La Cina in Vespa

Difficile dire se quest’ultimo libro di Giorgio Bettinelli piacerà a quanti hanno apprezzato i suoi libri precedenti. Difficile dire se potrebbe esserlo da quanti, invece, non lo hanno apprezzato fino a oggi. Certo è che questo “La Cina in Vespa” è un libro molto differente da tutti quelli che lo hanno preceduto. Nelle sue pagine quasi si stenta a riconoscere il “solito” Bettinelli.

A Bali, nel maggio del 1992, a Bettinelli venne fatto un regalo che sconvolse quella che allora si prospettava come una vita tranquilla e stanziale: una Vespa. Da quel giorno di ormai quasi 300.000 chilometri fa sono trascorsi sedici anni e sarebbe quantomeno inadeguato definire tutto ciò semplicemente “un viaggio”.

“(…) chi spende sedici anni di vita viaggiando, essendo comunque aperto come una veranda incontro a quello che lo circonda, per forza di cose deve essere concentrato anche sulla sua vita, perché quello che ha intorno non è nient’altro che la sua vita; (…). Si potrebbe tacere, questo sì; o parlare d’altro senza mettere l’anima in piazza, registrando solo quello che vedono gli occhi e che la mente cerca di sapere studiando e guardandosi intorno. Ma il silenzio e l’autocensura competono poco a chi scrive libri sulla sua vita in viaggio, con la sincerità di una persona sincera. O di un mentecatto.”

Per chi come Bettinelli è in viaggio da tanti anni il viaggio non è più un episodio da raccontare ma è la sua stessa vita che si fa romanzo, con i malumori, gli amori e gli umori, tale è la cruda sincera schiettezza con cui si racconta. Scorrendo le pagine del racconto di questo “All China tour” si monta in sella, seduti come sempre dietro all’autore, ma questo viaggio ha un ritmo diverso dai precedenti. C’è tempo per conoscere una Cina inaspettata e sorprendente che non è solo quella che si incontra lungo il cammino, ma anche quella della sua storia millenaria, della sua lingua complicata, delle tante etnie che danno origine alla sua popolazione. Una storia, una lingua e una popolazione che per essere descritti a dovere necessitano di tanti (troppi?) approfondimenti e cenni storici che, a volte, finiscono per appesantire il ritmo narrativo.

Il Bettinelli del ’92 è molto diverso da quello che nel febbraio 2004 approda in Cina e la sceglie come luogo in cui mettere su casa sulla sponda del Mekong. Ancora differente è il Bettinelli che nel novembre 2007, dopo diciotto mesi e 39.000 chilometri di Cina, parcheggia sotto casa la sua Granturismo “di un colore vintage-pallido-simillattuga da intenerire il cuore”. Pur appezzando le qualità dell’ultimo modello di casa Piaggio solo sporadicamente la chiama Vespa, quasi volesse riservare quel nome al glorioso PX, mitico modello di Vespa che nei viaggi precedenti l’ha accompagnato in giro per il mondo.

Viaggiare e scrivere del mondo saranno ancora la sua vita, non potrebbe essere altrimenti. C’è da ultimare e mandare in stampa l’ultimo capitolo della Worldwide Odissey (dopo “Brum brum” e “Rhapsody in black”). C’è da continuare l’esplorazione della galassia cinese tornando nel pianeta Tibet e provare poi a raccontarlo in un libro, magari proprio come si è ripromesso: “(…) di tornare tra le tulou degli hakka un giorno o l’altro, e magari fermarmi lì due o tre mesi a scrivere un libro, a fumare calumet della pace e a dormire sonni tranquilli (…)”

Di certo nel suo presente oggi c’è una moglie dagli occhi a mandorla e in un futuro prossimo, nelle sue speranze, un figlio: “E io adesso, dopo tanta inutilità o pienezza e tanti chilometri a vuoto o a pieno, sono davvero pronto per iniziare con lei uno dei più grandi viaggi che la vita abbia in serbo per chiunque, magari un altro China Tour o Worldwide Tour, e magari in automobile, questa volta, così Hermes Bettinelli, benché di pochi mesi o di pochi anni soltanto, potrà venire con noi senza avere freddo quando riposa sul sedile posteriore. (…) O magari ancora in Vespa, con Ya Pei e Hermes che di quando in quando possano venire a trovarmi (…)”.

lorenzo205

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