L’alchimista di Venezia



G.L. Barone
L’alchimista di Venezia
Newton Compton
Compralo su Compralo su Amazon

Venezia, 1761. Gerolamo Venier, ricco membro del Maggior Consiglio muore dopo un alterco cadendo dalla finestra del suo palazzo nel Canal Grande. La prima e più logica ipotesi della temuta magistratura veneziana, guidata dal Missier Grande Mateo Mellon, coadiuvato dal capitano degli zuffi di barca, Lodovico von Axel, rimanda a un omicidio passionale. Caterina, la moglie del Venier, era in allegra compagnia. L’amante in carica quella sera, il possibile assassino, è scappato dalla finestra, ma è stato subito identificato quale Eliardo de Broglie, nome d’arte di un certo Filippo Salzar, napoletano che giurava di essere di origini nobili e di avere appreso i segreti dell’alchimia dal celeberrimo Raimondo di Sangro. Ospite di una patrizia veneziana, a cui aveva promesso l’elisir di lunga vita, per suo tramite, aveva conosciuto Elisabetta Corner. L’anziana nobildonna, eleggendosi sua protettrice, l’aveva raccomandato a Marco Foscarini, procuratore di San Marco e a loro lo spiantato truffatore aveva promesso di rivelare il segreto per trasformare il piombo in oro. La polvere che avrebbe dovuto combinare l’affare non aveva ancora funzionato, ma nel frattempo Broglie si era dato da fare con i suoi imbrogli e magie, evitando la prigione. Anche stavolta era riuscito miracolosamente a tagliare la corda, prima attraversando a nuoto il canale e poi dileguandosi per le buie calli vicine. Ma qualcosa, nella ricostruzione ufficiale dell’omicidio, insomma nella certezza di poterlo appioppare a Broglie o a Caterina Venier stride perché secondo un preciso e recente contratto, insomma un testamento, i beni del defunto Venier passano, come integrale restituzione per essersi accollata tutti suoi i debiti, ad Annika Stéphanie Brûlart, contessa d’Aumale, una bella e ricchissima vedova francese, invece di andare alla moglie e quindi alla famiglia. La faccenda non è limpida. Anche perché non è la prima volta che Madame d’Aumale trae identico beneficio dai suoi prestiti a nobili veneziani. Infatti risiede a Palazzo Grimaldi dopo aver ereditato tutto il patrimonio dal defunto a scapito dell’unico figlio Francesco da lei impiegato come bibliotecario e persona di fiducia. Ma Francesco Grimaldi è scomparso e con lui qualcosa che preme molto alla contessa. E infatti Zuanne Sandei, un gondoliere detto Naso, sta cercando Grimaldi, in un’osteria La Furatola de vin . Ma lo strano messaggio lasciato a Zuanne da Grimaldi, un disegno a carboncino, poco dopo gli costerà la vita. L’arma del delitto sembra una daga ottomana. E in porto c’è una nave proveniente dall’Egitto… Però il nome di Madame d’Aumale torna sul tavolo degli inquisitori perché da giorni la contessa aveva assunto proprio quel gondoliere a tempo pieno. Intanto Eliardo Broglie che , ma guarda un po’, aveva trovato rifugio alla Furatola de vin verrà rintracciato dal fedele servitore della contessa. A quel punto, in cambio della copertura fornitagli da Madame d’Aumale, sarà costretto ad accettare le sue pericolose richieste. Broglie dovrà rintracciare Grimaldi e recuperare quanto che le è stato sottratto. Ma il suo si rivela un incarico da far venire i brividi che via via lo piazzerà, come in uno spaventoso gioco dell’oca, a ogni salto di casella, o in balia degli inquisitori della repubblica, o messo sotto torchio dalla contessa, o braccato senza requie da un branco di spie senza scrupoli, al soldo di un gruppo di mercanti turchi. Una lunga, difficile e pericolosa caccia al tesoro che lo porterà a scoprire un’inimmaginabile verità. Esiste un qualcosa in grado di permettere di controllare un marchingegno millenario legato a complessi calcoli di probabilità matematiche, un teorema detto l’Albero delle decisioni, messo a punto dallo stratega Archita che dalla Magna Grecia è arrivato vicino a palazzo dogale… Questo tesoro, apportatore di sventura secondo la Pizia, potrebbe addirittura consentire al suo detentore di cambiare il corso della storia?
Un’ eccezionale ambientazione veneziana, fatta di feste, maschere, abiti da sera, salotti, fumose bettole, calli e speciali situazioni, perfettamente ricostruita che ci immerge nell’ambigua atmosfera della Repubblica in quei tempi. Personaggi ben calibrati, credibili, narrazione rapida e gustosa. Ma attenzione! Non bisogna distrarsi mai, neppure per un secondo, altrimenti si perde il filo. Una storia rocambolesca, con un protagonista che rimanda a un Giacomo Casanova in chiave minore, un po’ più iellato, credulone e farfallone, ma come lui giocatore, apprendista stregone, imbroglione, approfittatore e amante delle belle donne. A conti fatti mi fa pensare anche al venezianissimo Casanova in La sonata dei cuori infranti di Matteo Strukul.

 

Patrizia Debicke

Potrebbero interessarti anche...