’immagine del sasso gettato nell’acqua, che genera cerchi concentrici intorno a sé, allo stesso modo Leonardo da ogni risposta che trova fa scaturire immediatamente nuove domande, da ogni particolare che deve ritrarre fa sorgere una nuova indagine sulla natura, che diventa inesauribile. Così, se deve dipingere un braccio sente l’urgenza di conoscere l’anatomia intera del corpo umano, nervi, muscoli, fibre.
Leonardo da Vinci, che fu architetto, ingegnere, pittore e altro ancora, è il fiero rappresentante dell’uomo rinascimentale, dell’uomo multidimensionale, che non si accontenta di conoscere solo un’arte o una scienza, ma vuole cogliere il mondo nella sua interezza, come infatti ce lo rappresenta Fioretti, in particolare nella descrizione del suo metodo di lavoro sia come pittore che come ingegnere, costruttore di macchine che preludono alla futura tecnologia.
Il romanzo è anche una raffinata elegia del tempo perduto: l’artista si accorge che, ormai, l’energheia che ha generato la sublime bellezza del Quattrocento, secolo del Rinascimento più rigoglioso, quello di Lorenzo il Magnifico, dell’Accademia di Careggi e della rinascita del platonismo, sta pian piano dissolvendosi, lasciando il posto alle ombre del Cinquecento. Di particolare intensità espressiva è il finale, quando Leonardo si domanda cosa resterà di lui e comprende che rimarranno le domande che ha osato porsi: ‘Perché la luna non cade? Quanto sono grandi le stelle?’ Suggello della vita di un uomo che per tutta l’esistenza ha tenuto gli occhi fissi verso l’alto, verso l’Infinito, ‘non si volta chi a stella è fisso’.
Le note finali dell’autore ci aiutano a cogliere i motivi del pathos, che è la cifra distintiva di questo romanzo. Il libro è un omaggio di Fioretti al padre che, dopo l’armistizio del ’43, in mezzo all’orrore della guerra, si lesse i libri di Leonardo, quasi per recuperare una scintilla di humanitas, per confermarsi di come l’uomo sia stato generato non per la distruzione, ma per la Bellezza e l’Armonia. Leggendo questo romanzo viene spontaneo pensare al Medio Evo del Nome della rosa: la trama ‘gialla’ è lo strumento per introdurci in epoche significative e cruciali della storia. Nel caso di Leonardo è anche il riconoscimento della sua effettiva attività di investigatore: del reale, del mondo, dell’uomo.

Donatella Brusati

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