MilanoNera incontra i fratelli Ervas

[Ospiti al NebbiaGialla domenica 3 febbraio, ore 9.30]
Per prima cosa, potete raccontarci qualcosa di voi?
Due Leoni, almeno come segno zodiacale. Una casalinga e un insegnante, cioè, secondo i luoghi comuni, persone dedite all’ozio, che è sempre creativo. Scriviamo da dieci anni, quest’anno celebreremo, e ancora non si avverte la stanchezza. Anche i lettori lo possono percepire leggendo le nostre storie.

Come è nata l’idea di questo romanzo?
Da un viaggio in Portogallo, da un carrello tenda che si staccava ogni cento chilometri, dalla visione dell’oceano, dalla cortesia dei portoghesi e dall’amore per le piante

Come lavorate ai romanzi scritti a 4 mani?
Ci raccontiamo delle suggestioni, scriviamo quasi le stesse cose, poi leggiamo, si scelgono le cose meglio riuscite e infine molta lima, colla e pazienza

Pare che abbiate due personalità molto differenti, come si integrano nella scrittura?
Come in ogni relazione di coppia: avanzando ciascuno delle pretese, litigando, mediando, arrendendosi, aspettando la rivincita nel successivo romanzo.

Perché avete scelto come ambientazione il Portogallo?
Ci sono dei vini niente male e il bacalhau alla brace è buono. Poi c’è il fascino di Lisbona, il mito della rivoluzione dei garofani, le donne di colore, bellissime. Ma, forse, il vero motivo è il bisogno di evasione dal piatto orizzonte di capannoni e macchine che ci soffoca, qui, nel Nord-est.

Quanto i Vostri personaggi vi assomigliano e perché?
Non molto, per la verità. Un po’ Britto e un po’ Estrela. Vorremmo farli tutti più simili a noi, ma immancabilmente si prendono una libertà propria, come è successo con il tremendo Max Pierini, gestore di discarica in Commesse di Treviso, il romanzo precedente.

Le donne descritte come le classifichereste?
Forti. E impegnate a risolvere questioni molto importanti: capire la natura del proprio modo di amare, comprendere i limiti di una relazione, far morire dignitosamente il proprio figlio malato.

Se ne avete, chi è il vostro lettore ideale?
Bello, intelligente ed amante di libri curiosi.

Siete degli scrittori di genere o scrittori tout court, e perché?
Ci siamo ritrovati a scrivere anche “storie con il morto”. E con relative indagini. Questo pare indicarci come dei giallisti. In realtà siamo degli occasionali artigiani del genere, anche se ci piacerebbe imparare meglio l’arte. Siamo curiosi ed abbiamo scritto su molti argomenti: nessun uomo sulla luna, la guerra del merluzzo tra Islanda ed Inghilterra, sulle scimmie di mare, sull’impero della pubblica istruzione. Tutto rigorosamente nei cassetti.

Un sempreverde (libro) da tenere sul comodino, una canzone da ascoltare sempre, un film da riguardare…
Per Luisa “La parete” della Haushofer; “C’è tempo” di Fossati; “Romanzo criminale” di Placido.
Per Fulvio “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” di Pirsig; “If” dei Pink Floyd; Blade Runner.

Si può vivere di sola scrittura oggi?Come reputate il mondo dell’editoria oggi?
Noi no. L’editoria non sempre è curiosa e non sempre lancia ai lettori qualche eccitante neuronale che faccia davvero sognare o pensare. Piuttosto la propensione è quella di favorire l’obesità delle sinapsi, tagliando sin troppi pioppi per confezionare libri vendibili ma inutili.

Progetti per il futuro?
Essere felici, vivendo di scrittura. Nel frattempo ci sono un paio di storie pronte…

claudia caramaschi

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