Lontano da casa – Enrico Pandiani



Enrico Pandiani
Lontano da casa
Salani
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Dopo aver attraversato piazza Respighi per imboccare via Vivaldi, la strada di casa, dopo una lunga giornata di lavoro, Jasmina Nazeri non può certo immaginare di essere attesa dalla polizia. Vive da sempre in quella zona di Barriera e ne conosce i problemi. Negli anni è stata rapinata, quasi stuprata, ha soccorso barboni, assistito a risse tra spacciatori, a operazioni di forze dell’ordine ma sa cosa fa e  non si considera certo una colomba da sbranare. Quella sera si ferma davanti al cancello sul quale sono appese le due cassette della posta, stringendosi addosso il giaccone per combattere il freddo. La sua è vuota. Alza gli occhi, a pianterreno le finestre di casa sua per cui paga un affitto quasi simbolico sono buie mentre al primo piano da quelle di Mary e Rosanna, i due travestiti, le sue benefattrici e amiche, traspare della luce.                                                       
La Nazeri , giovane donna italiana d’origine iraniana, è arrivata in Italia con i genitori quando aveva appena cinque anni. La piccola famiglia aveva vivacchiato in qualche modo: il padre, laureato in medicina,dopo essersi arrabattato con una sequela di lavori vari, era riuscito a farsi finalmente assumere come infermiere. Ma padre e madre erano morti in un incidente d’auto a cui Jasmine era sopravvissuta quasi per miracolo. Rimasta orfana e sola a quindici anni era stata praticamente adottata e cresciuta dal vecchio giocattolaio del quartiere e dal figlio Antonio. Che poi l’avevano mandata all’università.                                                                                                                Ora da anni presta servizio retribuito come insegnante di lingue ai rifugiati stranieri ed è un’attivissima volontaria del Banco Alimentare presso il quale lavora con il vecchio amico Antonio, che considera una fratello maggiore. Nella zona conosce tutti e  da tutti è stimata e  rispettata. Soprattutto perché è una persona sempre pronta a dare una mano e per il generoso appoggio  che offre ai poveri e i diseredati.                                                                                  Dal cancello, Jasmine nota che poco lontana c’è una macchina in sosta ma con i fari accesi. Coprendosi gli occhi con la mano tenta invano di guardare dentro, e mentre si cerca in tasca le chiavi di casa: «La signorina Nazeri?» chiede una voce alle sue spalle. Si irrigidisce spaventata, ma sono poliziotti mandati dal Vice questore Zappalà per sollecitare il suo aiuto e accompagnarla su un luogo legato a un delitto. Un giovane uomo di colore è stato ucciso. Il suo corpo è stato lasciato in un parco giochi alla periferia di Torino, nudo e privo di documenti, e forse l’unica persona in grado di identificarlo è proprio lei, Jasmine Nazeri che in quel vasto quartiere di periferia conosce tutti. Il cadavere martoriato giace ancora abbandonato faccia a terra nei giardini di via Mascagni ma, quando viene girato, la ragazza lo riconosce come Taiwo Ajunwa, un rifugiato che da qualche  tempo non vedeva ma che aveva frequentato e con il quale aveva persino avuto una breve relazione. Taiwo, però, era qualcuno che  voleva integrarsi. Aveva imparato l’italiano, forse avrebbe voluto continuare a  studiare, ma ormai viveva alla giornata, diceva di voler fare il meccanico. Il poveretto è stato torturato prima di essere ucciso a colpi di balestra. Per la polizia dovrebbe trattarsi di un regolamento di conti tra bande di spacciatori di droga o peggio. In zona domina quella di  Cosimo Nicotera ben ammanigliato, anche in alto loco a vari livelli. Ma la Nazeri invece è certa che Taiwo non avesse legami con la malavita… 
Epperò quando sul luogo del ritrovamento del cadavere incrocia da Pandora Magrelli, ispettore di polizia – appena assegnata alla zona, una fanatica leghista convinta che tutto il male venga dagli immigrati – alla sua richiesta di collaborare in via non ufficiale alle indagini, si rende conto che forse c’è di qualcosa peggio dietro a quell’omicidio. È ancora scossa e sotto choc, ciò nondimeno per lei la tragica storia potrebbe finire lì, ha già sofferto  abbastanza. Ma quando qualcuno, un senzatetto che ha assistito a un feroce pestaggio a Taiwo, riesce a descrivere i picchiatori, Jasmine si rende conto che vuole scoprire di più. Deve  capire cos’ è successo veramente e per arrivare alla verità comincia a fare qualche domanda in giro.  Taiwo aveva un buon amico, che frequentava prima di essere ucciso, un altro ragazzo  più giovane di lui,  Mame. E anche il povero Mame, pochi giorni dopo verrà ritrovato nudo, abbandonato e anche lui torturato e poi ucciso da colpi di balestra. Perché un destino tanto orribile ha reso vittime di una morte tanto atroce due poveri diseredati? Cosa li accumunava? Cosa nascondevano? E come si può dare giustizia a qualcuno disconosciuto dalla società? Jasmine sa sulla sua pelle quanto sia difficile guadagnarsi rispetto, possibilità, o magari farsi sentire. E lei, come tanti dei diseredati che cerca di aiutare ogni giorno, è molto lontana da casa. Però  nella morte di Mame c’è una differenza che conterà. Prima di morire si è difeso e su di lui c’è anche il sangue di qualcun altro… 
Cosa è successo esattamente? Lo  vorrebbe sapere soprattutto l’ispettore Pandora Magrelli. Una reazionaria e che ha un’idea molto diversa della tolleranza, ma nell’intento di riscattarsi, sembra voler trovare la verità a ogni costo.  E cosa vogliono dire o queste strane morti a colpi di balestre che a me richiamano subito Il passato non muore di Lee Child? Certo spetterebbe alla polizia, soprattutto al vice questore Zappalà, incaponirsi a frugare. Ma qualcosa di brutto incombe e andare in giro a chiedere può diventare molto pericoloso, anche se una specie di inimmaginabile “Mano Santa” ha cercato di  organizzare una rete di protezione su Jasmine Nazeri,.
Una storia intensa, complessa piena di intriganti sfaccettature che suggeriscono le piste più diverse tra loro, con per protagoniste due donne agli antipodi come scelte e idee, sullo sfondo di una delle periferie più difficili di Torino. Ma non è detto che il peggio sia sempre e solo relegato alle periferie. Come non è detto che quelle che dovrebbero essere due nemiche non possano per una volta giocare per la stessa squadra.

Patrizia Debicke

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