La vita è un cicles



Margherita Oggero
La vita è un cicles
Mondadori
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Torna al giallo (e perché no?) Margherita Oggero, premio Bancarella 2016, con ‘La vita è un cicles’ (Mondadori) ambientato a Torino, con il ritrovamento di un cadavere in un bar. E passa con agilità dall’era della professoressa a quella del neolaureato precario. Eh già perché  il suo orologio del tempo non si è fermato con Camilla Baudino, impeccabile modello di professoressa inizio anni duemila ed esemplare personaggio rappresentativo di una generazione nata negli anni del boom, ma continua a fluire in fretta, quasi un’onda di piena? Con Massimo, venticinque anni una laurea in Lettere antiche, che per non vivere completamente alla spalle della famiglia, lavora qualche ora la mattina presto all’Acapulco’s, un bar dal nome esotico ma poco frequentato della periferia di Torino e arrotonda scrivendo tesine e tesi di laurea per studenti che hanno altro da fare. Una vita che scorre più o meno normalmente fino a quella gelida mattina d’inverno quando Massimo, all’inizio del turno alle sei del mattino, aprendo la porta sul retro del bar, trova a terra un cadavere con la faccia spappolata. Senza entrare, chiama subito la polizia che arriva in tromba. Il morto è senza documenti.  E naturalmente il “testimone” deve subito affrontare le domande di rito: Sa chi sia? Ha idea del perché sia nel bar? Massimo dichiara di non saperne niente e al suo arrivo neppure Gervaso Trevisan detto Gerry, il figlio del padrone che aveva un banco di frutta e verdura a Porta Palazzo, ma l’ha ceduto per comprare il bar e dare un qualche indirizzo alla vita del figlio, un ragazzotto poco sveglio, più interessato alle grazie della bella Sabrina che a lavorare dietro il bancone… A dirigere le indagini c’è il commissario Gianmarco Martinetto, con la sua squadra, uomo ruvido, un po’ scontroso come la sua città, che all’inizio spera in un caso facile, lontano dalla curiosità dei media ma poi scopre che invece la faccenda è da prendere con le molle, complicata e che deve imbarcarsi in un’indagine in cui le piste investigative si scambiano, mischiandosi. Intanto impronte digitali della vittima non figurano nel casellario giudiziario. La serratura del retro del Acapulco’s è stata cambiata da poco e anche quella della cassaforte è nuova di pacca. Però è vuota. A che serviva? Quel’è il movente dell’omicidio? Gioco? Droga? Denaro sporco? Mafia? Oppure??? Mah?  Però se nel retro bottega di uno dei più squallidi bar di Torino è stato ritrovato un cadavere, qualcuno deve averlo ammazzato. E possibile che nel frattempo che non si riesca a identificare il morto? Insomma, pensa il commissario Martinetto, sembra che per tutti sia uno sconosciuto; ma almeno il suo assassino doveva sapere chi fosse. E chi potrebbe conoscere questo assassino? Certo tra i numerosi personaggi della storia quelli che potrebbero ambire alla scomoda parte di omicida sono parecchi: Massimo, il nostro studente che lavora nel bar, Gervaso detto Gerry, figlio del proprietario del locale; il compagno di scuola che ha presentato Massimo a Gerry; l’evanescente e rissoso fabbro che ha cambiato le serrature; l’affascinante Sabrina amica di Gerry. Non basta, chi è mai la misteriosa femme fatale che avvicina e far perdere la testa a Massimo, ragazzo di famiglia più bravo a concepire tesi e versioni di latino che a sbrigarsela coi sentimenti? Margherita Oggero spia, occhieggia curiosa intorno a sé e, servendosi con garbo e sottile humour dell’intreccio giallo, ci trascina in un carosello di continui mutamenti di rotta e colpi di scena e con i flash di camei sempre azzeccati, ci offre un perfetto ritratto, che ci piaccia o no del mondo quel’è oggi. La vita è un cicles è un romanzo veloce, pungente, sfizioso in cui come sempre la sua Torino si ritaglia un ruolo da protagonista: stavolta però soprattutto  la Torino delle periferie, della clandestinità, del degrado, della convivenza difficile. Una Torino decisamente lontana dalle eleganti vie del centro, quella descritta da Margherita Oggero, in La vita è un cicles. Ma poi sarà un cicles anche questa città con le strade con le buche peggio di Roma, che pare dimenticata dalla politica ma che rappresenta lo stesso un vivace palcoscenico e specchio dei nostri tempi?

La gomma da masticare in piemontese si chiama chiclets, pronuncia rigorosamente cicles. E, per capire da dove sia nato questo nome, bisogna tornare indietro di oltre un secolo (1871), quando l’inglese Cadbury produsse con la marca “Chiclets”, le gomme da masticare che “stanno su tutte le lingue”, come diceva il manifesto che le sponsorizzava.“ Il  suo nome derivava dal “chicle” gomma naturale ricavata dal Manilkara chicle, una pianta tropicale sempreverde originaria del Centro America. In Italia i chiclets arrivarono durante la Seconda Guerra Mondiale portati dagli alleati. In Piemonte l’uso di quel tipo gomma da masticare ebbe larghissima diffusione, tanto da identificare come cicles: chewing gum, cicca e gomma americana. Il nome ha resistito fino ai giorni nostri.

Patrizia Debicke

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