Legami del passato – capitolo 4

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Capitolo 4

Con la porta ormai alle spalle, terminata la visita ed ottenute tutte le informazioni possibili, Michele e Filippo si erano avviati verso il cancello della villetta, quando una voce li aveva raggiunti alle spalle.

“Michele!” più che una voce decisa, un sussurro.

I due si erano voltati e si erano trovati di fronte alla moglie dell’uomo, che tanto generosamente li aveva accolti poco prima.

“Ho pensato che una fetta di torta potreste portarvela a casa. Voi giovani siete sempre così di corsa. Mangiate ormai solo cibi in scatola.” aveva soggiunto con tono di scherzoso rimprovero.

“La ringrazio -” aveva risposto Michele, prendendo tra le mani il pacchetto “- in effetti è da tempo che non assaggiavo niente di così buono come la sua torta.”

L’anziana donna aveva sorriso per il complimento sincero, ma qualcosa la tratteneva, non accennava a lasciarli andare. Era come se aspettasse qualche cosa.

“Bene” aveva detto Filippo “Se è tutto, direi che ora…”

“No, aspettate” lo aveva interrotto lei “Michele…” mormorò ” Ecco, c’è qualche cosa che credo dovresti sapere. Mio marito non era d’accordo, ma … in fondo se sei arrivato qui da noi, forse … Ecco, credo che anche tuo nonno te ne avrebbe parlato prima o poi”.

“Mio nonno? Quindi lei sa qualche cosa! ” aveva esclamato Michele.

“Sì, vista la tua insistenza prima nel chiedere chi fosse la ragazza nella foto, ho intuito che tu sapessi qualche cosa di Anja” aveva spiegato veloce la donna.

“Anja? Lei sa chi è Anja? ” incalzò Michele.

“Sì, o meglio, sapevo chi fosse realmente Anja” aveva rivelato con sguardo triste.

“Non credo fosse una cugina di mio nonno, questo è certo.” rispose Michele “Non l’avevo mai vista prima”.

“Infatti.. quella ragazza; ecco, si stava nascondendo nel nostro piccolo paese di provincia. Era fuggita dalla sua città, sola, spaventata, e in quelle condizioni. Tuo nonno l’aveva trovata che vagava come un’incosciente spaurita per la campagna, e non aveva esitato un attimo a portarla tra di noi, anche se-”

“Anche se?” s’intromise Filippo.

“Ecco, dovette inventare quella storia della cugina. Non tutti l’avrebbero accolta benevolmente se avessero saputo che -”

“Che?” fece nuovamente eco Filippo, che non amava aspettare. “La ragazza era ebrea. Tutta la sua famiglia era stata portata via in quell’orribile posto, sapete no? Anche il marito non era morto in guerra, come aveva raccontato. Dovevate sentirla piangere ogni notte, aveva gli incubi pensando a lui, era terrorizzata per la bambina che doveva nascere. Non c’era giorno che non temesse di essere scoperta. Naturalmente” continuò la donna “tuo nonno dimostrò la più grande generosità, com’era nel suo carattere Michele.”

“Sì, lo so” disse Michele “il nonno aiutava sempre chi era in difficoltà senza chiedere nulla in cambio. Per lui era il senso stesso di essere al mondo, essere solidali”.

“Già. E durante la guerra era difficile, te lo assicuro. In tanti, in troppi, hanno perso la loro dignità umana, come vittime o come carnefici. E anche tra noi, Michele, lo ricordo ancora, c’era chi non ce la faceva più a sopportare quell’inferno. Era troppo. Eppure sapevamo che tutto quello doveva finire prima o poi e dovevamo farci forza, aggrapparci l’uno all’altro: Ma a volte non bastava. Michele, credimi” lo guardò con convinzione la donna “tuo nonno ha fatto tutto il possibile. E’ stato solo un tragico volere del destino. Lui non aveva niente di cui rimproverarsi” concluse.

“Di cosa parla? Di Anja?” chiese Michele, emozionato dall’essere vicino alla risoluzione del mistero.

“La portarono via mentre lui non c’era” quasi pianse la donna al ricordo.

“Una carogna aveva capito, e l’ha venduta!” sbottò Filippo.

“Sì, qualcuno aveva capito…o saputo; eravamo pochissimi a sapere la verità. Qualcuno ci ha traditi e l’ha consegnata ai soldati. E’ stato terribile perché lei non guardava nessuno, non voleva coinvolgerci, non ha fatto nomi. Quando l’hanno portata via io…” la donna era visibilmente commossa “…tenevo in braccio sua figlia che era nata qualche giorno prima.”

“La bambina della foto!” esclamò Filippo.

“Quella foto l’aveva scattata tuo nonno poco tempo prima dell’accaduto…Quasi una premonizione, povera ragazza. Anja gliela aveva regalata, dicendo che se mai le fosse successo qualche cosa, la bambina andava nascosta e quella foto avrebbe permesso loro di riconoscersi se mai si fossero incontrate finita la guerra, Michele” continuò l’anziana signora “Tuo nonno non si è mai perdonato di non essere stato presente quel giorno.” si interruppe.

“Per tutta la vita non ha fatto che cercare Anja e quella bambina” concluse.

E’ tardi.

Anche se sono solo le quattro del pomeriggio e, visto che per pranzare è tardi, considera quella la sua colazione.

Lo stomaco in effetti ha appena iniziato a funzionare di nuovo, forse grazie alla violenza della correzione del caffè. Un nuovo risveglio del suo corpo, dopo la turbolenta mattinata buia. Decide di pagare, spostarsi e tentare di capire cosa in realtà si trova tra le mani. Per fortuna il suo appartamento non è così lontano dal bar. Pochi minuti dopo scende dalla Vespa e sale in casa con la busta sotto il braccio.

Sa che è arrivato il momento delle congetture, quindi prende il block-notes e, mentre lo fissa pensando a come riempirlo, istintivamente cerca nella tasca della camicia la penna blu…”Ah già, chissà dov’è…” poi, come un flash gli viene in mente che quello era stato uno dei primi regali importanti di suo nonno: “Porca miseria!” urla tra sè “Non può essere solo una coincidenza”.

Il block-notes bianco attrae di nuovo la sua attenzione e, dimenticatosi del regalo del nonno, presa un’altra penna, inizia ad annotare con ordine ciò di cui è in possesso:

-un sogno confuso alla ricerca di una persona;

-un foglietto macchiato con numeri e lettere: un numero di cellulare e un indirizzo incompleti;

-Filippo è morto, a quanto pare strangolato, secondo quella singolare guardia medica;

-il cellulare di Filippo, con il quale lui voleva rintracciarlo;

-la busta gialla.

Si sente come quelle mattine di Pasqua di tanti anni fa, quando doveva aprire ogni uovo e scoprire di che tipo di sorpresa si trattasse, se una di quelle piccole ed insignificanti con le quali non ci si fa nulla o una di quelle bellissime con cui si gioca per settimane.

Non rispetta la scaletta e inizia dal cellulare, un vecchio modello dallo schermo verde. Apre il menù sul registro chiamate e controlla chi ha contattato o tentato di contattare Filippo recentemente. Il telefono però non è in grado di fornire l’ora della chiamata effettuata. Appare:

– barba-Michele
– Angel:p
– Mastro birraio
– barba-Michele
– Alberto
Seguono poi altri numeri di cui non riconosce né il nome né il soprannome dei relativi proprietari.

Prova un momentaneo senso di tristezza nel ricordare il semplice e un po’ volgare umorismo di Filippo, che una strana teatralità nelle discussioni serie accompagnava ovunque andasse. Sorride nel vedere, salvato in memoria, il numero di una birreria e di seguito quello di Alberto, un compagno di bevute dal quale non ci si poteva mai aspettare nulla di buono.

Ma non appena capisce che Angel, seguito dalla linguaccia è Angela, si rende conto che è accaduto qualcosa di cui non sapeva nulla. Quei due non si parlavano quasi mai, più che altro per la strana repulsione che le donne in generale provavano per Filippo.

Questo poteva solo significare che Filippo aveva fatto uno scoop. Angela era la giornalista della compagnia, o almeno cercava di esserlo; le risultava difficile trovare un impiego senza una spinta politica e quindi sfruttava la sua vicinanza alle tragedie giovanili per vendere i suoi articoli al primo giornale che li accettava.

Naturalmente quella chiamata poteva anche significare che Angela non era stata abbastanza dura con Filippo, quando gli aveva spiegato che non poteva esserci nulla tra loro due. Ma questa era acqua passata, qualcosa di remoto. Angela non si fa fraintendere. E Filippo era pur sempre Filippo. L’ultimo numero risulta proprio il suo, di lui, Michele. Pur non essendo sicuro del fatto che fosse stato proprio lui a chiamarlo quella mattina, questa coincidenza gli risulta un duro colpo.

Le chiamate in entrata invece sono poche, forse perché quelle non registrate provengono da numeri privati:
– barba-Michele
– Mamma
– Papà
– Casa vecchi
– barba-Michele
– Alberto
Si sente ancora rattristare da quella monotonia nella vita del povero amico e gli salta in mente che sarà poi il caso di andare a trovare i suoi genitori, per portare loro le sue condoglianze.

In questa lista risulta, però, anche l’ora delle chiamate: tutte risalgono al giorno precedente che, a causa dell’amnesia, è praticamente inesistente per Michele. Le riporta comunque sul block-notes per sicurezza. Ora deve controllare le impostazioni per visualizzare il numero relativo ai destinatari delle chiamate. Con un po’ di fatica le trova.

Appare il suo numero.

Michele soffoca, o almeno questa è la sensazione che prova. Si riprende. Pensare che Filippo l’aveva chiamato per chiedere aiuto e che lui non era stato in grado di alzarsi e trovare il telefono in tempo per rispondergli, gli faceva uno strano effetto. Pensa che, dopo tutto, non è così sicuro che fosse riuscito a chiamarlo. Magari gli serviva oscurare il numero per fare uno scherzo ad Angela…Niente da fare. La sua mente ora è entrata in un circolo vizioso di sensi di colpa e, per uscirne, deve fare qualcos’altro, occupare la mente altrove. E indagare ulteriormente poteva essere l’ideale.

Dopo tutto quella busta gialla sembrava contenere molti fogli che avrebbero saputo costringerlo al tavolo per un’attenta e dettagliata lettura. Aprendola e svuotandola, con un solo movimento s’impossessa delle carte. Almeno quaranta fogli A4 scritti fitti fitti da controllare.

L’ironia gli viene in aiuto: “Buon lavoro Michele”.

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