Lazarus – Ecco cosa ci ha raccontato Lars Kepler!

Benvenuto a Lars Kepler, che in realtà sono due: i coniugi Alexandra e Alexander Ahndoril
Li avevamo già conosciuti e apprezzati per la loro simpatia e disponibilità un paio di anni fa quando parteciparono al Nebbiagialla Suzzara Noir Festival. MilanoNera ha avuto il grande piacere di rincontrarli e parlare con loro a Como per il Noir In Festival dove hanno presentato il loro nuovo libro Lazarus, già in cima alle classifiche di vendita.
È stata una chiacchierata piacevole e siamo stati ben attenti a non rivelare troppo e a non a fare spoiler che potrebbero rovinarvi la lettura di questo bellissimo thriller. Potete leggere questa intervista senza alcuna paura: quella tenetela tutta per Lazarus!

download (1)Ciao e ben ritrovati.
Come suggerisce il titolo, nel vostro nuovo libro Lazarus c’è qualcuno creduto morto che ritorna inaspettatamente. Come mai questa scelta di riprendere un personaggio già apparso in un libro precedente?
Noi abbiamo sempre saputo che non era morto, aspettavamo solo il momento giusto, l’ispirazione per la storia adatta al suo ritorno. E quel momento è finalmente arrivato.
Perché Jurek Walter è sempre stato presente come un ombra in tutti i libri, anche ne L’ipnotista. Ma abbiamo aspettato finché non abbiamo capito che era giunto il momento del confronto, il momento in cui il passato di Joona Linna torna a perseguitarlo.

E’ una scelta quella di lasciare sempre una porticina aperta, un conto in sospeso alla fine di ogni vostro libro,così da avere la possibilità di usare uno o più personaggi in una nuova storia?
Noi chiudiamo la storia di ogni singolo libro, in modo che il lettore sia soddisfatto, però certo noi sappiamo come vanno veramente le cose e quindi….qualche sorpresa è sempre possibile.

Non vi fermate davanti a nulla e non risparmiate nessuna emozione ai vostri lettori. Le vostre storie sono molto dure anche e soprattutto dal punto di vista psicologico. Nel libro ci sono scene forti e dolorose. Descrivete parecchie delle paure più comuni. Sono anche le vostre? Chi è il più “spietato e cattivo” di voi due?
Ogni scrittore usa le proprie paure. Scriviamo di quello che temiamo di più e credo che questo sia anche un modo per imparare a gestirle e forse esorcizzarle.
E credo che questo sia anche il motivo per cui poi i lettori amano questo genere di libri. Entri un un mondo orribile e spaventoso ma sai per certo che ne uscirai una volto chiuso il libro. È una sorta di patto col il lettore: ti morto in un mondo oscuro, ma te ne faccio anche uscire. Abbiamo lo stesso patto anche con Joona.. (ridono), deve portarci fuori da questi labirinti oscuri.

Tutti abbiamo delle “catacombe”dentro di noi, luoghi inaccessibili che non riveliamo a nessuno?
Sì, sicuramente. E siamo convinti che a volte noi stessi non ce ne rendiamo nemmeno conto fino a quando qualcosa o qualcuno scoperchia quei luoghi segreti.

Scrivere è un modo per portarli alla luce?
Assolutamente sì. Quando scrivi devi essere sincero con te stesso. È una ricerca interiore che compi. C’è sempre la tentazione, l’istinto di proteggere i personaggi a cui tieni così tanto, però se lo facessimo non sarebbe un buon libro. Devi invece spingerli in queste situazioni anche se sono dolorose per te e per loro.

47576402_2396799877014798_6983767799986388992_nDurante la scrittura di un libro, ci sono momenti in cui litigate o discutete?
Non litighiamo, ma spesso capita che non la pensiamo allo stesso modo. Anche se stendiamo una scaletta dettagliata della trama, con ogni singolo passaggio, nel momento in cui ci sediamo per scrivere capita che ci siano punti di vista diversi. Per esempio io scrivo un pezzo, lo mando via mail ad Alexandra e quando mi torna indietro è molto diverso da come lo avevamo pianificato, quindi lo cambio e glielo rimando e via così… Devo dire che, se anche questo capita spesso, non porta da nessuna parte. Risolutivo è sempre il dialogo, parlarne e decidere insieme cosa è meglio per la storia.

Via mail? Vi mandate i pezzi via mail?
(Ridono) Sì.

Quando scrivete, lei è più brava nel…lui è più bravo nel..
Alexander è bravissimo coi dialoghi. Quando scrive un dialogo,me lo manda via mail , io scrivo qualcos’altro e glielo rispedisco e via così. Ogni tanto lo sento anche che li rilegge ad alta voce, recintandoli per vedere se funzionano. Poi sai, sul tono dei dialoghi spesso incide anche il tuo umore in quella giornata( … ridono)

La trama di Lazarus a un certo punto si divide in due parti, da una parte Joona e dall’altra Saga. Si è divisa anche la vostra scrittura?
No, noi scriviamo ogni singola parte insieme. Crediamo non ci sia una singola frase in tutto il libro che non sia spassata tra le mani di entrambi. Facciamo insieme tutto: le ricerche, la scaletta e ovviamente la stesura del libro.
In questo libro è stato molto bello e interessante per noi avvicinarci così tanto ai personaggi di Saga e Joona.

Nel libro descrivere un sacco di luoghi. Conoscete e visitate tutti i posti che poi descriverete nei libri?
Sì, di solito sì…

Anche i Club Hard Rock clandestini?
(ridono) sì, certamente, ci è andato Alexander.
A volte capita che usiamo luoghi che conosciamo o in cui siamo stati, per esempio in Lazarus parliamo di Parigi. Ci siamo stati molte volte e non abbiamo dovuto ritornarci per quello che ci serviva in questo libro, ma se non è così, sì, ci andiamo.

Nel libro ci sono parecchie frasi e situazioni che toccano alcuni tempi caldi della nostra società: il bullismo, la diversità, l’handicap. il sessismo, la discriminazione. Anche un thriller può servire per sensibilizzare?
Questi sono problemi che accadono qui e ora e quindi è giusto ed inevitabile che entrino anche in un libro che è ambientato ai giorni nostri.
Crediamo che un libro di fiction sia un ottimo posto ove mostrare e discutere delle pecche e dei mali della nostra società: la mancanza di pietà e di compassione per esempio. Anche se il fine ultimo dei nostri libri è sempre quello di avere un storia il più intrigante ed eccitante possibile, non dobbiamo dimenticare che la storia deve anche riflettere la società in cui viviamo.

IMG-20181206-WA0008In Lazarus citate due libri, la biografia di Keith Richards e l’amica geniale di Elena Ferrante. Li avete letti?
Sì, entrambi e ci sono piaciuti molto. La Ferrante è famosissima in Svezia.

Non posso rivelare nulla sulla trama, quindi mi sono concentrata su alcuni piccoli dettagli che mi hanno colpito: ma lo sapete che in Svezia bevete un sacco di vino…dai brick? Bottiglie mai?
( ridono) Hai ragione! Devi sapere che i brick di vino sono molto popolari in Svezia: sono più semplici e comodi. E puoi anche trovare vini di buona qualità. Certo non quelli rinomati. Li usiamo solo a casa però, nei ristoranti trovi ovviamente solo le bottiglie.

Proprio all’inizio del libro riportate alcune barzellette sugli svedesi raccontate da un norvegese. Gli svedesi sono le vittime preferite delle storielle norvegesi proprio come noi usiamo i francesi o i tedeschi?
Sì. Sono assolutamente vere, Però forse è più comune il contrario, noi che prendiamo in giro i norvegesi.

C’è una frase che mi ha fatto sorridere. Joona ad un certo punto insegna alla figlia” come orientarsi in assenza di luce applicando semplici regole di trigonometria alle torri di trasmissione visibili”. Modo semplice? State scherzando, vero?
( ridono) Alexander: è facile, tu non lo fai? Seriamente, è davvero semplice, è lo stesso principio che si usa in mare con le stelle.

Poi ho scoperto che in Svezia guidate a forte velocità anche in mezzo a tremende bufere di neve. Volete venire a Milano quando piove?
(ridono) Ci siamo abituati. In Svezia c’è molta neve.

È vero che in Svezia ci sono più di 65000 bunker?
Sì, risalgono al tempo della guerra fredda,. Durante quegli anni, data la vicinanza con la Russia, la paura per una possibile guerra era altissima. La minaccia sembrava incombente. Quando eravamo piccoli, a scuola, ci facevano fare spessissimo le prove di evacuazione per fuggire nei bunker. I bunker fanno parte dei nostri ricordi di infanzia, ce n’erano ovunque. Credo che ora alcuni siano stati convertiti in parcheggi sotterranei.

Lazarus è un vero page-turner. Thriller e adrenalina si rincorrono nelle pagine. In cosa vi sentite più vicini alla tradizione crime/thriller anglosassone e in cosa a quella nordica?
Ah, è difficile per noi rispondere perché per farlo dovremmo guardarci dal di fuori, come un osservatore esterno. Probabilmente siamo una combinazione delle due.
Credo che Lazarus sia il nostro libro migliore sino ad ora perché abbiamo imparato come costruire e scrivere una storia che tenga il lettore avvinto e sotto pressione. Siamo convinti che in questo percorso ci abbia aiutato la nostra precedente esperienza di scrittori in generi diversi. Col tempo abbiamo acquisito gli attrezzi necessari per creare questa “pressione”

IMG-20181206-WA0005Cosa scrivevate prima, nelle vostre carriere “ da solisti”?
Alexandra: io scrivevo romanzi storici.
Alexander: io scrivevo letteratura moderna, libretti per opere, drammi per il teatro..

Quando avete pensato di scrivere insieme e perché un thriller?
Cosa è nato prima, la trama, un personaggio?
Entrambi volevamo provare qualcosa di nuovo e la prima cosa che è venuta è stato il nome Lars Kepler, in omaggio a Stieg Larsson e Keplero. Come abbiamo trovato il nome abbiamo immediatamente saputo cosa avrebbe scritto: un thriller!

Cosa vi spaventa?
La mancanza di pietà e comprensione

C’è un argomento che non tratterete mai?
L’unico limite che ci poniamo è nella ricerca: se c’è qualcosa in cui non vogliamo addentrarci, qualcosa che non ce la sentiamo di approfondire solo per scrivere un libro, beh, allora non ne parleremo mai. La pedofilia , per esempio.

MilanoNera ringrazia Lars Kepler, la Longanesi e l’organizzazione del Noir In Festival per questa piacevolissima chiacchierata.

Cristina Aicardi

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