L’aria che tira: Il segreto – Antonio Ferrari

L’aria che tira. 
A cura di Adele Marini

Sono moltissimi i misteri e segreti che dal dopoguerra in poi hanno gravato e continuano a gravare sul nostro Paese condizionandone la vita politica. In diversi casi, nonostante le indagini e i  processi, si è arrivati alla verità solo grazie agli sforzi di giornalisti d’indagine, molti dei quali hanno perso la vita nel tentativo di svelarli. Milanonera, il portale dedicato alla letteratura noir e non soltanto, ritiene che sia un dovere portare alla luce gli episodi più oscuri, quelli che non è esagerato definire “noir”, che si sono verificati nel nostro Paese inquinando gli anni della Prima, Seconda e Terza Repubblica e condizionando pesantemente la vita dei cittadini, pilotandone le scelte politiche, danneggiando l’economia e la cultura in Italia. L’aria che tira avrà cadenza settimanale e ospiterà via via, saggi e  pamphlet dedicati alle inchieste più scottanti su fatti e misfatti appartenenti sia al nostro passato, sia all’oggi nella sua più stretta attualità, affinché questi sforzi investigativi ottengano l’attenzione e la visibilità che meritano.

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Il segreto
Chiarelettere

Questo libro, apparentemente un classico del genere “non fiction novel” in realtà è molto ma  molto meno fiction di quanto lo stesso autore fosse consapevole mentre lo scriveva e inoltre ha alle spalle una storia bizzarra che vale la pena di ricordare.
Scritto nel 1981 da Antonio Ferrari, grande penna del Corriere della Sera, oggi editorialista e commentatore politico, su incarico preciso di Salvatore Di Paola, numero tre della Rizzoli dopo Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din, è rimasto impubblicato per misteriosi ordini superiori perché raccontava in chiave romanzesca quello che allora e fino a pochi anni fa non si sarebbe potuto non solo raccontare, ma nemmeno immaginare, riguardo al sequestro e all’assassinio del presidente del Consiglio Aldo Moro. Ma che oggi, grazie soprattutto a grandi inchieste giornalistiche, è diventato storia condivisa.
Una pagina sporchissima del nostro passato, l’omicidio di Moro e della sua scorta.  Il Segreto fu bloccato, nonostante fosse stato scritto in forma di romanzo e su commissione, perché quando fu ultimato erano stati da poco scoperti gli elenchi e le trame nere della P2, la loggia segreta fondata e guidata da Licio Gelli con finalità eversive, alla quale, come si è saputo molti anni dopo, erano iscritti anche i vertici del Corriere della Sera. E, guarda caso, la P2, della cui esistenza Antonio Ferrari all’epoca  non poteva essere a conoscenza, non fu affatto estranea all’intrigo internazionale che decretò la morte di Aldo Moro.
«In questo romanzo, pur cambiando nomi e luoghi, avevo riversato tutto quello che sapevo sul terrorismo in generale e sulle Brigate Rosse in particolare, frutto di inchieste sul campo e di confidenze riservate.» Ha scritto nella postfazione l’autore che, negli anni in cui gli italiani erano arciconvinti (e la maggioranza lo è ancora oggi) che le Br fossero un fenomeno solo italiano, nato da una costola del PCI (“compagni che sbagliavano”), aveva scoperto quello che a certi vertici era già chiaro e che avrebbe dovuto restare segreto .
Ma questo libro, che si legge d’un fiato come una spy story, ha anche un altro grande pregio e lo rivela l’autore.
«I giovani che in quegli anni non c’erano, scopriranno che cos’era l’Italia di allora, il terrorismo, la rabbia di chi si sentiva escluso, le aspre battaglie politiche, le maldicenze, la paura. Gli altri troveranno qualche risposta alle tante domande che già allora ci eravamo posti.»
Dal tempo, di quelli anni turbolenti, silenziati da troppe timbrature “Segreto di Stato”, nascosti sotto troppi omissis e travisati da depistaggi, è passata molta acqua sotto i ponti. Qualche segreto è caduto e alcune porte di sono aperte grazie a magistrati coraggiosi e a giornalisti “verticali”, cioè non disposti a piegarsi davanti alla politica e alla convenienza personale. Oggi che molte cose sono più chiare, un editore si è ricordato di quel libro e lo ha strappato all’oblio a cui era destinato pubblicandolo integralmente, senza tagli né rivisitazioni né aggiunte e tantomeno censure.
Sarà sorprendete fare raffronti fra quello che Antonio Ferrari aveva scoperto e intuito e quello che si sa oggi, dopo innumerevoli processi, commissioni parlamentari, testimonianze, memoriali e confessioni di brigatisti pentiti, su quello che realmente accadde a Roma quel mattino del 16 marzo 1978. Soprattutto sarà sorprendente scoprire quello che nel 1981 già si sapeva ma che per decenni si è ostinatamente negato: ossia che l’affaire Moro non fu affatto un caso italiano, ma il frutto di un intrigo internazionale ordito sul nostro suolo da varie potenze straniere, non escluse quelle dell’Est.
«Tanti dettagli che [allora] sembravano  indimostrabili e figli della dietrologia», spiega l’autore, «purtroppo o per fortuna si sono dimostrati veri. Fu davvero un orrendo complotto, che oggi non fa più paura raccontare o, forse, ne fa molta meno.»
I protagonisti del romanzo, come in ogni non fiction, hanno nomi di fantasia, mentre i fatti, per ragion di opportunità,  sono stati spostati a Milano, ma molti personaggi sono perfettamente riconoscibili. Resta da domandarsi come facesse l’autore, nel 1981, a sapere chi fossero, come agissero e da chi fossero guidai i brigatisti. Basti un dettaglio per tutti: il profilo dell’istituto  KYRIE, che nelle pagine del libro dirigeva da Parigi la lotta armata in Italia, combacia perfettamente con la scuola di lingue Hyperion, fondata a Parigi nel 1977 dai membri del cosiddetto “super clan”, tutti personaggi della sinistra extraparlamentare, allo scopo di dare copertura a terroristi e a servizi segreti impegnati in operazioni di terrorismo anche tramite succursali aperte in Italia.
Assolutamente da leggere per gettare quello sguardo sul passato che è e sarà sempre la sola chiave di lettura per capire l’oggi .

 

Adele Marini

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