Siamo nel 1938 e a Monaco fervono i preparativi della Conferenza che dovrà decidere il destino dei territori cecoslovacchi abitati dai Sudeti, di etnia tedesca. I paesi partecipanti sono quattro: Germania, Inghilterra, Italia e Francia. La partita, in realtà, si gioca fra le due nazioni più potenti, in particolare fra Hitler e il primo ministro britannico Chamberlain. Sul tavolo c’è molto di più della questione ceca: è in ballo, infatti, il futuro dell’umanità stessa, con il pericolo di una seconda guerra mondiale dietro l’angolo. Gli eventi sono narrati dal punto di vista di due personaggi “minori”, ossia Hugh Legat, segretario particolare di Chamberlain e Paul Von Hartmann, membro del ministero tedesco degli Esteri, che si erano conosciuti e frequentati nel 1932 a Oxford, per poi perdersi di vista. Adesso le loro strade sono destinate a incrociarsi di nuovo perché Hartmann fa parte di un gruppo che cospira contro Hitler ed è in possesso di uno scottante documento che potrebbe cambiare il corso della storia.
A distanza di venticinque anni da Fatherland, il romanzo che lo rese famoso, in Monaco Robert Harris torna a parlare della Germania nazista. Lo fa con la consueta ricostruzione storica dei fatti, cui aggiunge elementi di fantasia. La Conferenza di Monaco rappresentò, apparentemente, un grande successo diplomatico di Chamberlain, convinto di avere posto le basi di una pace duratura. La realtà, come ben sappiamo, lo smentì, soprattutto perché Hitler non aveva la minima intenzione di rinunciare alle proprie mire espansionistiche. Fra personaggi reali e inventati l’autore descrive con dovizia di particolari il clima d’incertezza che si respirava all’epoca in Europa. Attraverso le figure di Legat e Hartmann il lettore entra in contatto con il mondo della diplomazia e quello dello spionaggio, caratterizzati da ambiguità, tradimenti e doppi giochi. Tutto ciò rende Monaco un romanzo imperdibile per gli amanti del genere e non solo.
Monaco
Massimo Ricciuti
