La sentinella del Papa

Un affresco. Anzi, un arazzo. “La sentinella del papa” di Patrizia Debicke Van Der Noot, italianissima a dispetto del nome, stupisce il lettore vorace di romanzi storici. Ed è a lei che abbiamo chiesto alcune curiosità sulla sua ultima opera.

Giulio II, un coprotagonista importante perché scegliere il “papa guerriero”?

Guerriero non basta. I suoi contemporanei e i suoi biografi lo definirono il papa terribile, la storia della sua vita è tutta un’epica avventura: intrighi, complotti e guerre combattute da generale ma, a mio vedere, fu uno dei pontefici più importanti nella storia. Certo non dal punto di vista religioso, tanto che il Machiavelli lo definì: “quello spirito diabolico” ma sicuramente fu il papa che con le sue guerre di riconquista (Umbria, Marche ed Emilia e Romagna) restituì alla chiesa lo stato smembrato dai Borgia. Stato, che la chiesa conservò fino al regno d’Italia. E poi fu il grandissimo mecenate che ha sponsorizzato Michelangelo, Raffaello, il Bramante. Senza di lui non esisterebbero la Cappella Sistina e le Stanze Vaticane e l’attuale San Pietro. Quest’anno, il 2013, sono cinquecento anni dalla sua morte. Anniversario che è stato commemorato a febbraio in Vaticano da papa Benedetto XVI.

 Julius Aloysius von Hertenstein: la sentinella del papa è un personaggio di finzione. Come è nata la scelta di usare una guardia svizzera come protagonista? Parlaci di lui.

Non potevo fare di un papa sessantenne il protagonista di un romanzo d’azione, anche se lui non l’ha mai disdegnata e il 20 gennaio 1511 all’assedio di Mirandola, quando la rocca cadde, visto che la porta era murata e il ponte levatoio abbattuto, vi entrò arrampicandosi su una scala a pioli. Una guardia svizzera? Fu Giulio II per la prima volta ad arruolare come guardia personale i mercenari svizzeri, facendo nascere questa secolare tradizione che dura da allora, quando un contingente di 150 svizzeri, guidati dal camerlengo Peter von Hertenstein e comandati da Kaspar von Silenen, giunse a piedi a Roma – dopo aver valicato il Gottardo in pieno inverno – il 22 gennaio 1506. La sera stessa giurarono fedeltà al papa e ancora oggi le reclute giurano, usando le stesse parole. Ma Giulio II, una personalità così eclatante, era la spalla ideale per il mio protagonista Julius Aloysius von Hertenstein, un ufficiale svizzero, un mercenario, un combattente collaudato, che ha preso parte a battaglie e carneficine efferate, ma altrettanto colui che oggi definiremmo una persona intellettualmente super dotata. Tanto al di là della media che gli faccio rischiare, a nove anni, di passare per indemoniato agli occhi della bigotta cognata. E dopo, paradossalmente lo costringo a mascherare le sue straordinarie capacità. Ne sembra quasi complessato. Se ne serve – ne avrà bisogno durante questa indiavolata avventura di dieci giorni, tanto dura La Sentinella del Papa – ma le minimizza, e accetta di buon grado gli scherzi in merito.

 Sullo sfondo il culto sacrilego di Ankt… Spiegaci il perché di questa scelta.

Il rinascimento è un’epoca in cui è fortissima la suggestione dell’antichità. I Borgia adoravano la mitologia egizia, come dimostra una sala dell’appartamento di Alessandro VI in Vaticano, affrescata dal Pinturicchio, e come ricorda Hertenstein a Giulio II.

Ci sono molte teorie legate alla simbologia egizia dell’Ankh. Una, antichissima, lo fa simbolo di vita – per l’unione del principio femminile e maschile che genera la vita – di Iside, dea della maternità e della fertilità, raffigurata dall’anello con Osiride, dio della forza generatrice maschile e signore dei morti, raffigurato dall’asta sottostante. Ovidio, nelle sue Metamorfosi, ricorda la mutazione della giovenca Io in Iside, e spesso Osiride è rappresentato come un toro nelle vesti di Osiride Api. Serapide è considerato un dio greco egizio ma secondo molti studiosi sarebbe di origine autoctona e venerato nell’antichità a Menfi come Osiris Api… Nel IV secolo simboli dell’Ankh sono stati trovati incisi nel demolito tempio di Serapide in Egitto. Le rovine del tempio di Serapide di Roma sono vicine al tempio della setta. L’animale sacro a Serapide era il toro Api e il toro è raffigurato nello stemma dei Borgia che…

E qui mi fermo per non dire troppo.

 Tre donne esemplari: parlaci di loro e a quale ti senti più affine?

Comincio da Vannozza Cattanei l’abile cortigiana “arrivata” che, prima di dare quattro figli al papa Borgia è stata anche nel letto di Giulio II, allora cardinale Giuliano della Rovere. Donna intelligente e d’affari, gestiva fiorenti e varie attività mercantili tra le quali primeggiava la Locanda della Vacca, ha fatto sempre i suoi interessi godendo di appoggi ma tenendosi defilata dalla corte pontificia. Un ritratto di lei non più giovanissima ce la mostra ancora piacente e procace.

Continuo con la divina Imperia. Incantevole, cantata, amata e viziata da potenti e intellettuali dell’epoca, con la tonaca e no, fu molto colta, dette probabilmente una figlia al Chigi. Mori giovane, appena trentenne e la leggenda vuole che si sia tolta la vita per gelosia o dispiacere, ma Pietro l’Aretino la contraddice aspramente e narra la soave serenità della Divina pochi giorni prima della morte per malattia.

E finisco con quella che forse mi è più  congeniale, per libertà di spirito e di carattere che la portarono a fare le sue scelte. Felice della Rovere, l’unica figlia di Giulio II di cui si sappia la vita. Raffaello la dipinse supplice nella Messa di Bolsena. Giulio II beneficò e si servì dei familiari per accorte alleanze politiche, ma ripudiò sempre la sfacciata ostentazione che ne faceva il Borgia. La storia parlò di lei, narrando che fu più e meglio di un cardinal nepote. La sua influenza su Roma perdurò anche durante i pontificati di Leone X e Clemente VII. Il suo matrimonio è descritto in una lettera di Emilia Pio a Isabella di Mantova. Felice della Rovere, che seppe unire in sé intelligenza e saggia amministrazione del potere, dette quattro figli al marito.

  Qual’è il peso della finzione in un libro con basi storiche?

Tanto e importante. Bisogna infilarsi mani e piedi nei meandri della storia e quindi : ambientazione, usi e costumi, linguaggio ecc. ecc. tenendone sempre conto per non stravolgerla, ma dopo usarla come scenografia. Non siamo saggisti. L’inventiva di personaggi e fatti verosimili e interessanti e lo scorrere della trama devono vincere sempre.

  Il primo di una trilogia: dove troveremo la nostra sentinella nel prossimo episodio?

Sempre con Giulio II, ma questa volta al seguito del pontefice dopo la conquista di Bologna.

Bea Buozzi

Potrebbero interessarti anche...