Lo sguardo dell’abisso



Enrico Luceri, A. G. Vertucci
Lo sguardo dell’abisso
Edizioni DrawUp
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Enrico Luceri è giallista convinto e nella ventina di romanzi che ha firmato fin qui ha dato vita a storie di rigore cartesiano. E’ penna storica de Il Giallo Mondadori e proprio da qui voglio cominciare, ricordando che Sergio Altieri – sì, proprio lui, l’indimenticabile direttore editoriale della collana – lo aveva spronato un giorno a cimentarsi con qualcosa di diverso, ad abbandonare, seppure per il breve spazio di un romanzo, le rassicuranti plaghe dove la ragione spunta sempre il suo trionfo.
Luceri ha seguito il consiglio e ne Lo sguardo dell’abisso si è spinto nel luogo più oscuro dove si annidano angoscia e vergogna, dimora di quell’Ombra junghiana che, se non accettata, può spingerci a compiere i più atroci delitti.
Il romanzo è dominato dal rapporto tra due figure femminili, rese tra l’altro con impeccabile credibilità, Andrea Prevost e Monica Gambardella, entrambe scrittrici di horror, acclamata la prima, ancora aspirante tale la seconda. S’incontrano una sera in una cittadina dell’Italia centrale, durante la presentazione dell’ultimo romanzo della celebre autrice: un incontro fugace, appena il tempo per chiedere e concedere una dedica, ma fatale al punto che, da quel momento, la vita di entrambe non sarà più la stessa. Si nasconde Andrea, per proverbiale riservatezza, nell’isolata villa di famiglia alla periferia della cittadina; la insegue Monica, ossessionata dalla sua ambizione, per carpire da lei i segreti di una scrittura senza uguali. Andrea vive al minimo, Monica all’eccesso. La ragazza, infatti, respira misteri ovunque: nella scomparsa di giovani donne su cui indaga un collega giornalista; tra gli ospiti di una residenza di lusso per anziani, della quale ha ricevuto l’incarico di tessere un articolo elogiativo dalla testata cui collabora come freelance. E nei suoi stessi incubi che le propongono trame formidabili per il suo romanzo horror. E quel romanzo Monica lo scrive, ma come sapere se vale qualcosa? Esiste un modo soltanto, convincere la celebre Andrea a leggerlo. Monica decide dunque di affacciarsi sull’abisso, ignorando che questo le ricambierà lo sguardo. E nel modo più terribile.
Enrico Luceri non è nuovo a storie in cui si fronteggiano due personaggi soltanto. Ricordo il formidabile racconto lungo Punto Improprio (Delos Crime, 2016), in cui un uomo dal fascino un po’ appannato e una donna di ambigua seduttività si incontrano su un palcoscenico, in una partita a due che prevede un solo vincitore. Ne Lo sguardo dell’abisso non ci sono soltanto Andrea e Monica, ma il rilievo e la complessità di entrambe è tale da accaparrare la scena, spiccandovi insieme anche quando l’una o l’altra vi è assente. La passione per la scrittura le accomuna d’identica ossessione, a dispetto delle evidenti differenze di esperienza e temperamento, e rende impossibile a entrambe, dopo essersi conosciute, dimenticare l’altra.
Enrico Luceri costruisce, con la consueta abilità, un ingannevole gioco di specchi in cui l’immaginazione non è meno evidente della realtà e il risveglio da un incubo propone l’incessante quesito se sia più veritiera la dimensione appena abbandonata o quella cui ci si affaccia ad occhi aperti. L’intera sequenza di eventi che conduce al finale appare sospesa fra “allucinazione e incantesimo”, dove sola a muovere le protagoniste è l’attrazione verso l’abisso, mentre inascoltati risuonano gli inviti alla prudenza, quegli stessi che hanno il temibile sapore degli “ammonimenti delle favole paurose attorno ai focolari di campagna”.
Di particolare attrattiva risulta la capacità dell’autore di calare finzione nella finzione: l’ultimo successo di Andrea, Il padrone di casa, e il romanzo in divenire di Monica irrompono nella realtà del racconto con evidenza tangibile. Come non ricordare il film nel film di Effetto notte (La nuit americaine, Francois Truffaut, 1973)? Quel titolo si deve alla tecnica cinematografica con la quale viene resa “notturna” una ripresa fatta in piena luce, grazie a un filtro blu inserito davanti all’obiettivo. In modo analogo Luceri cala nel buio anche i brani del romanzo che si svolgono nelle ore diurne, e lo fa grazie a un’angoscia che vi serpeggia senza sosta e rischia a ogni istante di trasformarsi in delirio.
E ancora a proposito di settima arte, l’autore, da profondo esperto di cinema della paura, non rinuncia qui a rendere omaggio, con ben ricreate suggestioni e atmosfere, ai suoi registi preferiti: “gli ammonimenti delle favole paurose” sono gli stessi da cui è nato il gotico padano di Pupi Avati e il passo narrativo da thriller senza respiro il medesimo con il quale il primo Dario Argento faceva “volare in sala, sulla testa degli spettatori, per molti minuti, grandi vele di irrazionale e di delirio”.
Per concludere, credo che molti lettori al pari di me si affacceranno a guardare l’abisso che ci propone Luceri e, come me, non riusciranno a ritrarsi in tempo.

Giusy Giulianini

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