Commedia nera nr. 3. L’atroce delitto di via Lurcini – Francesco Recami



Francesco Recami
Commedia nera nr. 3. L’atroce delitto di via Lurcini
Sellerio
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Provate a svegliarvi una mattina con il vestito e le mani insanguinate, un coltellaccio pure ricoperto di sangue accanto a voi e altre prove evidenti di un fatto sanguinoso. Ė quello che succede al protagonista dell’ultimo romanzo di Recami, Franzes, un ex imprenditore finito in bancarotta e diventato in seguito il boss di una comunità di emarginati stanziata all’interno di un edificio fatiscente di fronte alla stazione fiorentina di Santa Maria Novella. Il problema di Franzes è che non ricorda nulla di quanto è successo la sera prima (anche perché è un ubriacone inveterato), ma il suo terrore si amplifica quando scopre nel suo giaciglio altre prove inconfutabili di un orribile delitto avvenuto in città. E dal momento che i guai arrivano sempre in compagnia, un celeberrimo artista internazionale ha deciso di allestire il suo spettacolo sui diseredati proprio all’interno della comunità su cui Franzes governa con pugno di ferro e vellutata astuzia. Questa volta, però, il nostro sarà costretto a trasformarsi in sindacalista per controllare la situazione e ottenere quanto più possibile dai danarosi sponsor finanziatori del progetto. Ma saranno molti gli imprevisti e gli ostacoli che Franzes si ritroverà ad affrontare.
Lasciamo al lettore la scoperta dei fantasiosi espedienti cui il protagonista farà ricorso per risolvere ( o illudersi di risolvere) i suoi guai. L’atroce delitto di via Lurcini ha un debito di composizione, come Recami stesso comunica al lettore, nei confronti di una commedia di Eugène Labiche, ma sono del tutto originali, oltre al finale per nulla consolatorio, la ferocia icastica, lo scenario grottesco e la spietata verosimiglianza con cui l’autore mette in scena i suoi personaggi, che altro non incarnano se non la darwiniana lotta per la sopravvivenza da un lato, quella dei diseredati che ruotano intorno al picaresco protagonista, e dall’altro la presuntuosa vacuità del conformismo borghese, sociale e intellettuale (luciferina la ridicolizzazione dei due Artisti, uno col cognome di un calciatore, l’altro di uno sprinter), che corrode nelle fondamenta ogni possibilità di una società più equa e più umana.
Si sente nelle sulfuree pagine di Recami l’eco dell’umorismo paradossale di Achille Campanile, che l’autore ha però impregnato di un personale spietato sarcasmo, senza indulgenza per alcuno.
L’umanità che Recami dispone sul palcoscenico, a partire dal farabutto Franzes per giungere allo ieratico Maestro, ridicolo nella sua imbecillità estatica, appartiene al mondo in cui ogni giorno siamo costretti a camminare, mondo del quale, in apparenza, lo scrittore nulla e nessuno salva.
Ma, proprio nel vortice nero e grottesco delle varie vicende in cui emarginati, normali e potenti sono sbattuti, si intravede l’ indignata tensione etica dell’autore. Ė un pessimismo cosmico, quello di Recami, leopardiano, e condivide con il poeta di Recanati l’identica aspirazione al bene, al giusto, all’umano, la cui realizzazione da parte  degli uomini è razionalmente negata, ma intimamente rimpianta e desiderata.
Seguendo un climax dapprima lento poi incalzante, il giallo giunge a una conclusione su cui il lettore avrà molto da meditare e da interrogarsi.

Donatella Brusati

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