La vita uccide in prosa



Hans Tuzzi
La vita uccide in prosa
Bollati Boringhieri
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S’intitola La vita uccide in prosa il nuovo libro di Hans Tuzzi. Un bel romanzo, niente che dire, ambientato con accurata attenzione narrativa nella Milano degli anni Ottanta, palcoscenico ideale per il commissario Melis (personaggio seriale per Tuzzi), perché insieme alla compagna Fiorenza, rappresenta l’immagine di una borghesia spesso minoritaria, incapace di costituire una solida guida per il Paese non perché le manchino le idee, ma perché in essa gli italiani non si sono mai riconosciuti: Tuzzi appartiene infatti a un ceto laico ma non marxista, liberale ma antifascista, pragmatico ma eticamente molto retto. Ciò detto viene da aggiungere che ancora una volta il libro è ambientato nella Milano da bere tanto di moda negli anni Ottanta e Novanta; un impiegato del Catasto, figura apparentemente grigia e senza alcuna velleità, viene freddato a colpi di pistola nel giardino della sua villetta a schiera; un omicidio apparentemente inspiegabile che ha il pregio di raffigurare la deriva italiana del tempo, quando, usciti dalla lunga e insanguinata stagione dei terrorismi, sembrò che il Paese potesse cambiare. E mentre Melis si chiede se l’omicidio possa appartenere al gesto di un folle o a un tentativo di rapina, emergono circostanze piuttosto inquietanti, nelle quali sarà difficile per il commissario e i suoi, districarsi nella matassa che circonda questa morte più misteriosa di quanto si possa pensare.
Giallo d’autore, è il caso di dirlo, scrittura raffinata e al tempo stesso in grado di catturare il lettore. Gli sviluppi della vicenda seguono passo passo ciò che furono quegli anni edonistici, con gli yuppies che scoprivano il gioco tragico della speculazione finanziaria, e le troppe sensazioni vissute a pelle; ora, con il senno del poi, Tuzzi sembra voler riconsiderare gli anni Ottanta in prospettiva, cogliere l’essenziale e ragionarci sopra, proprio attraverso i suoi romanzi intende smascherare gli intrighi di una città e le malefatte di un Paese. Romanzo sociale? Certamente, considerato che per Tuzzi quegli anni furono cruciali nella nostra storia, anzi, l’omicidio dell’impiegato è pur sempre il discrimine di una buona occasione perduta. Una delle tante.
Hans Tuzzi, si conferma ancora una volta uno dei maggiori giallisti italiani, essendo soprattutto uno scrittore senza snobismi, senza la puzza al naso di coloro che sembrano voler scegliere sempre e comunque la narrativa pop, meglio se autoironica e con qualche scena di sesso di troppo.

Mauro Molinaroli

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