Maurizio Matrone

Il commissario incantato, romanzo di avventure, in realtà è un assemblaggio di vari pezzi. Com’è nata l’idea?
Avevo preso in mano il libro “La vita intensa : romanzo dei romanzi” di Massimo Bontempelli che era stato scritto nel 1920, mi era piaciuto e mi ero detto “questo libro mi somiglia e lo voglio fare mio”.
Bontempelli diceva di averlo scritto per i posteri, li esortava a farne quello che desideravano e a giocare con lo scheletro del suo romanzo.
In quel periodo ero un po’ in crisi esistenziale, dissi a un’amica libraia che volevo riscrivere un libro che mi piaceva. Lei mi disse che era una bella idea e mi incoraggiò.
Così ho iniziato a sviscerare il romanzo, a tagliare le pagine del libro e a mischiarle. Ho spostato l’azione da Milano a Bologna (la Parigi minore). Ho agito come un book-jockey dadaista.

Quanto c’è di autobiografico in questo libro?
Assolutamente niente, è tutto completamente inventato. Nella mia vita non ho mai fatto né il cantante, né l’imbalsamatore di uccelli né nessuna altra professione descritta. Tutto è stato ripreso dal libro di Massimo Bontempelli, anche l’idea di addestrare il gatto alla pesca.
E neppure sono stato promosso commissario per meriti artistici come scrittore.

A chi è ispirato il personaggio di Wilma la libraia?
A Wilma Lanzarini, la libraia di Bologna che mi aveva incoraggiato e che purtroppo è mancata prima di vedere terminato il libro. A lei è stata dedicata una associazione culturale, “Per Wilma” e un’antologia di racconti gialli “Le ombre della città” curata da Marcello Fois.

Poliziotto e scrittore, come riesci a conciliare queste due attività?
Appena smetto di fare il poliziotto cerco di diventare uno scrittore, appena smetto di essere scrittore cerco di fare il poliziotto.

Quando è nata la passione per la scrittura e con che percorso sei arrivato a pubblicare il primo libro?
La mia passione per la scrittura è nata con la lettura dei fumetti, fin da piccolo mi piaceva scrivere storie disegnate. Quando mi sono laureato ho pubblicato un saggio sul lavoro del poliziotto e da lì ho iniziato a scrivere. Il mio primo libro stava per essere pubblicato dalla Granata Press di Luigi De Bernardi, ma il giorno in cui dovevo firmare il contratto e ricevere un cospicuo anticipo, la casa editrice è fallita. Per un po’ avevo dimenticato il libro nel cassetto, dopo qualche mese un’amica libraia e editor (Tecla Dozio) mi ha chiesto come mai non le avessi ancora spedito il manoscritto. Un po’ mi vergognavo, ma poi l’ho fatto. E il libro è stato pubblicato.

Quando e come scrivi?
Scrivo negli orari più disparati, brevemente, direttamente con il computer.

Come mai è trascorso così tanto tempo dalla pubblicazione del tuo romanzo precedente, Il mio nome è Tarzan Soraia, del 2004?
Perchè sono uno scrittore fondamentalmente pigro, per scrivere un libro occorre tempo e poi bisogna anche trovare l’editore.

Che cosa legge Maurizio Matrone?
Per il 90% leggo romanzi italiani di tutte le epoche: da Marcello Fois a Giancarlo De Cataldo, da Carlo Lucarelli a Alberto Savinio, da Massimo Bontempelli a Gianni Rodari.

Favorevole o contrario ai premi letterari? Hai mai partecipato? Sono state esperienze positive?
Favorevole, quando servono davvero a diffondere la letteratura. Faccio parte della giuria di alcuni premi letterari.

Hai ripreso a dipingere e cosa dipingi?
Ho ripreso, con discontinuità, dipingo cose strane, futuriste.

La più bella soddisfazione della tua vita?
I miei due figli

A chi devi dire grazie?
A Tecla Dozio che mi ha scoperto. Grazie a lei, infatti, ho pubblicato il mio primo romanzo “Fiato di sbirro”.

AMBRETTA SAMPIETRO

Potrebbero interessarti anche...