Mefisto valzer



Stefano Jacini
Mefisto valzer
Bompiani
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Una carrozza nera trainata da cavalli neri trasporta un gruppo di viaggiatori, che più mal assortiti non si potrebbe, in una vecchia villa circondata da un parco immenso pieno di fiori. Altri se ne aggiungeranno il giorno successivo fino a formare un gruppo eterogeneo di uomini e donne di età differenti, sconosciuti gli uni agli altri e senza alcun elemento che li colleghi. Tutti sono ospiti di un misterioso padrone di casa che nessuno conosce. Una specie di entità di cui si parla di continuo con curiosità ma che non si mostrerà mai.
Se a qualcuno venisse in mente di assimilare questo romanzo a Dieci piccoli indiani di Agatha Christie è meglio che si metta subito il cuore in pace e rinunci a cercare somiglianze, perché, a parte la villa e il mistero che circonda il padrone di casa, non ne troverà.
Ad accompagnare gli ospiti nel viaggio, a fare gli onori di casa e a dare ordini al personale incaricato di accudirli è Mastro Suleyman, una specie di segretario-vicecapo con poteri pressoché illimitati ai cui ordini rispondono squadre di valletti le cui funzioni sono contraddistinte dai colori della livrea, nonché cuochi, guardarobiere e infine giardinieri che curano un bellissimo giardino i cui fiori, un volta colti, rispuntano freschi all’istante.
I visitatori sono stati tutti invitati a trascorrere piacevolmente un numero imprecisato di giorni in quel luogo lussuoso che però, a un secondo sguardo, appare piuttosto trascurato e che non tarda a rivelarsi una confortevole prigione dalla quale è impossibile evadere.
Nella villa gli ospiti trascorrono il tempo mangiando, riposando, rilassandosi e familiarizzando fra loro fino a stabilire vere e proprie relazioni sentimentali, sempre sotto gli occhi dell’onnipresente Mastro Suleyman. Il loro unico dovere in cambio dell’ospitalità, è di raccontare sopra un palcoscenico, secondo turni stabiliti dall’anfitrione, un episodio significativo della propria esistenza. Dunque, uno degli ospiti, al proscenio, racconta sceneggiando e recitando come può quello che ha deciso di rivelare, mentre gli altri assistono in silenzio, seduti su poltroncine sistemate sullo sfondo. Lo scopo dichiarato di questi spettacolini quotidiani sarebbe quello di intrattenere il padrone di casa che dovrebbe assistere dalla platea ma che nessuno riesce mai a scorgere dal palco.
Impossibile dire di più della trama senza svelare elementi che toglierebbero gusto alla narrazione e attenuerebbero la suspense. L’unica cosa che appare evidente fin dalle prime pagine è che a mano a mano la storia si dipana, il lettore viene condotto per mano in un vero e proprio viaggio all’inferno.
Mefisto Valzer è un romanzo che lascia fuori dai cancelli della villa il mondo reale per addentrarsi in un delirio onirico fatto di una quotidianità nella quale i confini fra vita e morte si confondono fino a fondersi gli uni negli altri, mentre l’intera narrazione, condotta con leggerezza e garbata ironia, sfida il lettore a seguire Mastro Suleyman, che è l’io narrante, in un susseguirsi di deliranti paradossi, mentre i racconti degli ospiti si alternano snocciolando segreti dolorosi, esperienze grottesche e progetti criminali.
Un romanzo molto intenso e molto colto, pieno di allusioni e citazioni che non appesantiscono mai la narrazione perché scivolano via sempre sul filo del surreale e dell’ignoto, capace di condurre i lettori di pagina in pagina in un delirio cosciente e consapevole che riflette, come uno specchio, le paure che affollano l’inconscio, a cominciare da quella della morte, nonché molte rassicuranti ma ingannevoli convinzioni.
Mefisto Valzer è un libro strano e molto coinvolgente, che costringe i lettori che incautamente lo iniziano, ad arrivare d’un fiato fino all’ultima pagina.

Adele Marini

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