L’ultima scena – S.J. Watson



S.J. Watson
L’ultima scena
Piemme
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“Non tutti nella capitale sbocciano i fiori del male qualche assassinio senza pretese lo abbiamo anche noi in paese..” 
Leggendo L’ultima scena, S.J. Watson  non si può’ far a meno di pensare a questa triste riflessione del poeta De Andre’. L’ultimo atteso romanzo dello scrittore inglese è tutto costruito proprio su un paese,  Blackwood Bay, un luogo immaginario che, come dice lo scrittore, “condivide qualche elemento geografico e topografico con Robin Hood’s Bay, nello Yorkshire del Nord, ma le attinenze finiscono qui” , ma tutti gli eventi narrati nel romanzo sono frutto della sua immaginazione. 
Se Blackwood Bay esista o no al lettore poco interessa, poco interessa se la baia, la brughiera, la scogliera, siano reali o meno, ciò che rapisce in questo romanzo è il viaggio, la sofferenza, il timore e la gioia di far riemergere se stessi, una volta caduti in un abisso, in buco nero.
Nell’abisso è caduta Alex, trent’anni, vive a Londra, dove fa la regista. Per lavorare al suo nuovo documentario sulla vita delle comunità nei piccoli villaggi della Gran Bretagna Alex prende la strada per Blackwood Bay, un piccolo paese di pescatori, che dopo aver cavalcato il boom turistico adesso si trova a fare i conti con la povertà frutto di una grave crisi economica.
Armata della sua videocamera, Alex raggiunge il piccolo paese per integrarsi con la popolazione per tutto il periodo delle riprese chiedendo a tutti collaborazione con l’invio di piccoli video girati da loro.
Ma Alex non è la benvenuta. Nel paese si nasconde un mistero legato alla scomparsa di alcune ragazze date per morte o disperse. Nessuno ne sa niente, nessuno ne parla, ma Alex ne è attratta morbosamente, ha la necessità di ricercare la verità, non tanto per il suo lavoro, quanto per se stessa.
Alex inizia così una indagine silenziosa, cercando di capire cosa sia realmente successo nel paese; lo fa dapprima intervistando le persone del posto e poi interrogando se stessa. Perché la verità è dentro di se’, la porta dentro da anni, nascosta, avvolta in un strato di ombre e mistero.
S.J.Watson ci fornisce, pagina dopo pagina, una immagine sempre più nitida di Alex, vittima di amnesia, attraverso flashback, attraverso referti medici, report di incontri con psicologi, il lettore lentamente si trova davanti una verità sconvolgente.
Un thriller psicologico, ambientato quasi interamente all’interno di questo luogo non luogo, dove i personaggi si susseguono senza fisionomia, senza approfondimento caratteriale o psicologico, e dove la figura di Alex domina la scena prepotentemente. S.J. Watson mette a fuoco, lentamente, la figura della protagonista, dando al lettore, inizialmente, una immagine sbiadita e sfocata di Alex e costruendo, in un climax ascendente, un personaggio sempre più in chiaro e nitido verso cui il lettore non può che avere simpatia.
Fanno da sfondo al romanzo i temi dell’abbandono e dello sfruttamento, del machismo, della dominanza dell’uomo sulla donna, della diffusione delle droghe e dell’alcol, fenomeni tipici di alcuni ambienti chiusi e remoti in cui la crisi economica e l’assenza di strutture formativo/culturali favorisce l’attecchire di fenomeni di degrado sociale.
Romanzo coinvolgente, ben scritto, fluido, con una trama che intricata e costruita bene che svela la verità solo nel finale.

Mauro Grossi

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