Lissy



Luca D’Andrea
Lissy
Einaudi
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Mamma mia che bel romanzo! Alla sua seconda prova, Luca D’Andrea porta nelle librerie un thriller potente, originale e molto, molto horror. “Lissy” (Einaudi) è da acquistare, senza se e senza ma. E, per quanto mi riguarda, devo subito ricredermi: dopo aver letto “La sostanza del male”, esordio dello scrittore di Bolzano, ero scettico. Uno dei pochissimi, a dir la verità, in mezzo a un coro di lodi e serenate. Riconoscevo sì, una capacità di scrittura sopra la media ma, forse fuorviato dall’enorme carico di attese – ancor prima di essere pubblicato, i diritti erano stati venduti in tutto il mondo e le recensioni si sprecavano – alla fine ero rimasto abbastanza deluso. Non avevo nemmeno capito la scelta di Einaudi di far uscire in piena estate un romanzo ambientato tra le nevi. Ora, invece, dopo essermelo letteralmente “bevuto” in tre giorni, inserisco “Lissy” nella mia top ten del 2017 (l’ultimo posto a disposizione lo riservo al nuovo commissario Bordelli in arrivo a metà novembre). Diciamo che il bolzanino è il Nesbo italiano.
Già anticipato il giudizio sulla scrittura: D’Andrea è di certo assai capace nella scelta delle parole, nella costruzione dei periodi e dei dialoghi. Un maestro, senza dubbio. L’ambientazione, poi, fa la differenza. Siamo immersi nelle montagne innevate del Trentino Alto Adige. Marlene, giovane sposa, scappa dal marito, un piccolo malavitoso locale. Il suo piano di fuga, però, va storto e così si trova costretta a nascondersi in un maso nascosto e sperduto. Sulle sue tracce, intanto, si mettono sia il marito, sia un killer molto particolare. All’inizio Marlene scopre un mondo nuovo, antico e piacevole. Il contadino che abita il maso la fa sentire una principessa, servita e riverita. E lei contraccambia come può. Poi, a poco a poco tutto si trasforma in un incubo. In alcuni tratti la trama ricorda quella di un capolavoro: “Misery non deve morire”. Infatti, King è uno degli autori che D’Andrea dice di apprezzare di più. “Lissy” è una modernissima favola horror (ma è anche il nome di una scrofa che vive nel maso). A lasciare il segno, dunque, dopo oltre 400 pagine sono: scrittura, originalità del plot e la capacità con cui l’autore descrive le montagne (che abita). Oltre alla paura che ti resta addosso. Se fosse una canzone “Lissy” suonerebbe come “Ninna Nanna” di Ghali. Voto: 8 e mezzo.

Alessandro Garavaldi

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