L’apprendista becchino



Giuseppe Chiara
L’apprendista becchino
todaro
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Folà Scrivia. Aprile 1975. Il 20enne aspirante pittore Silvestro Cacciabue, rimasto orfano, da 16 anni vive con nonna Ines e da 3 amoreggia con Norma, la figlia del sindaco Annibale Scannalupi (PCI, partigiano). L’omone non lo apprezza ma gli trova il precario lavoro di aiuto operatore cimiteriale nel piccolo paesino dell’omonima valle. Sono in due, il titolare e capo è l’istruito spretato puzzolente Anselmo, ubriacone bestemmiatore omosessuale, anche lui partigiano. Nella cassa del mitico Saetta per caso trovano 12 lingotti d’oro; Anselmo vuole tenerseli e cerca un ricettatore, invece quella stessa sera viene ucciso e, prima di morire, scrive col sangue “Silvestro”; il ragazzo scappa al sardo maresciallo muso di lepre e, con l’aiuto del bell’amico macellaio Riccardo (Ricky Elvis), si rifugia alle Case del Salto. Tutto fa ritornare a quanto avvenne sull’Appennino Ligure 30 anni prima. Qualche descrizione minore di troppo, leggibile esordio letterario del progettista spiazzato 59enne Giuseppe Chiara (“L’apprendista becchino”, Todaro 2012, pag. 232 euro 15,50), in prima sul neofita. Menu della vegliarda, successi d’epoca e lirici.

valerio calzolaio

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