La follia affascina e respinge. Intervista a Corrado De Rosa – Italian psycho.


Corrado De Rosa nelle librerie con Italian psycho, Minimun Fax, ha cortesemente accettato di rispondere a qualche nostra domanda.
La psichiatria e le organizzazioni criminali. Quali legami e implicazioni, se ce ne sono?
Come tutte le discipline da cui possono trarre vantaggi, le grandi organizzazioni criminali hanno considerato la psichiatria come un territorio di conquista. Perché attraverso una perizia psichiatrica “addomesticata” è possibile ottenere proscioglimenti, riduzioni di pene, sospensione dei processi. In sintesi: l’impunità. E perché una buona consulenza può essere un antidoto per la malattia professionale dei criminali più o meno organizzati: il carcere. Con una perizia compiacente, infatti, si può uscire dal carcere.

Quanto sono frequenti le richieste di perizie psichiatriche? Quali percentuali?
Non esistono dati epidemiologici sull’argomento e non dobbiamo cadere nel pregiudizio per cui tutto è simulazione. Un delirio, un’allucinazione possono essere responsabili di condotte criminali che riducono i gradi di libertà di scelta e non tutti quelli che in carcere dicono di star male fingono. Il carcere è promotore di malattia, in carcere ci si suicida 20 volte più che fuori dal carcere. Però, proprio per le ragioni che elencavamo prima, molti boss e molti criminali “politici”, soprattutto i militanti neofascisti, sono venuti a patti con la follia. Tanto che si può dire che non ci sia stato grande processo di mafia che non abbia avuto i suoi finti pazzi: dal Maxi-processo istruito da Falcone e Borsellino, ai processi sulle stragi del ’92 e ’93, da quelli di camorra degli anni Ottanta fino al processo Spartacus sui Casalesi e a quelli che hanno tirato in ballo i rapporti fra mafia e politica.

Tra i personaggi di cui parla, quali storie l’hanno più interessata e perché?
Le storie di due donne: Diana Blefari Melazzi e Maria Giulia Sergio. La Blefari Melazzi è stata una brigatista coinvolta negli omicidi di Marco Biagi e Massimo D’Antona, si è suicidata nel carcere di L’Aquila. La sua è stata una lenta e inesorabile discesa agli inferi della follia. La Sergio è un’islamista radicale (dico: “è”, ma nessuno sa se sia ancora viva oppure no, perché di lei non si hanno più notizie da anni) che si è trasferita in Siria per diventare una donna dell’ISIS, è stata la prima foreign fighter italiana. Entrambe le storie ti fanno oscillare continuamente fra compassione e dubbio, si portano dietro una tragicità con cui, quando le racconti, devi fare sempre i conti.

Come raccontare il rapporto fra crimini e potere rendendosi comprensibile al lettore? E visto che ha pubblicato una commedia nera, quali differenze fra romanzo e saggio dall’angolo di visuale dell’autore?
In Italian Psycho ho cercato di veicolare informazioni scientifiche corrette spostando, però, il baricentro del saggio verso il piano narrativo. Il tentativo è stato, quindi, quello di sollevare interrogativi e far riflettere il lettore su temi come il male, il libero arbitrio, il confine fra normalità e follia, partendo dalle vicende umane degli undici protagonisti: da Ali Agca a Pier Paolo Pasolini, dai capi di Cosa Nostra agli eversori rossi e neri. Rispetto al tema saggio/romanzo, direi che, nel mio caso, lavorare su un saggio ha la complessità dello studio delle fonti, dei verbali di polizia giudiziaria che devi provare a rendere come un racconto o di una stanza per interrogatori che, magari, compare solo nella nota di un’ordinanza e che tu devi cercare di descrivere. Nel romanzo, invece, ho avuto meno difficoltà dal puto di vista della documentazione e della struttura del testo, ma più difficoltà nel trovare la giusta distanza emotiva e psicologica dai personaggi.

Perché questi temi interessano il grande pubblico, e qual è il fascino del crimine e della (non follia) ad esso legata?
La follia affascina e respinge. Forse perché si tratta di qualcosa che può riguardarci e spaventarci allo stesso modo. Così come la follia, il male affascina e respinge. È una parte di noi. C’è un vecchio detto della criminologia che recita: “I buoni lo sognano, i cattivi lo fanno”. Il male ha a che fare con elementi costituivi dell’uomo, non del paziente psichiatrico, con quello che forse faremmo se non avessimo freni inibitori, se non ci fossero convenzioni sociali. Proprio questa ambiguità crea un cortocircuito tanto potente quanto seducente. Anche se, poi, il cattivo che seduce di più – dalla letteratura alle serie TV, ma anche nella cronaca – è sempre quello calato nella complessità dell’esistenza. Quello fragile, quello non cattivo e basta. Quello che ha una storia che nasce da un dolore in cui è più facile identificarsi.

Letture di carte e di storie, non di ricette. Qual è il suo punto di vista sull’utilizzo strumentale della psichiatria nei processi di oggi?
Oggi rispetto, per esempio, agli anni Settanta, le tecniche di manipolazione si sono affinate. È raro vedere un boss che fa finta di essere Napoleone, o, come fece Michele Senese, che dice al medico di essersi svegliato una mattia e di aver iniziato a parlare in tedesco. Neppure si invocano più tanto spesso raptus o sdoppiamenti della personalità, temi che la comunità scientifica mette in discussione e che ormai fanno parte di un immaginario più mediatico che tecnico. Oggi si strumentalizzano i disturbi della personalità, che hanno a che fare più con: “chi sei”, che con: “come stai”, o i progressi delle Neuroscienze, che però non sono riusciti ancora a mettere un punto fermo sulla relazione fra mente e cervello in termini di causa effetto. In altri termini, non è ancora possibile stabilire un nesso incontrovertibile fra un comportamento criminale e una alterazione cerebrale. Oppure si strumentalizza la diagnosi di anoressia, perché è una malattia che richiede cure lunghe e altamente specialistiche. Ma dietro i dimagrimenti patologici procurati volontariamente dai boss, non c’è mai la paura di ingrassare o la percezione di sé distorta. Che sono i due pilastri necessari per fare diagnosi.

Corrado De Rosa è uno psichiatra. Per conto dell’Autorità Giudiziaria si è occupato di camorra, infiltrazioni mafiose ed eversione. Ha pubblicato: I medici della camorra (Castelvecchi, 2011), Mafia da legare (con Laura Galesi, Sperling & Kupfer, 2013), La mente nera (Sperling & Kupfer, 2014), Nella mente di un jihadista (I corsivi del Corriere della Sera, 2016), L’allenatore sul divano (Caracò, 2017), L’uomo che dorme (Rizzoli, 2018).

MilanoNera ringrazia Corrado De Rosa per la disponibilità

Corrado De Rosa  sarà ospite di Non solo Giallo di sera a Ortona, il festival letterario con la direzione di Romano De Marco che si svolgerà in presenza a Ortona (Ch) dal 3 all’11 luglio.
Tutte le info e il programma qui

Numero unico prenotazioni per partecipare agli eventi
373 3444333

Laura Marinaro

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