L’ombrello dell’imperatore -Tommaso Scotti



Tommaso Scotti
L’ombrello dell’imperatore -Tommaso Scotti
Longanesi
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Ormai da qualche anno a questa parte, Longanesi lancia a gennaio un esordiente italiano. E di solito non sbaglia, al punto che per noi amanti della narrativa di genere è diventata una felice consuetudine. Anche perché, per motivi incomprensibili, altre case editrici lasciano invece che il primo mese trascorra senza mandare nulla tra gli scaffali delle librerie. “L’ombrello dell’imperatore”, diciamolo subito, è un buon romanzo, che vi consiglio di leggere. Tommaso Scotti è un giovane italiano che vive e lavora in Giappone. La trama è originale. L’ispettore Takeshi Nishida, squadra omicidi di Tokyo, indaga sulla morte di un uomo ucciso con un ombrello che gli è stato conficcato nel cranio. Un accessorio non di pregio, con un singolare e piccolo cerchio rosso sul manico, che nel corso delle 320 pagine passerà di mano in mano. Ai personaggi che entrano in contatto con quell’ombrello, l’autore dedica una piccola storia nella storia. La trama è lineare (che ruolo avrà l’imperatore?) e la si affronta in maniera “facile”, laddove per facile s’intende che Scotti ci accompagna passo dopo passo in una vicenda che non presenta particolari scossoni emotivi. In qualche occasione ho avuto l’impressione di “galleggiare” un po’, di non andare fino a fondo: come se avessi avuto davanti qualcosa di molto interessante, che sono riuscito però soltanto a sfiorare. Ma ciò, vale sottolinearlo, non ha tolto nulla alla generale sensazione di piacevolezza. L’idea che mi sono fatto è che questo romanzo abbia subìto più revisioni. Può essere, visto che parliamo di un esordiente (ma è una prassi che riguarda anche i più esperti). Il risultato complessivo è comunque più che soddisfacente. Gli ingredienti utilizzati per la maggiore sono tre: il fascino misterioso del Giappone, una certa inquietudine che caratterizza non solo Takeshi Nishida ma anche altri personaggi e quella freschezza che solitamente ha solo un’opera prima (con tratti autobiografici che sembrano evidenti). Qualche cliché di troppo c’è. Ne segnalo tre o quattro a caso: l’ispettore è separato, ha una figlia piccola che fatica a vedere, è un belloccio e non è amato dal suo superiore. Possibile, mi chiedo, che solo pochissimi autori italiani riescano a rinunciarvi? Chi è stato più attento avrà notato che in questa recensione ho parlato di “romanzo”, non di noir, o di giallo, o di thriller. Io non riesco a classificarlo (non che sia così importante), e in qualche passaggio “L’ombrello dell’imperatore” mi ricorda Murakami (lo dico in positivo). Longanesi, anticipavo, ogni gennaio prova il colpo. E anche quest’anno mi pare che abbia fatto centro (con una copertina più “sporca” e un altro titolo, però, avrebbe avuto più appeal), al punto che il Corriere della Sera ha già dedicato una pagina a Scotti. Altri giornali seguiranno. Se fosse una canzone “L’ombrello dell’imperatore” suonerebbe come “Il cuore degli altri” di Braschi (per me il nuovo De Gregori). Voto: 7 e mezzo.

Alessandro Garavaldi

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