la musa



Luigi Lo Forti
la musa
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Dedicato con simpatia ai tanti scrittori senza gloria La Musa di Luigi Lo forti è un thriller sui generis, con sprazzi umoristici ed elementi da mistery. Il  suo titolo: La Musa, un’entità che richiama pericolosamente la faustiana leggenda di Goethe, spiega già molto e  come specchio e cornice offre il mondo talvolta borderline della piccola editoria, quella, tanto per spiegarsi meglio, battuta a tappeto da molti aspiranti scrittori del giorno d’oggi (ma per fortuna frequentato anche dai lettori).
La trama, quasi teatrale, mette in scena pochi personaggi principali, interpreti e filo conduttore dell’intera vicenda, alcuni scrittori affermati, altri che sperano di diventarlo, collegati per lavoro o per la speranza di ottenerlo, all’Asqueri Editori, una piccola casa editrice, diretta  con poco entusiasmo da Eugenio Asqueri, figlio del fondatore. Lui, indiscusso protagonista della storia (ben poco celati i collegamenti autobiografici con l’autore) che sognava per se stesso altre mete più stuzzicanti,  costretto dai tempi e dalle contingenze a seguire le orme paterne, barcamenandosi nell’impresa  con l’aiuto, si fa per dire, della stravagante sorella Marcella e il “pseudo controllo” di Agnese, la ferrigna factotum ereditata dalla precedente gestione.
Alter ego del protagonista, con uno pseudonimo che non inganna nessuno, Steven Renard (ovverosia uno Stefano Di Marino fatto e sputato) che si diverte a movimentare la scena e comincia a indagare.
La fauna di La Musa si arricchisce con un gruppo strampalato, abbastanza “alcolico” e pertanto spesso ingovernabile (Pinketts aleggia dietro le quinte e neppure tanto).
Quando uno di loro, dopo aver gettato nel caos una presentazione in libreria, sparisce e alcuni dei comprimari che fanno parte  del mondo dei libri cominciano a morire, tutto il  gruppo, compreso Eugenio, si troverà per amore o per forza coinvolto nelle indagini, che sembrano sconfinare nel mondo dell’impossibile…
L’autore del libro, Luigi Lo Forti, che lavora nel campo dell’editoria e da cinque anni gestisce una piccola casa editrice, ha dichiarato:
«Questo libro è stato meglio del lettino dello psicanalista. Quando ho iniziato a scrivere La Musa, la mia intenzione era solo quella di dedicarmi a un passatempo terapeutico: dopo cinque anni trascorsi nel mondo dell’editoria, sentivo che avevo bisogno di uccidere qualche scrittore. Si trattava solo di decidere se farlo davvero oppure sublimare questo impulso trasponendolo nelle pagine di un libro. Consigliato dal mio avvocato, ho optato per la seconda soluzione.
A tutt’oggi non sono affatto convinto di avere fatto la scelta giusta. In ogni caso, mentre procedevo mi sono accorto che la storia si stava sviluppando in maniera indipendente dalle mie intenzioni iniziali. Certo, alcuni personaggi rimangono ancora ricamati sul modello fornitomi da conoscenze personali: per esempio, Steven Renard – molti appassionati di letteratura d’azione non faranno fatica a riconoscerlo, a partire dal nome – deve moltissimo al suo modello reale, Stefano Di Marino, uno degli scrittori di genere più letti e apprezzati nel panorama italiano, mentre Eugenio Asqueri è un abbozzo autobiografico, il che a ben pensarci dovrebbe preoccuparmi un po’, ma in fondo per buttare via i soldi andando in analisi c’è sempre tempo. Per tutti gli altri, non nascondo che lo spunto iniziale è reale, ma solo in forma contingente: esso infatti mi è stato fornito da amici e autori – alcuni famosi, altri meno – con i quali sono venuto a contatto in questi anni, alcuni solamente per il tempo di una presentazione o di una chiacchierata senza seguito. Da ognuno di loro ho rubato un tratto, un’espressione, un atteggiamento, ma nessuno di loro è il personaggio che poi si ritrova effettivamente nella storia.»

Patrizia Debicke

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