Lupi, il noir e Cuba

Incontriamo oggi Gordiano Lupi, editore, critico letteraio, traduttore e scrittore eclettico capace di spaziare dal saggio al noir.

E’ appena arrivato in libreria Orrori tropicali – Storie di vudú, santería e palo mayombe in cui il noir, il mistero, il soprannaturale si fonde con l’abientazione esotica. Ce ne puoi parlare brevemente?
Questa antologia raccoglie in un volume unico alcuni miei racconti di ambientazione tropicale caratterizzati da una medesima atmosfera misteriosa, sia che le storie parlino di malefici vudù (haitiane) che di palo mayombe e santería (cubane). Orrori tropicali – storie di vudù, santería e palo mayombe si pone come continuatore di un discorso narrativo aperto con Nero tropicale (Terzo Millennio, 2003) e idealmente cerca di completare il quadro di fondo. Il racconto principale è Encrucijada, un romanzo breve già pubblicato in volume autonomo come Il mistero di Incrucijada (Prospettiva, 2000), ma ha subito un’operazione di restauro e un editing feroce da parte di Vincenzo Spasaro che hanno contribuito a migliorarlo. Ho riletto Encrucijada a distanza di sei anni dalla prima stesura e non mi è sembrato da gettare, per questo ho pensato di ripubblicarlo e renderlo di nuovo fruibile ai miei pochi lettori, visto che sono tornato in possesso dei diritti. Prima o poi spero di poter fare la stessa operazione anche con Il giustiziere del Malecón, altro romanzo cubano edito da Prospettiva nel 2001 e al momento esaurito.
Gli altri racconti sono tutti inediti in volume ma sono stati pubblicati più volte nel corso degli anni su varie riviste e antologie. Fratelli di Satana e Il gatto nero sono due storie cubane e il secondo si caratterizza come remake caraibico del racconto del grande Edgard Allan Poe. Il vampiro delle Ande è una storia sudamericana legata a una leggenda e anche a una situazione sociale vissuta da certi popoli amazzonici. La pelle bruciata è ispirato alla leggenda haitiana del loupe – garou, una sorta di vampiro – licantropo. Un terribile rimpianto e Baron Samedí ci portano ancora ad Haiti e alle storie leggendarie sugli zombie – uomini schiavi che vagano senza una meta. I racconti brevi sono stati scritti tra il 2001 e il 2005 e anche loro hanno subito un’operazione di riscrittura e di editing coordinata sapientemente dall’ottimo Vincenzo Spasaro, che dirige la collana Fantastico e altri orrori. In appendice ho ristampato il fumetto tratto dal racconto Sangue tropicale (2000), che Oscar Celestini ha reso con bravura seguendo la sceneggiatura del sottoscritto e di Dargys Ciberio. Non scrivo più molta narrativa, ma ho alcuni lavori inediti di ambientazione cubana che mi piacerebbe pubblicare. Se non troverò editori medio – grandi disposti a rischiare sulla mia narrativa, preferisco pubblicarli con la casa ditrice che dirigo.

Tu sei uno scrittore eclettico (scrivi noir, horror, romanzi erotici e saggi) ma sei anche un grande esperto di Cuba. Hai pubblicato ad esempio “Cuba Magica – conversazioni con un santéro” con Mursia nel 2003 e proprio recentemente un nuovo saggio dal titolo “ALMENO IL PANE, FIDEL” presso la casa editrice Stampa Alternativa.
Questo volume si propone di essere, cito, “un’ anti-guida alla Cuba di cui parlano i cucador italiani a caccia di facili avventure erotiche…”. Cos’è esattamente questo libro e perché l’hai scritto?

Il libro era nel cassetto da cinque anni. Era stato rifiutato da molti editori, pure da Mursia (che aveva invece pubblicato il più innocuo Cuba magica). Certo, non è uscito nella versione originale, perchè Marcello Baraghini ha fatto un editing importante e mi ha dato consigli utili per migliorarlo. Non solo. Ho aggiornato il testo a quello che è accaduto a Cuba negli ultimi tempi e ho inserito un mio reportage del luglio 2005 che fece un po’ arrabbiare Gianni Minà. La mia è una sorta di anti-guida, non racconto la Cuba del turismo sessuale e nemmeno quella dei giornalisti amici del regime. Cerco di andare oltre le ideologie e le favole (non hanno altro nome) raccontate dai frequentatori delle stanze del potere come Gianni Minà, Diego Armando Maradona e i marxisti da salotto televisivo. La mia Cuba è quella della povera gente che soffre, lotta e spera, quella del popolo che sopravvive con una manciata di dollari di stipendio al mese, mentre una lattina di Coca Cola (che, nonostante l’embargo, si trova a ogni angolo di strada) costa un dollaro. Una Cuba vera, reale, come l’ho conosciuta nei miei numerosi viaggi e dove – purtroppo – nè io e nè mia moglie potremo più tornare. Il motivo? Un eccesso di democrazia castrista…. Pare che il lider maximo non apprezzi molto chi racconta le cose che non vanno nel suo paese…

Perché Cuba è così amata e così odiata? Cosa la rende una terra tanto affascinante: la gente, il miscuglio di razze che la popola, l’ideologia, le bellezze naturali. Cosa?
Cuba non si può non amare. E’ una terra ricca di emozioni che ti resta dentro e non ti abbandona. Si va a Cuba e si contrae una sorta di mal dei tropici che ti obbliga a tornare, quello che i cubani chiamano la maledizione del caribe… Noi italiani rivediamo a Cuba la nostra terra che non c’è più, ci ritrovaimo nei cubani come eravamo noi negli anni Sessanta e Settanta, ci commuoviamo di fronte alla solidarietà della gente che ha poco, ma quel poco lo divide. A Cuba non si è ancora persa la solidarietà, ma purtroppo anche lì le cose stanno cambiando perchè il capitalismo avanza a passi da gigante.

Uno dei miei autori cubani preferiti è Gutierrez, definito da molti il Bukowski cubano. Naturalmente in patria non è pubblicato perché c’è la censura, così come non lo è Alejandro Torreguitart Ruiz di cui tu hai tradotto in Italia ” Machi di carta” per Stampa Alternativa. Come vivono la loro quotidianità questi scrittori? Cosa faranno il giorno dopo che Fidel non sarà più al potere?

Pedro Juan Gutiérrez è anche il mio autore preferito. Leggo molta letteratura cubana, oserei dire che da un po’ di tempo a questa parte leggo solo cubani (Mejides, Estévez, Portela, Viera, Cabrera Infante, Arenas, Valdés, Padura Fuentes…), ma Gutiérrez ha una marcia in più rispetto agli altri e un coraggio non indifferente. Racconta Cuba come è nella realtà e non si nasconde dietro barocchismi inutili. Le sue storie del Centro Havana sono fantastiche. Su di lui ho pubblicato in rete un lungo articolo che trovi nel blog di Francesca Mazzucato. Purtroppo in patria i suoi romanzi più belli sono vietati: vengono pubblicate solo le poesie e qualche innocuo noir di scarso interesse. Alejandro Torreguitart è molto più giovane e non ha certo la genialità di Gutiérrez, però si pone sulla sua falsariga. In Italia ha pubblicato anche La marina del mio passato (Nonsoloparole) e Vita da jinetera (Il Foglio). Devo tradurre: Bozzetti avaneri, Mister Hide all’Avana e Notti di sesso all’Avana. Non è facile trovare un editore neppure per lui, anche in Italia. In patria gli scrittori contro corrente devono fare una vita molto appartata e non sono riconosciuti come letterati importanti dall’UNEAC. Ma a qualcuno capita di peggio, perchè è obbligato a una fuga via mare e a rischiare la vita a bordo di una zattera malferma. Basta pensare a Reinaldo Arenas… (paolo roversi)

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