La profezia perduta del faraone nero – Fabio Delizzos



Fabio Delizzos
La profezia perduta del faraone nero
Newton Compton
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Torino, 1799. Una città già impoverita e fiaccata dall’invasione francese ora passata sotto il tallone della dominazione asburgica, fa da scenario a un susseguirsi di spaventosi  e sanguinosi omicidi – attribuiti a un mostruoso assassino, presto soprannominato il Cannibale anche dal cantimbanco (specie di urlatore per strada o meglio il web di allora) – , che sta terrorizzando la città. Le barbare  uccisioni, apparentemente connesse agli ambienti esoterici, ben presto saranno riconducibili a  una misteriosa loggia massonica di Rito Egizio: La Fratellanza di Heliopolis.  Le vittime sono state uccise allo stesso modo e dallo stesso omicida, un uomo o forse più corretto definirlo una bestia. L’assassino ha reciso loro di netto la testa, per poi posarla in mezzo alle gambe, dopo aver sventrato i cadaveri, prelevando fegato e i reni. A mo’ di firma ha lasciato l’antico simbolo egizio dell’Ankh.  Su questi atroci delitti si troverà a indagare il primo protagonista del romanzo, uno stimato ex professore universitario  di filosofia, Eugenio Caffarel, nominato commissario dagli asburgici. Caffarell, intellettuale di idee giacobite, quando le truppe francesi  dell’Armée d’Italie avevano occupato Torino e , trasformate in belve sanguinarie, avevano stuprato e sgozzato sua moglie e le due figlie alla vigilia di Natale, con la sua carriera e la sua famiglia distrutte dagli invasori, nel 1796, si era dato alla macchia. Pur continuando a credere nelle idee della democrazia, si era unito a un gruppo di uomini e donne istruiti, come lui delusi dai rivoluzionari francesi. Per il professore, con ‘aggiunta anche di qualche pallina d’oppio, era stato un modo per non impazzire. La cosa era andata avanti fino a quando Torino era stata ripresa dagli austriaci che, ben volentieri, avevano trasformato il “partigiano” in poliziotto, nominandolo addirittura commissario alle dirette dipendenze del Capo della polizia, Georg Vogel.        Nel frattempo o quasi, in Egitto, all’ombra delle piramidi e in presenza del generale Bonaparte, pochi giorni dopo la scoperta della stele di Rosetta, un altro antico segreto sembra voler riaffiorare dal deserto. Un segreto ambito, indissolubilmente legato a un’antichissima mappa in grado di far scoprire inestimabili tesori. Mappa che però si trova a Torino… Ed ecco l’ingresso in scena del secondo protagonista del romanzo Conon de Solis. Conon de Solis, torinese, giovane colonnello dell’esercito napoleonico, vecchio compagno di studi di Napoleone ed esperto di egittologia, è noto anche per aver scritto un romanzo: Il mercante di mummie. Un prezioso segreto torinese che Conon de Solis dovrà scoprire a ogni costo. Ciò nondimeno, per farlo, gli sarà indispensabile poter contare sulla collaborazione di una fascinosa modista parigina e soprattutto arrivare a un’alleanza con il professor Caffarel e i suoi satelliti (poliziotti in borghese). Cosa non facile in un contesto in cui è difficile discernere l’amico dal nemico e l’insidia è in agguato. Una trama complessa e molto articolata, sempre pronta a divagare e a disperdersi in mille rivoli, mentre l’antica Torre dominata  dal Toro pare voler condizionale  occulte trame, passioni, intrighi, spionaggio, doppi giochi, tradimenti  e raccapriccianti delitti. In un contesto tanto incerto ogni passo sbagliato potrebbe essere l’ultimo. Su questo tetro e inquietante scenario, di per sé poco rassicurante, grava una persistente cortina di pioggia che bagna le ossa e ostacola spostamenti e indagini. Per risolvere il mistero bisogna scavare nel passato, mentre il terrore dilaga in città sotto la cappa della minacciosa ombra di un millenario segreto e di un male oscuro. Le ombre di Torino, città famosa per i suoi fantasmi e le sue antiche magiche credenze, si rivelano una dopo l’altra, come essenze emanate da quel passato che avrebbe visto sorgere il nucleo urbano. Gli spiriti dei suoi forse  lontanissimi fondatori, dotati di capacità esoteriche, continuano a sprigionare il loro potere entro gli antichi  confini consacrati, ma decisi a proteggere a ogni costo i loro segreti e a mantenere quegli arcani poteri che garantiscono antica conoscenza.                          
Sarà facile barcamenarsi con alcuni dei fili conduttori della trama, come quelli collegati ad associazioni segrete, vedi massoneria e carboneria, ancora in stato  embrionale e allora chiamata Società dei Raggi, e ci sono già storicamente noti alcuni episodi riportati nel romanzo che fanno entrare in scena Napoleone Bonaparte la sua sfortunata spedizione in Egitto con il suo seguito di savants,  il Feldmaresciallo austriaco  barone von Melas  e il suo aiutante generale, il colonnello conte Josef von Radetzky e la sua giovane e bella moglie. In questo romanzo storia e fiction sono così  ben intrecciate, che anche i personaggi inventati, ben ricostruiti, si muovono quasi di vita propria. E la parte storica che concerne la Torino nella seconda metà del 1799 non presenta sbavature. In quei mesi infatti Torino era occupata dagli austriaci,  con Consiglio Supremo di Stato installato a Palazzo Carignano, mentre il re,  Carlo Emanuele IV di Savoia, Re di Sardegna  era rifugiato a Cagliari. A detta dell’autore e secondo le sue accurate ricerche storiche, il Borgo del Moschino, il quartiere della città più malfamato era abitato da seimila persone circa, tra le quali pescatori, lavandaie, addetti ai mulini natanti, barcaioli e traghettatori di merci varie ma e soprattutto popolato da accattoni e  pericolosi criminali, che avevano creato  le famigerate “coche”. Soggetto a inondazioni e afflitto dalle zanzare, dalle quali prendeva il nome, era un ricettacolo di infezioni e varie epidemie. Esistevano le  “bealere”, le grandi ruote idrauliche con i  mulini ad acqua che facevano funzionare i frantoi, le cartiere, le fonderie,  i battitoi, le segherie e falegnamerie,  gli opifici per la tessitura delle stoffe… e le doire i canali che raggiungevano  per scopi igienici i quartieri cittadini. Sono reali i nomi delle vie dal gustoso sapore medioevale. E perfino quasi tutti i nomi degli alberghi e dei negozi nel romanzo. C’era la maestosa Torre civica con in cima il toro di bronzo, che venne abbattuta poco dopo da Napoleone Bonaparte, sostituita in seguito  dalla Mole Antonelliana.  E corrisponde alla realtà storica anche il Faraone, il gioco di carte di gran moda alla fine del Settecento. Più complesso impegnativo, è evidente, è stato  l’aggancio alle figure esoteriche e storiche egiziane che compaiono nella narrazione, rapportandosi a quell’epoca perché, per far funzionare un romanzo che parla di Antico Egitto, ambientato al tempo in cui l’egittologia stava per nascere, non restava che sfiorare la fantascienza e inserire qualcuno in grado allora di conoscere e leggere i geroglifici. Altrettanto, i testi egizi, citati da Delizzos sono  autentici, come l’Inno Cannibale del faraone Unas e molte delle frasi farneticanti pronunciate da un personaggio e altre chicche letterarie. Ottima insomma la ricerca in generale che ha contribuito alla stesura del testo. Ah, dimenticavo: la leggenda, anzi due, che vogliono Torino fondata da alcuni esuli egizi esiste davvero. Uno stuzzicante spaccato di vita dell’epoca, concatenato a una intrigante e misteriosa ricostruzione pseudo scientifica, una magica atmosfera collegata ai miti e leggende dell’ Antico Egitto così come veniva percepito in quei tempi dei primi scavi archeologici, quando il fascino di quel lontano mondo stava cominciando a far presa su tutti i ceti sociali. 

Patrizia Debicke

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