Legami del passato – capitolo 5

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Capitolo 5

Michele davanti ai fogli. Chiamare la sua reazione sussulto sarebbe decisamente restrittivo. Ora il cerchio si chiude. Come una partita di solitario che, fino a qualche istante prima, sembrava definitivamente persa o, comunque, insolvibile; d’un tratto tutto appare chiaro: il cielo si riapre e riaffiora il sole.

Forse è tardi, anzi è tardi: il tramonto mostra il sole in versione ferita e insanguinata. Michele capisce di esser quella nuvola di smog che per tutto il giorno non ha fatto altro che oscurare la città, rendendo spiacevole la giornata a tutti i suoi abitanti.

Uno tra tanti Filippo. Nonostante la sua freddezza e il suo distacco caratteristici, ora piange. E’ disperato. Non capisce più niente. O meglio, ha capito tutto. Tutto troppo bene. Vorrebbe non capire niente. Vorrebbe sparire, discolparsi, come fanno i bambini, che si vanno a nascondere sotto le coperte, attendendo che le acque si riequilibrino. Ma per lui, oggi, le coperte sono troppo corte. E la sua colpa troppo grande, persino per un armadio a doppia anta.

Filippo-Michele-Filippo-Michele. Un vorticoso valzer di anime che si scambiano, di corpi che si camuffano, che fingono, che recitano. Che si difendono.

Difesa. Ecco perché era morto Filippo. Filippo è morto per salvare Michele. Per salvare Angela. Filippo sapeva tutto. Sapeva di Michele e Angela, del fatto che troppo spesso – per definirsi semplici amici – condividevano letto e doccia. Sapeva chi fosse Anja, che fine avesse fatto lei, sua figlia e perché il nonno la cercasse. Sapeva perché sarebbe morto.

Stooop!! O si rischia di non capire molto.

Ripartiamo.

Foglio 1

Michele,

Cazzo, com’è difficile scrivere una lettera, che probabilmente leggerai dopo la mia morte.

Forse, mentre mi stai leggendo, non avrai ancora capito il problema; hai tutte le carte in mano, ma non sai ancora come disporle, devi solo continuare a leggere questi fogli.

L’inchiostro in alcuni punti diluito, è stato bagnato e poi si è riseccato sulla carta. L’ultima pioggia di quelle nuvole sofferenti che erano gli occhi di Filippo. Ma non è questo che colpisce Michele. Nota il leggero cambio di colore dell’inchiostro e s’accorge subito che Filippo aveva iniziato a scrivere con la dispersa penna blu del nonno! Quella a cui lui teneva tanto. Ultimo suo ricordo. Michele aveva teorizzato troppo su quella penna, su dove potesse essere finita. Ora si era tutto stupidamente risolto, anche se Michele ancora non si ricordava di averla data all’amico.

Vedi, quando ho continuato a cercare la figlia di Anja, a indagare sul passato del nonno, anche grazie all’aiuto di Angela, ho iniziato a capire come stavano veramente le cose, cosa stava succedendo e quello che sarebbe povuto succedere, ma, per il tuo bene, per evitare troppi problemi… ho preferito tenere le cose per me! Sacrificarmi.

Ora tu non devi vedere tutto questo come un atto eroico, no, per niente. Penso che sia l’unico mezzo per ottenere il mio fine. Ora tocca a te. Capirai tutto,fra un attimo. Ti voglio, ti volevo, quando ero vivo.. bene!

T.

PS: Non preoccuparti per me.. Vedrai come frego tutti lassù!

Le successive pagine sono un perfetto reportage, un dossier che sistema tutti i tasselli del puzzle sparsi alla rinfusa nella mente di Michele.

Filippo, che assieme a Michele, era partito alla ricerca della piccola ritratta nella foto, sfortunata e abbandonata da tutti, con la madre persa in guerra e l’animo ferito, si ritrova ora davanti una donna tutt’altro che debole e pia. Una criminale. E, tra l’altro, non da quattro soldi.

Secondo Filippo la donna, adesso sessantenne, lavorava in quella città, ora con altro nome, altre origini, altra storia di infanzia da raccontare. Ha una società di facciata, anzi un locale, uno di quelli che Michele odia. Il resto, quello che le altre facce della città linde e profumante fanno finta di non vedere – omertà metropolitana – è un impero degno di competere con le più agguerrite organizzazioni mafiose.

Droga. Vestiti non originali. Armi e poi altro e altro ancora. Gestisce la maggior parte di ciò che, in una città più o meno grande, è illegale e dannoso.

Michele è sconvolto, sudato, stranito e impaurito come appena risvegliato da un bizzarro sogno. Ha capito che il nonno era solo un illuso. Pensando chissà cosa, sperando che se si fossero rincontrati lei, tenera e dolce donna di mezz’età da poco superata, l’avrebbe riabbracciato, ringraziandolo di averla salvata dalle grinfie della violenza nazista del tempo.

Il nonno, che male starebbe a sapere tutto questo!

Ora capisce che Filippo non aveva scelta, è stato ucciso perché sapeva, non tanto del passato della figlia di Anja, che ora si fa chiamare Françoise, ma perché si era spinto troppo avanti. Capisce che Filippo non aveva speranza di sopravvivere.

Avrebbe potuto rivolgersi alla polizia, ai media, a qualsiasi autorità. Ma tutti avrebbero chiuso gli occhi, si sarebbero tappati le orecchie. E gli avrebbero chiuso la bocca… Con qualche centimetro di scotch.

Michele riflette. Ora.

Sull’impotenza davanti a tutto. L’impotenza che abbiamo di fronte al destino, la casualità, le coincidenze. E soprattutto, l’impotenza di fronte a noi stessi.

Una cosa Michele non sa. Che lei sa che lui sa. E che lei sta venendo a prenderlo!

Igor batte rapidamente le dita sudate sulla tastiera del suo telefonino. Alex e Mirko lo osservano appiccicarsi l’apparecchio all’orecchio. Sono agitati. E sudano, più del solito. Anche loro.

“Sono io”

“…”

Si pentono di essere rimasti sulla porta perché ora non riescono a sentire l’altra metà della conversazione. E spostarsi farebbe capire a Igor i loro piani e non sarebbe troppo bello. Lui è il capo dei tre, lui è quello che riceve gli ordini da Françoise, lui è quello che ha il telefonino della ditta. Lui dice cosa fare o non fare ai due tecnici.

“Sì, non si è mosso.. St-”

“…”

“Sì! Sì è lì! Non siamo mica così idioti da farcelo scappare!”

Per sicurezza Igor tira su un vecchio binocolo dal tavolo e ci infila gli occhi. Sì, Michele è lì. Ma la sua faccia è seria, preoccupata. Più brutta del solito.

“…”

“Ha dei fogli in mano.”

“…”

“Sembra sconvolto..”

“…”
“Sì, l’avremmo fatto fra un po’.. V-”

“…”

“Sì, ma.. Volevamo aspettare almeno un po’ di buio”

“…!”

“Ok, ok.. ora.. ora.. va ben-”

I due sulla porta riescono a sentire il rimbombante e monotono tu-tu del telefono, iniziato prima che Igor finisse la frase.

“Ma porca..”

“Che succede?” chiedono i due al nervosissimo Igor, interrompendo giusto in tempo l’imprecazione.

“Dobbiamo andare ora a prenderlo.”

L’imprecazione parte adesso dai due:

“Perché? Perché?”

“Così hanno deciso. Alla fine meglio esser visti da qualcuno e rischiare di trovarsi davanti qualche poliziotto incuriosito che disobbedire a loro..”

Igor non scherza. Ha veramente paura di Françoise e dei suoi.

“Dai Alex, vai a preparare il furgone, ma cerca di non farti notare da tutti, come il tuo solito. Come ‘sta mattina: siete due idioti. Mi hanno detto tutto! Stupidi. ROBE CHE NON VI BECCHI ‘STO PIRLA DI MICHELE!”

Alex, preoccupato, sgambetta fuori dalla porta.

“Ehi Igor” ora è Mirko a parlare “prendo su la pistola?”

“No, assolutamente. Sarà facile portarlo via. Basta la mia. Al massimo gli tiriamo due ganci sui denti.”

“Ok, ok.”

E in effetti l’azione si rivela più facile del previsto. Igor bussa alla porta. Michele entra in completo panico. Guarda fuori dalla finestra e vede il furgone della mattina in attesa nel vicolo di sotto. Igor continua a bussare. Michele non ha molte vie di fuga, se non la porta o il lancio suicida dalla finestra. Niente scala antincendio, niente parapetti, terrazze da saltare o grondaie su cui arrampicarsi.

“Chi è?” urla Michele.

“Apri per favore..” e subito dopo Igor, con l’aiuto del forte e possente Mirko, che abbatte la porta poco resistente, è dentro.

Michele di scatto corre verso la cucina e cerca di afferrare un coltello prontamente seguito da Igor.

Gli punta la pistola e Michele si sente di nuovo impotente.

“Dai, non farci perdere tempo” esclama scocciato Igor, “sei un topo in trappola. Non ci sono buchi nel muro o nascondigli in cui infilarsi per te stasera..”

Ma Michele sa che l’intruso armato non può sparare, non con quella pistola almeno –senza silenziatore e bella grossa-, non in quel posto.

Intanto Mirko si avvicina. Michele gesticola con il coltello in mano, ma non sembra impensierire l’avversario, anzi, quello sorride. Michele non si scoraggia e tenta di colpire l’intruso con il coltello. Mirko riesce a evitarlo una prima volta, ma il secondo colpo gli segna il braccio. Grugna e molla un forte urlo. Ora è furioso e si scaglia alla cieca verso Michele.

Michele non riesce a difendersi e si prende un bel cazzotto in faccia. È stordito, ma tenta di colpire l’avversario. I suoi tentativi non raggiungono però mai il segno. Smanaccia a caso, alla cieca. Non si accorge, mentre Mirko tenta di togliergli l’arma di mano, che Igor si avvicina.

Un forte, ben dosato colpo alla testa, assestato con il calcio della pistola e Michele s’addormenta.

Venti minuti dopo esser usciti dalla casa di Michele i tre maldestri scagnozzi con il sequestrato scivolavano nel traffico della città.

Michele si risveglia intontito e con difficoltà. Nel retro del furgone, con a fianco l’alito cattivo di Igor e Mirko, Michele sa che non è messo poi così bene. Ma vuole riprendere subito la situazione in mano e si fa coraggio. Sa chi sono e cosa vogliono. E tenta di fare il duro.

“E così, ora mi vorreste portare da Françoise?”

Silenzio,ma il viso di Igor diventa paonazzo.

Michele coglie al volo il disagio e riparte “Ti sorprende che io sappia di voi, di Fraçoise e di tutto il resto?”

Dopo qualche decina di secondi Igor esclama la solita frase “Noi eseguiamo solo gli ordini. E ora zitto!”

Altri dieci minuti, il furgone si ferma e il motore si spegne. Igor fa scendere di prepotenza Michele. Sono dietro un locale. Michele se l’aspettava!

Entrano e si infilano in una stanza.

Arriva un omone che, con un gesto scaccia via i tre scagnozzi. Ancora pochi minuti e compare una donna. Alta. Imponente. Faccia scolpita, qualche ruga, ma non troppe. Un vestito particolarmente bizzarro… verde poi.

Ma Michele non è interessato a questo, e distoglie subito lo sguardo. Per fissarla bene in faccia, negli occhi.

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