Paolo Zardi – L’invenzione degli animali



Paolo Zardi
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Lucia e Patrick, Marianne e Tibor sono quattro menti brillanti. Giovani iperlaureati selezionati dalla multinazionale più grande del mondo, la Ki-Kowy, insieme a decine di geni in nuce, come loro, affinché producano idee innovative per il bene di un’umanità al declino, afflitta da conflitti insanabilli che richiedono la continua edificazione di barriere invalicabili. Idee applicabili a ogni campo dello scibile umano.
Ambientato in un futuro molto prossimo, cioè avanzato solo di poche decine di anni rispetto all’oggi e quindi confondibile con il tempo in cui viviamo, anche perché parte da solide basi scientifiche e tecnologiche già acquisite, questo romanzo prospetta scenari tanto più inquietanti in quanto possibili e verosimili. Questo, grazie alla narrazione delicata e asciutta, priva di quel catastrofismo che è tipico dei romanzi ambientati nel futuro, ma sottilmente e decisamente profonda. E grazie anche a un ‘attenzione quasi maniacale dell’autore alla verosimiglianza.
In altre parole, tutto quello che succede nelle pagine del romanzo, alle stesse condizioni potrebbe succedere nella realtà del nostro presente.
Difficile accorgersi dell’ orrore che si nasconde dietro parole consuete e rassicuranti, perché l’autore si limita a seguire i protagonisti nella loro quotidianità scandita dalle regole di vita, di comportamento e di impegno, imposte dalla onnipotente e onnipresente K-Kowy. E non si tratta di regole oppressive, che limitano la libertà professionale dei giovani ricercatori, tutt’altro. Sono vincoli sanciti da contratti di lavoro non troppo dissimili da quelli che ogni scienziato sottoscrive con le aziende che producono tecnologia avanzata, ovvero impegno alla segretezza, fedeltà all’azienda, disciplina nel rispetto degli orari di lavoro, eccetera. Niente di impossibile. E infatti i ragazzi sono più che felici di accettarle avendo in cambio risorse illimitate per portare avanti i progetti scientifici assegnati a ciascuno, e senza più l’assillo della quotidianità perché la K-Kowy provvede a risolvere qualsiasi problema pratico.
Tutto va a gonfie vele, dunque . Dopo un periodo di apprendimento durante il quale le due coppie hanno vissuto in appartamenti vicini, assegnati dalla società in una città europea, vengono separate e inviate in paesi diversi, presso nuove strutture di ricerca.
Patrick e Lucia hanno la fortuna di essere considerati una coppia ed essere trasferiti insieme a Parigi, in un appartamento vicino alle macerie di Nôtre Dame (e già questa precisazione getta uno sguardo allarmante sul futuro prossimo immaginato dall’autore. Un futuro da day – after, un po ‘ come quello prospettato da George Orwell in 1984). Lavorano in campi distinti e tutto va bene fino a quando Lucia, che a Parigi lavora su un progetto di ibridazione genetica che ha come obiettivo quello di realizzare organismi animali geneticamente modificati che, allevati su scala industriale, forniscano esseri donatori di organi, non coglie, nella sua agghiacciante realtà, tutta la mostruosità del progetto nel suo insieme.
La domanda di fondo che qui è d’obbligo è: che genere di umanità potrebbe nascere da una simile aberrazione, che contrabbanda il peggior egoismo utilitaristico, mirato ad assicurare potere e ricchezza a pochi, come progetto umanitario? E l’etica che governa le interazioni fra uomo e animale avebbe ancora senso?
Inutile dire che le perplessità di Lucia, a cui fanno da contrappeso gli entusiasmi acritici del compagno Tibor, in un crescendo di tensione narrativa che sfocia nell’aperta ribellione, tengono avvinto il lettore fino all’ultima pagina.
L’invenzione degli animali è un romanzo che gli appassionati di thriller tecnologici non possono assolutamente perdere.

Adele Marini

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