Fabiano Massimi – L’angelo di Monaco



Fabiano Massimi,
Fabiano Massimi
Longanesi
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18 settembre 1931: in un elegante appartamento della Prinzregentenplatz di Monaco di Baviera viene ritrovata morta una bella e giovane ragazza. Tutto vorrebbe lasciar pensare che Angelika Raubal, detta Geli, si sia suicidata. Con un colpo al petto sparato con una pistola Walther calibro 6.35 millimetri. L’unico interrogativo potrebbe essere perché l’ha fatto? Eh no, la faccenda non è così semplice come sembra. Intanto il fatto provocherà una specie di terremoto di illazioni sui quotidiani tedeschi locali e nazionali, perché il proprietario dell’appartamento di lusso in cui viveva Geli, suo tutore legale, e suo zio è Adolf Hitler, lo sfolgorante e temuto astro nascente della politica tedesca che molti in Germania speravano, e mentre ancora molti invece temevano stesse per diventare l’indiscusso leader della Repubblica di Weimar, una nazione in preda a una disastrosa crisi economica e sociale. È in questo delicato contesto che l’ispettore Sigfried Sauer, un biondo, altissimo, insomma il classico ariano vagheggiato dai dogmi nazisti, viene delegato dai suoi superiori a indagare con l’appoggio dell’amico e commissario aggiunto Mutti Forster. Ma mentre da un lato si preme per liquidare senza scrupoli l’istruttoria in poche ore, dall’altro Sauer invece riceve precisi ordini o peggio precise minacce che gli intimano di scoprire qualsivoglia verità a ogni costo su quello strano suicidio. E dunque la morte della ventiduenne Geli Raubal era stata un suicidio o un omicidio? E con la porta chiusa a chiave dall’interno se non si trattasse di suicidio il commissario sarebbe davanti a quello che i giallisti definiscono L’«enigma della camera chiusa». Difficile barcamenarsi in una situazione tanto spinosa e in più con il fiato delle SS sul collo. Ma gatta ci cova perché qualcuno pare che voglia cancellare ogni possibile sbavatura o testimonianza in grado di confutare la versione ufficiale. Hitler, accorso da Norimberga appena saputa la notizia, dichiara un alibi inattaccabile per l’ora della morte di Geli. Anche le testimonianze della servitù non farebbero una piega. Eppure c’è qualcosa che stride e Sauer, vorrebbe approfondire. Ma uno dopo l’altro chi sa o potrebbe sapere la verità viene eliminato senza pietà e il commissario Sauer, è costretto a girare a vuoto come un inconsapevole burattino verso l’ineluttabilità del destino e del tradimento di chi lo circonda in una città abulicamente sprofondata in una specie di inquietante e lattiginoso limbo. Fino a quando elementi così tenebrosi da mettere in gioco ogni sua certezza professionale e personale lo spingeranno verso decisioni che potrebbero influenzare lo stesso futuro della democrazia in Germania… L’angelo di Monaco è un romanzo, più precisamente un thriller, storico E dal punto di vista di esattezza storica non posso che apprezzare la colta e meticolosa ricostruzione di Fabiano Massimi nei minimi particolari ambientali e caratteriali dei tanti personaggi reali che attraversano la narrazione. Personaggi storici e ambientazioni che fungono da eccellente causa incidentale e si prestano con slancio a incorniciare e accompagnare e la verità storica attraverso la fiction. Forse non serviva davvero, perché anche stavolta, come spesso accade, la realtà ha superato la fantasia. E tuttavia per il fil rouge che desse maggior sapore narrativo alla realtà del thriller l’autore si è servito ad arte, al fine di coinvolgere ed emozionare il lettore, dei due commissari Sauer e Forster che apposero la loro firma sul rapporto della morte di Angelika, Geli Raubal. Ma chi era veramente Geli? Di lei nel 2017 Paul Roland ha scritto in un libro intitolato “Le donne del Nazismo come “una delle quattro donne care ad Adolf Hitler”. Si sa per certo che Angelika o meglio Geli, come la chiamavano familiari e amici, era nata a Linz il 4 giugno 1908. Aveva un fratello Leo ed erano figli della sorellastra di Hitler. Orfana di padre dal 1910, Geli passò l’ adolescenza a Vienna, dove studiò nel liceo femminile. Quando fu bocciata, la madre la rimandò a Linz da una zia. A 15 anni incontrò in Baviera lo zio Adolf, che era stato nominato suo tutore legale. Nel giugno 1927 ottenne il diploma di maturità. E da quel giorno la sua vita cambiò radicalmente. Aveva 19 anni si iscrisse a medicina all’università di Monaco di Baviera e proprio per questo si trasferì a vivere al n° 16 della Prinzregentenplatz, proprio nell’appartamento in cui abitava anche Hitler. Era una bella ragazza sempre allegra, con i capelli biondo castani, dal carattere indipendente e deciso. Il futuro Führer affascinato, la covava, in modo quasi morboso. La trattava come un innamorato, voleva che lo accompagnasse ovunque e andava persino in giro con lei per i negozi a far spese. Tale atteggiamento fece sì che presto nella società monacense e tra le fila del Partito e negli ambienti dei Reich cominciassero a filtrare voci su un loro intimo rapporto. Geli si era stufata di studiare e aveva lasciato la medicina. Il suo fascino, la faceva circondare da schiere di spasimanti, ma tutti furono respinti dallo zio. Con il passare del tempo il rapporto fra zio e nipote era cambiato completamente; le loro passeggiate nei boschi, le feste spensierate, i picnic sulle sponde del Chiemsee, il mare bavarese, furono sostituite da sguardi lascivi, da frasi sussurrate all’orecchio che facevano arrossire la giovane e da atteggiamenti sempre più restrittivi da parte di Hitler, che ormai considerava la nipote sua proprietà. Le impedì persino di trasferirsi a Vienna per studiare canto. Ormai Geli si sentiva imprigionata in una gabbia, dalla quale però non aveva la volontà di fuggire, perché sapeva di dipendere da quel morboso rapporto con lo zio. Nel 1930 Adolf Hitler fu eletto al Reichstag. Gli impegni di partito cominciarono a portarlo spesso lontano ma quando non poteva farsi seguire dalla nipote, la faceva sorvegliare.. L’ipotesi del coinvolgimento emotivo e sessuale fra zio e nipote era suffragata da diversi fatti, quali dei ritratti fatti da Hitler stesso, in cui la bella Geli, a 21 anni, era stata immortalata in pose “pornografiche”. Da parte sua Angelika era gelosa delle attenzioni che lo zio riservava ad altre giovani donne e in particolare a Eva Braun , giovanissima assistente del celebre fotografo Hoffmann. Forse non sopportava di non esser più il centro dell’attenzione di zio? Voleva scappare, cambiare vita, eppure restava… Nell’ultimo periodo della sua vita a Monaco, confidandosi con Wilhelm Stocker una delle guardie del corpo delle SA a lei assegnate, raccontò di incontri intimi con lo zio e dei suoi gusti sessuali, che definì “nauseanti ed indecenti”. Ma pur di non perderlo assecondava ogni richiesta. Hitler pare fosse ossessionato dal sadomasochismo e dalla pornografia. Nell’intimità si faceva chiamare “zio Alf”, la sculacciava, costringendola a restare a carponi davanti a lui e la faceva accovacciare nuda sulla sua faccia per poterla esaminare da vicino. E peggio… Quella loro relazione malata l’aveva distrutta al punto di volersi uccidere? Pare che Hitler privilegiasse sesso, occultismo e riti magici… Angelika Raubal fu sepolta con una cerimonia ufficiale in un cimitero cattolico a Vienna il 23 settembre, cosa abbastanza strana se la causa della morte fosse stata davvero un suicidio. La tumulazione in Austria evitò ogni rischio di richiesta di autopsia da parte dell’autorità tedesca. Testimoni attendibili dell’epoca dichiararono che Hitler aveva l’intenzione di sposare sua nipote. Teoricamente era possibile: Geli era la figlia di una sorellastra del Führer ma tutta la verità su questa torbida vicenda non la sapremo mai. La natura del loro rapporto è tuttora un mistero. Suicidio o omicidio? Un segreto che solo Geli e “zio Alf” potrebbero svelare. Sullo sfondo di una moribonda Repubblica di Weimar, in cui si avvertono i sinistri presagi dell’avvento della tragedia nazista, L’angelo di Monaco è un’efficace testimonianza, in grado di ridare rispetto e trasparenza a colei che fu forse la prima vittima della propaganda nazista: Geli Raubal.
Fabiano Massimi (Modena, 1977) è bibliotecario alla Biblioteca Delfini di Modena e lavora nell’editoria. È al suo esordio nella narrativa

Patrizia Debicke

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