Massimo Lugli: Il giallo Pasolini



Massimo Lugli
Massimo Lugli: Il giallo Pasolini
Newton Compton
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Con il suo ultimo romanzo “Il Giallo Pasolini”, Massimo Lugli ripropone ai lettori il suo alter ego Marco Corvino, e sono molto contenta di questo ritorno. Dopo “Il carezzevole” Marco Corvino è rimasto in attesa; altre storie e altri personaggi hanno abitato i racconti dell’autore che ora lo ripropone per tornare agli anni ‘70. La scelta è quantomeno azzeccata perché il libro, come già rivela il titolo, narra di investigazioni, di articoli di giornali e soprattutto di personaggi che ruotavano attorno all’omicidio di Pier Paolo Pasolini.
Marco Corvino sta terminando il suo periodo di praticantato al “Paese Sera”, al termine del quale spera di essere assunto, proprio nel periodo in cui viene assassinato il famoso intellettuale. Il giovane Corvino è subito attratto dalle indagini su quest’omicidio, come giornalista ma anche come appassionato delle opere di Pasolini. Le indagini si svolgono in modo fin troppo veloce e si individua subito il colpevole, peraltro reo confesso, in Pino Pelosi detto la Rana.
Ma sarà stato veramente lui? E se è stato lui, ha agito con altri? E poi: quale è la vera motivazione dell’efferato omicidio, che pare a molti un’esecuzione? Il romanzo di Massimo Lugli si dipana attorno a questi interrogativi, che personalmente continuo a ritenere insoluti a distanza di più di quarant’anni. Molti sembrano essere certi che ci siano altri responsabili: ne è sicuro l’avvocato Nino Marazzita, che Corvino incontra personalmente. Sono convinti di questa tesi i colleghi di “Paese Sera” e anche Oriana Fallaci, a cui Massimo Lugli dedica un intenso “cameo” nel suo libro. Ma allora perché viene condannato solo Pino Pelosi? All’epoca, così come adesso, mancavano le prove per accusare altri di quell’omicidio e Matteo Corvino, giovane e spesso imprudente cronista di nera, decide di investigare per in prima persona. E lo fa lasciando credere ai giovani che si prostituiscono in piazza Esedra, così come agli abitanti dell’Idroscalo, dove Pasolini fu ucciso, di essere incaricato dal suo giornale a seguire il caso. In verità nessuno al “Paese Sera” è a conoscenza delle sue indagini; la linea del giornale è, al contrario di uniformarsi allla verità “ufficiale” del processo.
A causa delle sue domande scomode, Corvino mette a rischio prima il suo incarico da giornalista e poi la sua stessa incolumità fisica. Non racconto a quale risultato portano le indagini, ma il ritmo della narrazione è molto serrato e i personaggi, veri e fittizi, sono ottimamente ritratti. Bellissima è la ricostruzione della redazione di un quotidiano in epoca pre-Internet, e molto verosimili gli angoli di una Roma che appare lontana ma troppo simile a quella odierna (davvero gustoso l’intermezzo sul “finto” incendio di un bus dell’Atac). E’ facile affezionarsi a Marco Corvino, così preso dalla passione per il suo mestiere, quanto spesso incasinato nei rapporti con gli altri. Così ho sorriso leggendo le sue disavventure con i colleghi più scafati, che lo sbeffeggiano perché l’ultimo arrivato, e le discussioni con i genitori, che lo vorrebbero con una laurea in tasca e un lavoro più dignitoso.
Gli avvenimenti che servono da fondale agli articoli di Marco Corvino sono quelli degli anni ‘70: delinquenza spicciola e banda dei Marsigliesi; manifestazioni studentesche violente alla Sapienza; attentati di rossi e di neri. Un canovaccio che piacerà a chi non ha vissuto quel periodo, come la sottoscritta, ma anche a chi invece lo ha conosciuto bene. Una temperie che ancora influenza in qualche modo la nostra realtà attuale, e alla quale Massimo Lugli pare guardare con una comprensibile nostalgia che pervade e rende poetici alcuni passaggi.
Un romanzo che consiglio non solo agli amanti del genere e ai cultori dell’opera di Pasolini, ma anche a tutti coloro che hanno vissuto intensamente gli anni ’70.

Raffaella Bianchi

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