L’aria che tira: L’armadio della vergogna – Franco Giustolisi

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L’armadio della vergogna
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Questo libro, che già nell’incipit è un pugno allo stomaco, non sarà facile da leggere fino in fondo, soprattutto se si ha ben presente che nulla, nemmeno le interpunzioni sono invenzione dell’autore.
La storia di Evelina e delle tante vittime come lei, trucidate delle truppe nazifasciste durante le incursioni nei paesi di montagna e nei poveri villaggi sperduti fra campi e boscaglie dell’Appennno, è stata ripresa dai documenti contenuti in fascicoli rimasti chiusi per mezzo secolo in un armadio. Nascosti al mondo e a tutti coloro che ancora oggi invocano giustizia e si chiedono perché in Italia siano di colpo cessate le indagini su quegli eccidi e perché i responsabili, molti dei quali, conosciuti dalle forze dell’ordine a dai concittadini, fossero rimasti liberi di dedicarsi indisturbati alle proprie faccende, di fare carriera, di insediarsi comodamente nelle istituzioni.
Situato in un ammezzato del Palazzo Cesi-Gaddi, sede della Procura generale militare, in via degli Acquasparta a Roma, chiuso a chiave e con le ante schiacciate contro il muro, l’armadio ha custodito per decenni i fascicoli con i nomi dei nazisti e dei fascisti di Salò, responsabili di 2273 stragi brutali che hanno insanguinato il nostro Paese tra il 1943 e il 1945.
Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, Fivizzano, Capistrello, Barletta, Matera… L’elenco dei paesi e dei poveri villaggi rasi al suolo o dati alle fiamme è interminabile come sono interminabili l’elenco delle vittime e le loro storie. Uomini, donne, vecchi e bambini. Civili in fuga dalla guerra. Malati e disabili. Grazie a quell’armadio chiuso a chiave e dimenticato, gli assassini, italiani e tedeschi, hanno goduto di sessant’anni di impunità.
Franco Giustolisi, grande giornalista d’inchiesta scomparso sei anni fa, imbattutosi nel corso di una delle sue tante indagini in quell’armadio, da lui chiamato “l’armadio della vergogna”, è riuscito, con pazienza e tenacia nonostante i molti ostacoli opposti dalla secretazione dei documenti, dai “no” istituzionali e dagli omissis, ad aprir quelle ante, a scuotere la polvere da quei faldoni e a far luce sulle stragi, sui responsabili tedeschi e italiani e sui molti depistaggi che, a partire dal dopoguerra, hanno impedito di portar avanti le indagini dei magistrati, i procedimenti contro li assassini individuati e le inchieste parlamentari, assicurando di fatto l’impunità ai colpevoli e facendo calare l’oblio sulle atrocità commesse.
In riconoscimento del suo impegno civile, gli stata conferita la cittadinanza onoraria di Stazzema e quella di Fivizzano.
Uscito per la prima volta in libreria quindici anni fa, lo scorso ottobre è stato ripubblicato con l’aggiunta delle parti che all’epoca erano ancora sottoposte al segreto di stato e con le prefazioni di Gian Carlo Caselli e Giovanni Maria Flick.
Assolutamente da leggere e da conservare come un prezioso documento che appartiene alla nostra storia. Una storia piena di sangue e di brutalità che oggi, visti i rigurgiti di fascismo e la voglia di totalitarismo che stanno inquinando il paese è particolarmente importante conoscere perché non debba ripetersi mai più.

Adele Marini

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