Ma dove hai messo la maschera?

In questo momento, in Italia, a uno scrittore possono capitare due sciagure: di essere straniero e di essere pure morto. Se poi ha la spudoratezza di essere perfino donna, che non speri, pur avendo firmato un ottimo romanzo, che qualcuno si accorga di lui. Diamine, con tutti i libri di amici, amici degli amici e benefattori presenti e futuri, con tutti i best-seller che non si possono ignorare, i thriller che piacciono tanto alle signore e le epigoni di Bridget Jones da somministrare sotto l’ombrellone, che cosa pretenderebbe questa Janet Hobhouse, morta di cancro nel 1991 a 42 anni, e autrice di Le furie (Bur), un libro arrabbiato, feroce e indigesto di 414 pagine fitte fitte?
Non è ovviamente vero che Le furie sia stato ignorato. E forse è anche giusto che non sia piaciuto a tutti: ad alcuni critici uomini perché è vera scrittura femminile, cioè è impietosa e anche lagnosa in certi punti, è scrittura che gronda sangue e sofferenza e lavora sul bisturi, l’esatto opposto delle succitate epigoni di Bridget Jones. Ma è carica di un’ironia che le post-Bridget si sognano, nel raccontare, autobiograficamente, di questa famiglia americana solo al femminile, in cui dalla trisavola a Janet, sono praticamente tutte donne sbagliate, tutte sopra le righe, tutte troppo buone o troppo egoiste, troppo ribelli o troppo succubi.

Il libro è un gioco al massacro, con al centro il rapporto tra Janet e la madre, bellissima, inadeguata, perennemente fuori posto e in affanno, una sorta di Marilyn Monroe destinata inevitabilmente al suicidio. E questo forse è il motivo per cui il libro non è piaciuto ad alcune critiche donne: perché queste donne inadatte alla vita sono irritanti. Diciamolo, così simili a noi, così spudoratamente fragili. Tentano di emanciparsi e sbagliano, tentano di essere autonome e si massacrano. E soprattutto non lo nascondono. Il libro, a volte, si incarta, le frasi si ripetono, si rompono, sembra che l’autrice stia davvero piangendo.

Ma per questo è così insopportabile: è una confessione senza maschera, senza pregiudizi, senza assoluzioni finali. Ne esce male perfino la protagonista. E fa star male non riuscire ad assolvere neanche una che sta morendo di cancro. Non perdetelo.

Il prossimo appuntamento con WW di Valeria Palumbo è per giovedì 28 giugno. Come ogni volta, saranno veri DiRottamenti, percorsi inaspettati su territori già battuti.

valeria palumbo

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