La filosofia dell’Alligatore

“Marco Buratti è un investigatore senza licenza con sette anni di galera alle spalle… Nulla a che vedere con gli onestissimi personaggi della tradizione italiana, che ho ritenuto fin dall’inizio poco adatti a sguazzare nelle paludi fangose dove sguazza l’Alligatore a caccia della “sua” verità.”
Massimo Carlotto, dall’Introduzione di L’Alligatore ed. E/O

Il primo romanzo dei cinque che raccontano l’epopea di Marco Buratti, s’ intitola “La verità dell’Alligatore”, giusto per chiarire subito le idee al lettore sulla natura umana e investigativa del nostro Eroe.
Verità e giustizia, sono i binari obbligati d’ogni ricerca di Marco Buratti, e la prima nota d’originalità assoluta del mondo dell’Alligatore rispetto ad altri polizieschi, è che non sempre egli s’imbatte in vittime “linde” da difendere.
Spesso di qualche comportamento discutibile i clienti di Buratti si sono macchiati, ma non hanno commesso il fatto a loro imputato.
La verità che cerca l’Alligatore non è mai legata agli stereotipi morali correnti, è una lucida presa di coscienza che nessuno deve pagare per una colpa non commessa, come invece è successo proprio a Marco che ha passato sette anni in cella da innocente.
Marco Buratti vive nel ricco nord est, a Padova, città natale del suo creatore.
Le assonanze biografiche Buratti/ Carlotto: con raffinata pacatezza e ironia, lo scrittore, stronca sul nascere le convenzionali e morbose ricerche del lettore e della critica”Fin dall’esordio della serie moltissimi lettori mi hanno chiesto quanto di biografico c’era in Buratti. In realtà molto poco anche se con il mio personaggio condivido due grandi passioni: il blues e il calvados…con la sola differenza che l’Alligatore regge l’alcol molto peggio del suo autore”.
Il saggio di Gisella Padovani, contenuto nella raccolta curata da Laurent Lombard, illumina nella lettura critica e segna un percorso intellettuale preciso dell’Alligatore, offrendo una panoramica raffinata delle ideologie che nutrono il personaggio.
Il Noisebar Banale è uno scantinato trasformato nel nido di Marco Buratti, non un semplice locale notturno, ma la casa vera, un posto dove c’è certezza di trovarlo, un luogo dove risuona il Blues di qualità, un passato che ritorna, un presente malinconico d’ascolto.
Marco, un tempo membro degli Old Red Alligators, ex cantante blues di successo ha ricominciato la sua vita da regolare proprio da qui, la voce se n’è andata con la galera e come lui stesso dice “ Mi va solo di ascoltare. E di continuare a bere.”
La Padovani lo definisce “emarginato che vive in una condizione di asintonia rispetto a sé e agli altri”.
L’alligatore è un vero duro, forgiato da esperienze drammatiche e sentimentalmente ferito, da amicizie che hanno tradito, e donne che l’ hanno abbandonato al suo destino sfortunato.
Il suo punto di forza è la capacità di mediazione, imparata mettendo d’accordo le fazioni più pericolose e violente incontrate nelle case di pena, stringendo patti ed alleanze per resistere alla vita carceraria.
Proprio questo sua fama di grande saggio e ottime conoscenze nella malavita ne fanno il punto di riferimento per avvocati disperati che non trovano appigli nel Codice e cercano vie di fuga alternative per scagionare i loro clienti.
L’alligatore, infatti, toglie dai guai, con metodi spesso discutibili e come è spesso ripetuto “ Solo dietro compenso, naturalmente.”
Si legge un certo disincanto in questa precisazione, un voler forzatamente prendere le distanze dai casi che affronta, un disimpegno che ogni volta tradisce mettendosi nei guai più del dovuto pur di far trionfare la verità.
Vi è un’ambivalenza fortissima che percorre tutte le vicissitudini dell’Alligatore: la voglia di cancellare ambienti e facce troppe volte incrociate, i visi degli infami, dei traditori e degli assassini e delle vittime innocenti e di contro il bisogno profondo di andare fino in fondo, di scoprire tutto il marcio e presentarcelo senza filtri.
Marco conduce indagini che hanno una loro linearità e si nutrono di deduzioni logiche precise e di felici intuizioni, tuttavia inciampa di continuo in tali e tante macroscopiche ingiustizie che lo costringono ad aggiustare la mira di continuo.
E’ un defilato Marco, uno che per se ha pochissime parole, Carlotto volutamente ci lascia liberi di immaginarcelo e ci concede solo qualche raro accenno al suo look sgangherato: ” …osservai i tacchi consumati dei miei stivali di pitone…cercai di proteggere il viso con il collo di pelliccia sintetica del giaccone”.
Molte più dettagli fisionomici ci saranno suggeriti invece quando Marco ci parlerà dei suoi soci.
L’alligatore percorre strade difficili e s’immerge completamente nel malaffare del nord est d’Italia, il suo è un processo di smantellamento del comune sentire un’area geografica come miracolo economico e sociale.
Il Veneto di Marco Buratti ha buttato alle ortiche le sue origini contadine per far spazio in fretta e furia a miriadi di capannoni anonimi dove fervono attività fortemente legate alla malavita.
Un fango coperto da benessere, qualunquismo e perbenismo, la tematica della doppia vita che sempre ritorna nei libri di Carlotto.
Di giorno una vita rispettabile, agiata e produttiva, signore per bene, galantuomini tutti lavoro e famiglia, col calar della sera si scoprono amanti, linee dirette con lo spaccio di droga e locali equivoci. Business su business, e un sacco di quattrini che girano.
In mezzo ad un mondo così solo i pesci piccoli e i predestinati alla gogna finiscono nelle maglie di una giustizia che si ferma alla pista più semplice e spesso a quella più tranquillizzante socialmente parlando.
Si fa ma non si dice, l’Alligatore alza il velo spesso e con tracotanza, sconfessando giudici, sbirri e avvocati senza scrupoli.
Il tutto gli è possibile grazie a “cattive” compagnie, amici e soci che non hanno tradito, qualcuno come lui che ha pagato e fino in fondo l’onestà intellettuale.
La prossima puntata di questa rubrica parlerà proprio di questo trio di pazzi, Marco, Beniamino Rossini e Max la memoria, tre stili e metodologie diverse, un unico scopo: giustizia per chi non ne ha mai avuta.

Alessandra Anzivino

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