La sabbia brucia – Fausto Vitaliano



Fausto Vitaliano
La sabbia brucia
Bompiani
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“Dicono che ci sono diverse ragioni per cui si rimane da soli. No, in realtà ce n’è solo una: si sta da soli perché si è in capaci di stare con altri…”  
Gori Misticò è un uomo solo. Carabiniere, schierato in prima linea in delicate missioni antiterrorismo, Misticò (era Nisticò ma per un errore di trascrizione all’anagrafe il suo cognome è stato cambiato) al termine di un’operazione non finita positivamente, si trasferisce nella sua Calabria, a San Telesforo Ionico. Scappare da Milano, scappare da un amore finito male e scappare da sé stesso.
Tornato in Calabria, il luogo delle vacanze giovanili, la terra a cui sono legati i più dolci ma anche i più tristi ricordi, Gori non fa difficoltà a diventare il comandante della tenenza di San Telesforo Jonico; il posto giusto per fuggire dalla vita, dalle responsabilità, dove rifugiarsi sulla bionda sabbia della spiaggia del Pàparo leggendo, magari in pace, le avventure del suo amato Topolino. Alla caserma di San Telesforo “tre giorni bastavano e avanzavano per eseguire tutta l’agenda” visto che nel paese non succede niente da anni. Questa è la sua idea, ma ben presto Gori capirà che anche in Calabria la vita non è così semplice che non si può scappare sempre ma bisogna prima poi confrontarsi con la realtà. 
E così ecco che Gori si trova, suo malgrado, a dover chiudere Topolino e ad affrontare in una sorta di climax ascendente dapprima il furto di una reliquia, poi la presunta scomparsa di una donna e, dulcis in fundo, un caso di omicidio. In una Calabria che si rivela meravigliosa nel paesaggio, avvolta dal mare limpido e dalle montagne selvagge, in cui i sapori e gli odori sembrano esalarsi anche dalle pagine del libro, Misticò si muove lentamente, lima a zero i rapporti con i suoi concittadini (che lo accolgono con banda musicale e festa di paese) e ripercorre giorno dopo giorno alcuni momenti della sua giovinezza. La sabbia del Pàparo (la “sua” spiaggia che aveva difeso nel precedente romanzo) si fa sempre più calda, non basta nemmeno la Brasilena, la cèlebbre gazzosa al caffè, a spegnere il bruciore delle emozioni che Gori si porta dentro ripercorrendo i momenti trascorsi con gli amici di sempre Michele e Nicola. La morte dell’amico Michele, avvenuta prematuramente a 16 anni, è qualcosa che non passa, che il tempo non riesce a seppellire a che, anzi, lo idealizza, trasformandolo in un amico immaginario a cui confidare i suoi dubbi di coscienza. Ed ecco che, mentre il vice brigadiere Costantino freme per l’avvio della sua prima indagine sull’omicidio di una donna meravigliosa e accattivante, “regina” di una comunità di recupero per persone afflitte dal dolore, Gori soffre la Sua incapacità di legarsi, di stringere relazioni stabili o durature. Costantino è il contraltare del maresciallo: giovane, pronto a mettersi all’opera, desideroso di legarsi a vita con una donna, alla ricerca perenne dei consigli paterni. Gori è spigoloso, lo avevamo lasciato nel precedente romanzo (La Luna di Sabbia, fortemente consigliata la lettura), alle prese con la Sua malattia, in aspettativa dall’Arma, svogliato nelle cure, attento alla crescita del Suo vice. Vitaliano ci aveva consegnato un meraviglioso personaggio malinconico che fa la conta dei giorni che restano da vivere e cerca di tracciare uno sterile bilancio della propria vita. Il dolore, più morale che fisico, correva nelle riflessioni di Gori arrivando a rapire il lettore, a renderlo partecipe del senso della fine, dell’essenza dei rapporti duraturi, davanti alla morte per poi ribaltare tutto con un colpo di humor, quasi fumettistico che riporta la serenità nelle pagine fino a spingerti verso uno sperato happy ending.
Ma Vitaliano è un maestro, lo è nella scrittura sopraffina, nell’uso del dialetto, mai invadente, mai teso ad appesantire il testo e lo è nella struttura del romanzo che, con una inaspettata fusione tra passato e presente, ricostruisce la storia di Gori Misticò, dalla nascita dell’amicizia con Nicola e Michele alle prime indagini in terra calabrese. Tra le pagine affiora delicatamente quella malinconia per le giornate spensierate al sole, tra i canneti della spiaggia del Paparo a guardare l’orizzonte, il sole perdersi nel mare fino a chiedersi cosa sarà di quell’amicizia una volta grandi, ignorando che il destino alla fine non ti avverte, non bussa alla tua porta, ma arriva prende e se ne va. Cosi anche l’indagine per omicidio diventa una sfida personale tra il maresciallo Misticò e il colpevole, un modo per rimettersi in gioco, per riaffermare a sé stesso, dopo i suoi trascorsi milanesi, che la sua capacità investigativa non è intatta e che non è necessario avere il supporto delle alte sfere. 
Con la giusta tensione narrativa Fausto Vitaliano ci regala un personaggio affascinante, malinconico ma allo stesso tempo pieno di un godibilissimo humor. Un libro che resta nel cuore di chi legge.

Mauro Grossi

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