La mia ricetta per un buon thriller. Intervista a Stuart MacBride – Il giardino dei delitti.



Il Giardino dei delitti è il suo libro più recente. I suoi thriller sono da anni in cima alle classifiche di vendita. Le sue storie di volenza ma piene di humor sono amatissime in tutto il mondo. È uno dei maggiori esponenti del Tartan Noir. Ha il grande pregio di non prendersi mai troppo sul serio.
È scozzese, è un gattaro e ama il cibo. Lui è il grande Stuart MacBride che con il garbo, la gentilezza, la simpatia e l’ironia che lo contraddistinguono ha accettato di rispondere alle mie domande.


Ciao Stuart,
ho appena finito di leggere Il giardino dei delitti che immagino tu abbia scritto l’anno scorso durante lockdown. Scrivere ti ha aiutato a superare quel lungo e terribile periodo?
Con mia grande sorpresa, ho scritto molto durante il lockdown. La maggior parte di Il giardino dei delitti è stata scritta prima che la prima ondata colpisse la Scozia, ma le revisioni e l’editing sono stati fatti nel periodo del distanziamento sociale. Poi ho fatto una chiacchierata con mia moglie su cosa avrei dovuto scrivere dopo: io pensavo a qualcosa ambientato durante la pandemia, ma lei era decisamente dell’opinione che, dato che stavamo tutti vivendo quella maledetta cosa, nessuno avrebbe voluto leggerne . Allora perché non scrivere invece qualcosa di divertente? Qualcosa che aiutasse le persone a distrarsi. Ecco perché ho finito per scrivere due romanzi brevi e un paio di racconti che sono molto spensierati e un po’ sciocchi, con qualche tocco di macabro. Non so se verranno mai pubblicati, ma spero che, se lo saranno, possano regalare un sorriso. E poi avevo il nuovo libro da scrivere. Quindi mi sono tenuto piuttosto impegnato.

Hai scritto così tanto sui serial killer che ormai potresti quasi essere considerato un profiler…
Non credo di avere il rigore per lavorare come analista comportamentale! Devo ammettere che amo i romanzi con i serial killer e, dato che è il genere di cose che mi piace leggere, credo sia logico che sia anche il genere di cose amo scrivere. Non sono però un fan del True crime, dei libri che parlano di casi realmente accaduti. Li leggo di tanto in tanto per ricerca, ma non è qualcosa che farei mai per divertimento: troppo vero dolore e reale sofferenza per trovarli divertenti. Ma i serial killer di fantasia sono una cosa completamente diversa: nessuna persona reale si è fatta male durante la scrittura dei miei libri!

Un giornale italiano ti ha definito un “Tarantino dall’umorismo scozzese”. Ti piace questa definizione?
Lo considero sicuramente un grande complimento. Forse la cosa che più ci accomuna è che entrambi amiamo far parlare i nostri personaggi. Oggi si tende a tagliare tutto quello che non serve a far avanzare direttamente la trama, ma a me piace arrivare a conoscere i personaggi attraverso quello che dicono e dal modo in cui lo dicono. Credo che ciò li renda molto più umani e meno meri mezzi per lo svolgimento della storia. Inoltre, Tarantino rappresenta sempre la violenza come qualcosa di viscerale e orribile. Abbiamo anche questo in comune. Mi sono chiesto come sarebbe applicare una corretta estetica tarantina a uno dei miei romanzi polizieschi. Sarei in grado di farlo funzionare? Potrebbe essere divertente scoprirlo…

Quali sono le principali differenze tra Ash e Logan e le loro serie? Sarebbe possibile un crossover?
Ash è stato creato per essere l’antitesi di Logan, perché non volevo essenzialmente scrivere della stessa persona con un nome diverso. E per me è un bel cambiamento il fatto che siano così diversi. Laddove Logan è un giocatore di squadra, Ash è un lupo solitario; Logan è un poliziotto moderno, Ash è un dinosauro; Logan cercherà sempre di trovare una via d’uscita dalle situazioni, Ash invece è un uomo violento. E via così…
Se mai si incontrassero, penso che si odierebbero a vicenda, quindi è un bene che non possano. Ash vive a Oldcastle, che non è una città reale e Logan vive ad Aberdeen, il che significa che non potranno mai lavorare insieme. Oldcastle non esiste nel mondo di Logan.

Oldcastle è luogo immaginario. Perché hai deciso di descriverla come una città grigia e decadente? Muffa e ruggine sono alcune delle parole più usate per descriverla.

Una delle cose grandiose della creazione di una città immaginaria è che può essere modellata per riflettere e rinforzare il tono e il colore della storia che sto cercando di raccontare. Ho immaginato di proposito Oldcastle sul fondo di una valle, in modo che quasi ogni sua parte sia visibile da dovunque tu sia. Incombe su se stessa. Le varie aree – Castleview, Kingsmeath, Cowskillin, ecc. – hanno ciascuna la propria personalità distinta e l’oscurità si nasconde appena sotto la superficie anche nelle parti più esclusive. È molto divertente scriverne.

I momenti più teneri nel libro sono quelli in cui c’è il cagnolino Henry. Quanto sono importanti gli animali domestici nella tua vita?
Devo confessare che preferisco i gatti – ed è per questo che ho dato a Logan un grosso gatto morbidoso, come il mio amato e compianto Grendel, e questo significava che Ash doveva avere un cane. Ma se dovessi avere un cane, probabilmente sarebbe un Aberdeen Terrier, vale a dire un cane scozzese, come Henry. Credo che le persone che non amano i loro animali domestici debbano essere compatite.

Cibo. C’è molto cibo nei tuoi libri. I tuoi personaggi mangiano molto e quasi tutti i furgoni che vedono pubblicizzano cibo, per lo più fritto. Potrei sbagliarmi, ma di solito il cibo è molto presente nei romanzi “mediterranei” mentre nei romanzi britannici e scozzesi i personaggi bevono più di quanto mangino. Stai andando controcorrente?
Qual è il ruolo del cibo?
Ah, saresti sorpresa se sapessi quante volte mi viene chiesto dai miei editori di ridurre i riferimenti al cibo. La verità è che nella vita reale gli agenti di polizia sono ossessionati dal cibo. È un argomento di conversazione costante e fingere che tutto ciò che fanno è solamente bere sarebbe fargli un torto come esseri umani. Quando scrivo mi piace rendere i miei personaggi il più realistici possibile, e questo significa: CIBO! L’ho fatto sin dal mio primo libro, quindi sono sempre stato controcorrente e voi con me.
Una scena che coinvolge il cibo ci permette anche di prendere un po’ di respiro da tutto quello che sta succedendo. Un’opportunità per i personaggi di riprendere fiato e parlare / reagire / pensare / e semplicemente essere, senza la tirannia della trama che incombe su di loro per tutto il tempo. Inoltre, il cibo è uno dei piaceri genuini della vita, e sono sicuro che anche tu, come orgogliosa italiana, lo sai bene!

Potresti darmi la ricetta per un thriller buono e gustoso?
Personaggi. Personaggi. Personaggi Se un libro è solo e solamente trama, trovo molto difficile interessarmi a quello che sta succedendo. Devo essere coinvolto completamente dalle persone di cui sto leggendo, altrimenti quel libro finirà nel cestino. Quindi una bella dose di personaggi, un’ambientazione ben descritta e la sensazione che stiamo cadendo, sempre più velocemente, con il terreno che si avvicina sempre più e la sensazione che non ci sia modo per evitare di sbatterci contro… e poi , solo all’ultimo minuto, siamo salvi.
Oh, e aglio. E burro. Quasi tutto ha un sapore migliore con burro e aglio.

Perché hai messo i ringraziamenti all’inizio del libro?
Il mio editore britannico, HarperCollins, ama fare così. Il mio prossimo libro sarà con Transworld, e a loro piacciono i ringraziamenti sul retro, quindi è lì che andranno.

Ogni parte dei tuoi libri ha un titolo, perché?
Mi piace suddividere i miei libri in sezioni e mi sembra logico avere un titolo per dare al lettore una pausa prima che si lanci nella parte successiva. Inoltre, il giusto titolo della sezione creerà l’atmosfera per ciò che sta per accadere. Suppongo che sia un po’ come per gli episodi di una serie televisiva :ognuno ha il proprio titolo. È qualcosa a cui siamo abituati.

Ricordi la tua prima volta davanti a una pagina bianca?
Molte persone hanno PAURA DELLA PAGINA BIANCA!!!, ma io non la vedo così. Una pagina vuota rappresenta infinite possibilità, aspettando solo che tu ci metta il tuo segno. Un segno che nessun altro può lasciare. Se la guardi in questo modo, una pagina vuota non fa paura, è eccitante.


Perché e per chi scrivi? Chi è il tuo lettore ideale?
Sinceramente, molte volte scrivo per la mia lettrice ideale: mia moglie, Fiona. Molte delle parti divertenti nel libro sono lì perché spero che la faranno ridere. Sono abbastanza certo che circa il venti percento dei miei riferimenti non significherà nulla per le altre persone, ma lei saprà esattamente a cosa sto facendo l’occhiolino. Anche Fiona è una grande lettrice, quindi so che se le piace, dovrebbe piacere anche alle altre persone. O almeno lo spero…

Hai mai sofferto del blocco dello scrittore?
Non proprio. Ho momenti in cui sono in dubbio su quale sia la cosa migliore da far succedere per proseguire nella storia. Quando capita, in periodi normali ,non di pandemia, vado a fare un giro nel supermercato più vicino – su e giù per ogni corsia – e solitamente nel momento arrivo in cui arrivo alla cassa, ho trovato il modo migliore per procedere. E come bonus, preparo anche qualcosa di buono per cena.
Un consiglio che funziona: se sei bloccato su un libro, mettilo da parte e scrivi qualcos’altro per un po’. Prova con un racconto. Qualcosa per tirarti fuori dal mondo con cui stai avendo problemi, e quando hai finito dovresti essere in grado di tornarci, di riprenderlo in mano e di riuscire ad andare avanti.

Cosa ti dà fastidio?
Tantissime cose. Cambiamenti climatici, Covid-19, razzismo, sessismo, omofobia, violenza, sofferenza, fame, malattie, povertà, maleducazione, gente che indossa calzini bianchi con pantaloni neri e scarpe nere…

Essere uno scrittore ha cambiato in qualche modo il tuo essere un lettore?
Sì, ha avuto un impatto enorme sulla mia lettura, e non è stato positivo. Dato che da almeno un decennio sono in una routine permanente di scadenze, sono sempre in “modalità di scrittura” e trovo molto difficile spegnere quella parte del mio cervello e perdermi nella storia. Quando leggo noto e mi infastidiscono errori su cose tecniche, come cambi del punto di vista, avverbi che cambiano il senso della frase, descrizioni e decisioni di editing scadenti, e così non finisco la maggior parte dei libri che prendo da leggere. Spero davvero che questo sia un impedimento temporaneo e di poterlo superare presto, perché leggere è sempre stata una parte molto importante della mia vita e mi manca terribilmente.

I tuoi libri sono tradotti in molte lingue. Ti tieni in contatto con i traduttori? Se sì, quali sono le principali difficoltà che incontrano?
Ad essere onesti, c’è solo un traduttore che sento regolarmente: l’eccezionale dottor Andreas Jäger, che rende i miei libri comprensibili in tedesco. Ha sempre molte domande estremamente pertinenti sul testo e, se sono fortunato, fa la sua traduzione prima che esca la versione tascabile in inglese, così posso sistemare le cose che ha individuato. Non so perché nessuno degli altri traduttori si metta in contatto. Sono forse sono intimiditi dalla mia irsuta barba scozzese?
Tuttavia, il miglior problema di cui abbia mai sentito parlare nel tradurre uno dei miei libri non veniva da Andreas. Un amico di un amico che parlava correntemente sia l’inglese che il norvegese ha pensato che sarebbe stato divertente leggere il mio primo libro, Il collezionista di bambini (Cold granite n.d.t.) , in entrambe le lingue. Mi ha poi contattato per chiedermi se sapevo che il traduttore norvegese aveva trasformato la “pizza fritta” in “pizza surgelata”, presumibilmente perché non poteva credere che qualcuno avrebbe mai fritto una pizza. E per chiarezza, non stiamo parlando del tipo di pizza fritta che si mangia a Napoli o a Roma. Stiamo parlando di una pizza margherita di dodici pollici, piegata a metà, immersa nella pastella, quindi fritta in olio bollente finché non diventa croccante e dorata (a Edimburgo è servita con una salsa marrone acidula, ed è molto popolare tra la gente che va a casa dopo qualche drink di troppo). Ho verificato con alcune delle persone che avevano tradotto lo stesso libro in lingue diverse e anche la maggior parte di loro aveva pensato che intendessi “pizza surgelata”. ( MacBride parla di deep fried pizza, ma è stato inteso come deep frozen pizza n.d.t.).

Cosa stai scrivendo?
Sono nel bel mezzo della stesura del mio prossimo libro, di cui non posso dirvi molto, perché non abbiamo ancora concordato un titolo. Ma è oscuro e contorto, con una buona dose di sorprese, e presenta un killer molto cattivo chiamato The Bloodsmith.

Grazie per la chiacchierata, Stuart, spero di rivederti presto, magari ancora al NebbiaGialla Suzzara Noir Festival.
È stato un grande festival, sto tenendo le dita incrociate con la speranza che, quando tutto questo orrore di Covid sarà finito, avrò la possibilità di tornarci di nuovo.

MilanoNera ringrazia Stuart MacBride e NewtonCompton per la disponibilità.
La foto di copertina è di @Mark Mainz
La mia foto con Stuart MacBride al NebbiaGialla è di @Michele Corleone

Cristina Aicardi

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