Nel monastero di Crest – Sandrine Destombes



Sandrine Destombes
Nel monastero di Crest
Rizzoli
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Situata nel cuore di un ambiente privilegiato, Crest rappresenta oggi il punto focale della valle della Drôme. Dotata di una forte identità, grazie soprattutto al famosissimo mastio che domina la città vecchia e risale al 12 ° secolo, la città di Crest si rivela ai visitatori attraverso la sua architettura, la sua storia, i suoi abitanti e le numerose attività culturali e sociali che la animano ogni anno. Una città orgogliosa del suo passato e che guarda al futuro. E proprio a pochi chilometri da Crest quella mattina, da due ore il tenente Perceval Benoit della gendarmeria locale – di servizio con l’auto di pattuglia e con in mano l’apparecchio per la rilevazione della velocità – aspetta seminascosto nella boscaglia che qualcuno superasse i limiti. Ormai è diventato un esperto dell’uso di quella macchina che la municipalità coadiuvata dalla gendarmeria aveva voluto piazzata a tradimento a metà di quel veloce rettilineo in discesa e quando arriva una macchina, non va veloce ma la conducente una donna sulla quarantina evidentemente poco attenta alla guida, sbanda, Benoit la ferma. A bordo, seduta al suo fianco, una bambina piccola, otto anni, troppo piccola per stare davanti. Il tenente chiede i documenti e mentre la donna parla della bambina come sua figlia lei dichiara invece che la donna non è sua madre. Anzi dice che sua madre sarebbe sparita con il suo 6-6-B… Evidentemente c’è sotto qualcosa di losco, Benoit ordina alla conducente: «Signora, scenda dall’auto.» Ma all’improvviso quella, riparte e accelera, prende velocità, no peggio, va troppo veloce, affronta il brutto tornante in fondo alla discesa senza frenare, sfonda il guardrail e la macchina, una vecchia Peugeot 305, precipita tre metri più in basso e va incastrarsi nel tronco di una quercia. Per la guidatrice, la morte è istantanea, mentre la passeggera, la bambina di otto anni che la donna ha chiamato Léa, ferita gravemente verrà portata all’ospedale. La donna non aveva su di sé né documenti né cellulare, anche la bambina non aveva addosso qualcosa che permettesse darle un nome e in macchina non si trova nulla che possa far risalire gli inquirenti alle loro identità. Ma i guai sono appena cominciati e la giornata del tenente Benoit sta virando al noir con prepotenza perché di lì a poco, a poche centinaia di metri dal luogo dell’incidente, il corpo di un uomo privato degli occhi e con la fronte tagliuzzata viene rinvenuto sulle sponde del fiume Drôme. Una vittima sconosciuta, una bambina in coma, un cadavere senz’ occhi: è questo il macabro elenco del rapporto che Benoit, consegnerà alla squadra di esperti della gendarmeria nazionale, arrivati nella cittadina per fare luce sul caso – anzi, su quei casi apparentemente scollegati tra loro e che in comune sembrano avere soltanto certi contatti e la vicinanza con un luogo: il monastero di Crest, sorta di ospizio eremo staccato dal mondo. Una specie di rifugio semidiroccato, dove da anni la sessantenne Joséphine Ballard offre protezione e appoggio alle sue ospiti, che poi sono tutte donne in difficoltà, afflitte da un doloroso passato, e veglia su di loro come un’agguerrita paladina. Perceval Benoît, il tenente della gendarmerie che aveva fermato la macchina per un controllo, per la sua conoscenza della gente della zona e dei luoghi verrà arruolato nella fila della squadra di esperti, incaricata dell’indagine. Ma a quel punto, come se non bastasse e ciliegina sulla torta la povera piccola Léa in coma viene rapita dal suo letto d’ospedale. Insomma un bel rebus o peggio ed è questo che i gendarmi dovranno affrontare e superare nei giorni successivi a quel primo tragico incidente, un diabolico catalizzatore in grado di scatenare e far scoprire al mondo qualcosa di tristemente contorto, crudele e inimmaginabile. Intanto devono capire perché la donna voleva scappare e cosa significavano quel numero e quella lettera detti da Léa: 6-6-B. Ancora una volta la campagna francese si fa palcoscenico e splendida cornice a una avvincente trama narrativa, costretta a bagnarsi di sangue fin dalla prime pagine. Una trama delineata dalla accorta suddivisione in brevi capitoli che coinvolge, anche se arrivati alla fine si ha la sensazione che lo stacco sia troppo brusco. Taglio netto e basta? Certo nessuno si aspettava una conclusione consolatoria, ma così si ha addirittura la sensazione che la storia non sia finita. Ma forse è proprio questo che voleva l’autrice: lasciarci in attesa di un possibile seguito? Un altro romanzo con il tenente Benoit come protagonista per una nuova e diversa indagine criminale? Potrebbe essere, anche se finora Benoit come personaggio non mi ha veramente entusiasmato. Più interessante senz’altro la brillante lucidità di Vernet e forse la personalità di Josephine Ballard nella sua quasi disumana cecità e connivenza con la follia della sue protette. Ma comunque Il monastero di Crest è un libro singolare. Il soggetto era, anzi è difficile, e Sandrine Destombes, che si è fatta largo nella costellazione dei noiristi francese dopo il successo del suo I gemelli di Piolenc, è stata in grado di affrontarlo mettendo il dito, attraverso i diversi personaggi, su punti gravi ed estremamente delicati di una storia dai tenebrosi risvolti psicologici. Ha costruito infatti un’indagine dalla complessa architettura che poggia sui lati più oscuri e distorti della follia umana. Con le femministe nelle vesti di malvagie streghe che vogliono addirittura sradicare gli uomini tanto da diventare ridicole e scioccanti per ogni vera donna di buon senso. A conti fatti un’aperta censura di un certo patologico, esasperato e criminale femminismo quasi caricaturale solo da condannare e che può fare solo del male alle giuste e corrette rivendicazioni femminili.
Sandrine Destombes, parigina, è nata nel 1971. È autrice di romanzi polizieschi e con I gemelli di Piolenc, suo quinto romanzo, si è guadagnata il prestigioso premio VSD RTL 2018 per il miglior thriller francese, presieduto da Michel Bussi.

Patrizia Debicke

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