La doppia madre



Michel Bussi
La doppia madre
E/O edizioni
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La doppia madre di Michel Bussi è un continuo alternarsi di disperazione e amore. I personaggi sono spinti a compiere le loro azioni da uno di questi due sentimenti. La trama è intricata e ci si rivela a poco a poco. Anche quando nella nostra testa siamo ormai sicuri di aver capito tutto ci sarà un ennesimo colpo di scena a rimettere ogni carta al suo posto.
Una vecchia rapina, un assassino spietato e un bambino, questi elementi in ordine sparso e senza alcun nesso apparente sono i punti da cui partiranno le indagini di Marianne Augresse, comandante di polizia a Le Havre. Marianne, insieme a Papy e Jipè – i suoi uomini più fidati ed esperti –, dovrà cercare di dare un senso ad una serie piste e finte piste che si troverà davanti.
L’unico che ci può condurre attraverso queste mille false piste e che ci avvicina sempre di più ai motivi di questa disperazione è un peluche, un roditore che racconta favole. Lui e il suo padrone, un bimbo di tre anni e mezzo, sono la chiave che permette di capire cosa stia realmente accadendo.
Le indagini di Marianne non saranno costellate da colpi di genio e lei non è una di quei detective concentrati sulla loro carriera e disposti ad ogni cosa. Lei è concentrata su un desiderio che si sta facendo sempre più prepotente: la voglia di un bambino, l’essere madre. Può sembrare un elemento secondario, ma si rivelerà decisivo nel dipanarsi della storia e nelle scelte di questa integerrima poliziotta.
La domanda che dovreste farvi leggendo ciascuna pagina, conoscendo ogni personaggio di questo romanzo è: cosa può essere disposta a fare una madre per proteggere il proprio bambino? La risposta la troverete solo nel finale di questo giallo.
Sullo sfondo la disperazione, di cui accennavamo all’inizio. Un piano per una rapina da milioni, uno di quei colpi che ti sistema a vita, un rischio enorme da correre e un epilogo inatteso innescheranno gli avvenimenti successivi e cambieranno la vita di ciascuno dei rapinatori e degli investigatori. Ma a dare il via a tutto è stata la disperazione, il bisogno e la mancanza di alternative.
Le Havre e Potigny fanno da cornice a questa storia. Due città molto diverse ma una cosa in comune ce l’hanno. La città portuale con l’introduzione di sistemi robotici sempre più efficienti ha perso interesse nei portuali e nei loro destini. Potigny ha visto chiudere la sua miniera e ha lasciato i vecchi minatori con la silicosi e i loro problemi. Entrambe le situazioni hanno creato il terreno fertile perché si mettesse in moto questo racconto.
Un romanzo che racconta la disperazione ha sempre un fascino tutto suo. Mette in scena verità e finzione, racconta tra le righe lo sconforto di una parte della popolazione spesso invisibile. Bastano solo poche pagine, ma chiare, infilate nel mezzo di un romanzo per rendere la drammatica sensazione di chi è nato disgraziato e morirà disgraziato. E lo sa.

Eleonora Aragona

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