MilanoNera intervista Alicia Giménez-Bartlett

Ogni nuovo libro di Alicia Giménez-Bartlett è una sinfonia per i sensi del lettore. Se poi la scrittrice di Almansa tira fuori una storia con l’ispettrice Petra Delicado, il vice Fermín Garzón e il resto della squadra investigativa della Policía Nacional di Barcellona, allora il piacere è maggiore che scoprire di avere Penelope Cruz o George Clooney a lato nel letto. In Italia il club dei seguaci di Petra Delicado è un vero e proprio esercito. Coming out: chi scrive questo articolo vi fa parte nella maniera più totale da ben oltre dieci anni.
E ora che da qualche settimana è in libreria Gli Onori di Casa, è l’occasione stessa che impone di fare quattro chiacchiere con l’autrice di questo coinvolgente personaggio letterario, non secondo ormai a un Poirot, un Maigret o a un Salvo Montalbano.

Ritengo Gli Onori di Casa uno dei più accurati e dettagliati romanzi tra quelli con protagonista Petra Delicado. Quanto tempo le è costata la ricerca delle informazioni e dei consigli tecnici prima di aver chiaro il quadro dentro cui scrivere il testo?

«Sono stata circa due mesi riepilogando informazioni su libri e rapporti della polizia e parlando pure con gli agenti, il che mi chiariva dubbi e domande.»

Più il tempo avanza e più sembra che Petra affini le sue capacità di osservazione e deduzione. Cosa facciamo, diamo ragione a Sir Conan Doyle e torniamo alla cara e vecchia perspicacia umana come arma insuperata da ogni alchimia tecnologica?

«Lo dicono gli stessi poliziotti: senza intuizione non c’è investigazione. Perché è il motore che mette in movimento le prove.»

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Petra osserva con amarezza quello che a lei pare una deriva della donna moderna: dedicarsi all’abbigliamento, solitamente firmato, e poco altro. Ascolta con un certo piacere i compiti culturali che la moglie di Fermín ha dato a suo marito, mentre le sue giovani colleghe le chiedono di portare da Roma qualcosa di “tradizionalmente femminile”. Questa Petra assomiglia tanto alla sua autrice, quando dice che prova orrore davanti alle giovani che sognano solo la fede al dito e l’abito bianco da sposa.

«Più che inorridita direi che Petra e Alicia sono un po’ deluse e sorprese. Mai avrebbero pensato che le cose sarebbero andate a questo modo. Tuttavia questo insieme continua ad avanzare e mi sembra difficile che si fermi.»

Sbaglio o Petra incomincia a sentirsi non più del tutto a suo agio nella sua terza esperienza matrimoniale?

«Errore! Petra sta bene ed è felice. Nessuno ha mai affermato che il matrimonio è una cosa facile.»

In un tempo diretto ad affermare la propria immagine individuale, lei perdura a “nasconderci” Petra. Non la descrive mai. Anche se al lettore pare di conoscerla benissimo, tanto che non ci metterebbe nulla a riconoscerla se se la trovasse di fronte in strada. La misura della sua bravura è anche in questo. Ma in futuro ci sarà un cambio o ciascuno terrà la propria Petra?

«Nessun cambio. Petra continuerà ad avere le sue fattezze definitive nella mente di ciascun lettore perché è il lettore che completa l’opera creativa in Letteratura.»

Trovo molto azzeccato il titolo originale del romanzo: Nadie quiere saber (A nessuno importa sapere, nda), perché sottolinea il motore centrale del caso su cui lavora Petra. Il titolo italiano invece mette al centro della storia l’Italia e il comportamento dei personaggi italiani verso Petra. Una scelta che mi suona un po’ provinciale. Qual è il suo parere?

«Cielo, è stata un’idea del mio editore! Penso che siano entrate valutazioni di marketing in questa scelta. Comunque non mi pare così terribile.»

Oggi, dopo dieci libri con Petra, come sente la sua scrittura: diretta dagli stessi personaggi o ancora nella pienezza della sua libertà d’espressione letteraria?

«Mi rendo conto che i personaggi si rendono via via sempre più indipendenti e io li seguo. Mi piace dar loro questa libertà e scoprire cose che non sapevo esistessero. Si sono resi indipendenti.»

In Italia Petra sarebbe richesta da più parti per candidarsi alle prossime elezioni politiche. Lo stesso in Spagna?

«Non credo. Se la trasformassi in qualcosa di puramente politico credo che molti lettori smetterebbero di leggerla. Brutti tempi questi per la cosa pubblica.»

Negli ultimi anni ha scoperto qualche nuovo autore italiano?

«Sì, Marco Malvaldi e Maurizio De Giovanni, l’autore del commissario Ricciardi.»

Ma è possibile dire ancora qualcosa di nuovo con il noir?

«Il noir trova il suo cammino e la sua forma nella sua stessa vita. Sempre ci saranno cambiamenti sociali su cui riflettere, analisi da fare.»

Petra c’est moi. Lo dirà mai?

«No. Petra è Petra, Alicia è Alicia. E poi non la pensiamo neanche nello stesso modo.»

Petra lavorerà fino ai 99 anni, almeno su questo sarà d’accordo.

«Ma neanche a parlarne! Andrà in pensione, smetterà come accade a ogni cosa nel mondo.»

Corrado Ori Tanzi

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