La spia dei Borgia



Andrea Frediani
La spia dei Borgia
NewtonCompton
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Nella Roma dei papi del passato gli intrighi erano all’ordine del giorno. Le congiure e gli omicidi erano tanti quante le aleatorie alleanze che duravano lo spazio di un attimo. I matrimoni erano solo di convenienza e i tradimenti per passione, utilità o peggio noia. Se poi il papa in causa è Alessandro VI , il Borgia e la famiglia di cui si va a scrivere è la sua, allora tutto e il contrario di tutto poteva succedere.  Con un brillante balzo nei secoli dalla Roma imperiale, con La spia dei Borgia, Frediani ci trasporta alla fine del 1400, in quegli ultimi anni del secolo, catapultandoci nel bel mezzo delle divergenze o peggio di quella che forse fu la più celebre e chiacchierata famiglia del rinascimento con questo colto e coinvolgente thriller storico. La spia dei Borgia ha un inizio al contrario: parte dalla fine. Si sa già chi è la vittima. Juan Borgia, duca di Gandia, le affannose indagini sono state svolte, senza mai arrivare a trovare una vera soluzione, e solo da un particolare alla fine, una persona, il papa, arriverà all’amara rivelazione del colpevole. Da qui dunque si riparte, da poche settimane prima quando tutto doveva ancora succedere… Prima della sua scomparsa Juan si era recato a cena da sua madre Vannozza Cattanei, nel suo giardino della Vigna di San Pietro in Vincoli. Una festa alla quale erano presenti quasi tutti i membri romani della famiglia: lo zio cardinale Juan, il fratello maggiore Cesare, anche lui cardinale e il fratello minore Goffredo con la moglie Sancia. Mancava la sorella Lucrezia, in ritiro spirituale al Convento di San Sisto. Gli ultimi a partire sotto buona scorta – Roma di notte è infida – alla fine della lunga serata saranno i due cardinali, zio e nipote e il duca di Gandia. Ma vicino al Palazzo della Cancelleria, Giovanni decide di lasciare gli altri e si allontana. Ha altre mire, vuole una donna. Ha paura? Si è fatto molti nemici ma l’incoscienza e l’impudenza gli fanno scordare il pericolo. Sì certo è accompagnato dalla sua feroce guardia del corpo, che gira sempre con il volto coperto da una maschera , ma quella notte, qualcuno li aspetta al varco in agguato. La protezione del suo coraggio e della sua spada non basteranno. Infatti  i due: padrone e cane da guardia scompaiono. L’allarme scatterà solo il giorno dopo. Alessandro VI, sconvolto, si chiude nelle sue stanze e dà ordine di cercare il figlio dappertutto. Tre giorni dopo, mercé la segnalazione di un barcaiolo dalmata, il cadavere di Juan di Gandia, appena ventunenne, sarà ripescato nel Tevere all’altezza dell’Ospedale degli Schiavoni. Non può trattarsi di aggressione per rapina perché il morto ha ancora la borsa alla cintura con 30 ducati d’oro. Il cadavere presenta nove ferite da pugnale, alla testa, al collo, al corpo e alle gambe. Alessandro VI scatenerà un caccia all’uomo per tutta la città . Ma invano o almeno pare. Giovanni aveva tanti, troppi, nemici, tra cui persino i suoi fratelli Cesare e Gioffrè. Si faranno tante ipotesi, si lanceranno terribili accuse ma i veri aggressori o i mandanti non saranno mai trovati. La ricostruzione storica è ben concepita, secondo una formula che sa trasportare il lettore negli sfarzi e nei segreti del tempo, ricreando un’affascinante ambientazione nel passato, arricchita dai tanti particolari utili a riempire i punti bui. Il ritmo narrativo è veloce, incalzante. Frediani si fa carico anche di tratteggiare senza peli sulla lingua la personalità della vittima di uno dei più celebri cold case della storia: Juan Borgia, duca di Gandia. Una personalità certo non amabile, solo il padre accecato dall’amore gliele mandava tutte buone, un capriccioso e perverso egoista che molti tra quelli attorno a lui avevano buoni motivo di voler eliminare. Anche per questo motivo, non sarà certo facile trovare l’assassino o gli assassini. In un’atmosfera che dire elettrica è dir poco, dove tutti dubitano di tutti, pronta ad esplodere come una polveriera per i tanti interessi personali e politici in gioco, Andrea Frediani rievoca l’angoscia, l’affanno delle ricerche e la disperazione del pontefice. E con l’intera Roma mobilitata per scoprire l’autore del crimine, per allargare il cerchio al massimo, affida il rischioso ruolo di “detective spia” al grande pittore Pinturicchio e alla sua confraternita delle arti governata dal Perugino, invecchiato e geloso dell’allievo di una tempo che ormai l’ha soppiantato a Roma. Una confraternita che metterà all’opera artisti geniali quali Giulio Romano, Filippino Lippi, Piermatteo d’Amelia, Raffaellino del Garbo e persino un giovane Michelangelo Buonarroti, tutti con commesse da eseguire e quindi in grado di entrare nelle case dei signori per lavorare sulle proprie opere e avere l’occasione di spiare e carpire pericolosi segreti. E c’è un uomo mascherato e ferito che potrebbe essere stato testimone del delitto o il suo autore… Chi è e perché si nasconde? Frediani ha saputo regalarci un bella storia, dove verità e fantasia si fondono alla perfezione in un articolato romanzo corale con Bernardino di Betto Betti, noto come il Pinturicchio che da topolino qual è assume con slancio la parte del leone che gli permetterà di scoprire e nascondere con la sua grande arte una terribile verità. Molto apprezzabili per i lettori anche le sue garbate e colte note a fine del libro, che servono a separare la realtà dalla immaginazione.
Il Pinturicchio fu fra i pittori più attivi nella Roma del Papa Borgia. Dopo aver dipinto e abbellito il così detto Appartamento Borgia, tra il 1492 e il 1494, venne richiamato a Roma per decorare il torrione di Castel Sant’Angelo. Finì di affrescarlo, ma questi affreschi furono poi distrutti.

 

 

Patrizia Debicke

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