Le grida nel cuore – Massimiliano Albicini



Brè Edizioni
Le grida nel cuore

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La mente umana è fragile e facilmente influenzabile. Vede cose che non ci sono e si tormenta per fatti mai accaduti. O al contrario decide che tutto quanto immagina sia ferocemente reale e quel punto i tomenti e le angosce finiscono per influenzare anche il corpo e le azioni dell’essere umano.
Ne Le grida nel cuore non ci sono personaggi con malattie mentali vere e proprie, anzi, i protagonisti sono belli, giovani, realizzati e con una grande voglia di mettere su famiglia. Ci provano e ci riprovano, ma il figlio tanto desiderato sembra proprio non volere arrivare. Eppoi, finalmente il miracolo: Sara resta incinta di una bambina. Suo marito Michele è emozionato e felice quanto lei e nel momento in cui nasce Miriam, sana e bellissima, la loro famiglia e la loro vita di coppia è completa.
La tragedia, in realtà, è dietro l’angolo e quello che succede dopo la scomparsa di Miriam dà vita a una serie di accadimenti tanto drammatici quanto irreali che si consumano sotto gli occhi impotenti del lettore. Michele si trasforma, urla il proprio dolore, ma lo fa nella maniera più sbagliata possibile ottenendo così l’effetto contrario e passando dalla misericordia alla commiserazione.
Lo considerano pazzo, allucinato, delirante.
L’autore è bravo proprio in questo. Nel presentare tutte le fasi della psiche e dell’animo tormentato del protagonista di affidare a lui e solo a lui la maggior parte dei risvolti e delle azioni determinanti della trama.
Una narrazione con un doppio registro che parte in maniera scialba e banale con descrizioni di villette borghesi sulle colline toscane per crescere a metà del libro e concludersi in un finale più che azzeccato.
Detto questo, i mostri mangia anime e figure affini solo se si è Stephen King però.
Altrimenti si perde del tutto di credibilità. Ed è un peccato perché in realtà Massimiliano Albicini non sembra essere proprio a corto di idee e forse se non avesse voluto puntare così in alto lo scheletro narrativo del romanzo avrebbe sicuramente retto.
In più, ovviamente, c’è la sua scrittura ancora troppo acerba per il fantasy che è un genere che acquista autenticità solo si è fatto davvero tanta gavetta, il racconto in prima persona poco si adatta a questo genere, ad esempio. E infatti i più esperti non lo usano mai.
In poche parole possiamo dire che la prova generale è quasi riuscita. Aspettiamo l’autore nei prossimi lavori.

Antonia del Sambro

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