Nemico pubblico

“A suo tempo Dillinger fu un eroe, più glamour di un divo hollywoodiano. I criminali di oggi invece non hanno nulla di affascinante, non rapinano le banche e fanno i trafficanti di droga”. È con questo pensiero in testa che Michael Mann firma il suo ultimo film: Nemico pubblico.

Affascinato dalla vita breve ma molto intensa di John Dillinger, Mann racconta sì una storia di gangster, ma è molto più interessato al Dillinger uomo, e alla sua psiche in circostanze estreme, riprendendo quel filone iniziato con film capolavori quali Heat e Collateral.
Il perché Dillinger sia diventato un criminale non è importante e niente ci viene detto sulla sua vita se non: “Sono cresciuto in una fattoria a Mooresville, Indiana. Mia madre ci lasciò quando avevo tre anni e mio padre mi picchiava perché non conosceva un metodo migliore per crescermi. Amo il baseball, i film, i bei vestiti, il whisky, le macchine veloci… e tu. Cos’altro c’è da sapere?”. Nient’altro.

Mann vuole esaminare la mente di questo Robin Hood degli anni ’30 che quando rapina le banche brucia i registri dei creditori e allora concentra la vicenda in un solo anno, l’ultimo, quando la vita di Dillinger, all’apice della popolarità e fama, è “sconvolta” dall’incontro con la bellissima Billie Frechette e dallo scontro con l’agente Melvin Purvis. Da qui comincia il rapido tracollo che porterà il nemico pubblico Dillinger a vivere quelle situazioni estreme che ti sconvolgono tutto e da sempre amate dal regista Mann.

Abituato a lavorare con attori di grande calibro, anche stavolta Mann sceglie il bravissimo Johnny Depp per la parte del protagonista assoluto della pellicola, mentre il premio Oscar Marion Cotillard per quello di Billie e Christian Bale per quello dell’agente FBI.
Mann non vuole sparatorie ingiallite e toni che diano un’aura romantica agli anni ’30, e allora sceglie di usare il digitale, scelta forse un po’ discutibile, e fa uso massiccio di primissimi piani, proprio per andare a catturare le emozioni dei personaggi dagli sguardi e dalla mimica.

Il tratto principale del film è l’immersione come lo stesso Mann fa notare: “Volevo che attori e spettatori sperimentassero sulla pelle quelle vite. Perciò abbiamo usato i veri oggetti personali di Dillinger, le armi del periodo, le auto d’epoca e le location reali: Depp doveva guardare lo stesso soffitto fissato da Dillinger, cadere ammazzato lì dove era finito lui. Sono convinto che i luoghi abbiano un’anima che ci parla.”. La ricostruzione d’epoca è in effetti davvero ineccepibile, e forse per questo che stona un po’ l’uso del digitale, che parla di sé, appiattendo e “alleggerendo” un po’ le immagini. Stesso discorso per i numerosi primissimi piani ripresi con camera a mano: ci avvicinano moltissimo ai personaggi, ma troppo spesso fermano il ritmo della narrazione, creando delle pause un po’ sgradevoli, come se fossimo costretti a trattenere il respiro.
Ma forse sono solo suggestioni personali, date dal fatto che non amo particolarmente il digitale, perché in ogni caso Nemico Pubblico e proprio un bel film, curato in ogni sua parte: ricchezza di dettagli, un’ottima colonna sonora, e una bellissima fotografia alternata tra immagini calde e patinate, e altre fredde e crude, accompagnano una sceneggiatura decisa, una storia forte.
Certo molto è dovuto agli attori, chiamati ad un lavoro extra perché questo gangster non è azione allo stato puro, e le sparatorie, per altro bellissime e che ricordano le bellezze di Tarantino, non sono tanto importanti quanto le emozioni che le accompagnano.

E Jonnhy Depp ci ha portato dove possiamo sentire il fischio delle sue pallottole, indossare il suo cappotto, ballare impacciati con la sua stupenda BlackBird, e provare la sua paura nel momento finale e l’emozione incredibile che lo accompagna nella “scampagnata” attraverso gli uffici della task force dedicata alla sua cattura.
Marion Cotillard è bravissima nel dare alla sua Billie una personalità forte e fragile allo stesso tempo, mentre meno bravo e incisivo è Christian Bale, un po’ troppo piatto e forse sacrificato anche in termini di girato, per dare più spazio al Dillinger/Depp.

Bellissima eccezione è la sequenza affidata ai soli sguardi quando gli agenti di sorveglianza a Billie vengono a informare l’agente Purvis/Bale che l’hanno persa. Era l’unica certezza nella caccia all’uomo e perderla significa tantissimo e tutto questo scaturisce solo dalle poche note che accompagnano un intensissimo sguardo dell’agente FBI che in quel momento si sente quasi sconfitto. Non servono parole per esprimere tutta la sua rabbia e frustrazione. Un film sicuramente piacevole e avvincente, dove però Michael Mann racconta Dillinger mettendo troppa carne al fuoco, frammentando la storia e inserendo troppi personaggi secondari.

Quello di Depp/Dillinger è un ritratto di un uomo freddo e spietato, devoto alla fidanzata e abile nelle rapine, ma non nella vita, braccato dai suoi inseguitori come dalla macchina da presa che lo costringe in tanti primissimi piani. Un film, la cui somma delle parti non fa quel capolavoro che ci si aspettava, ma rimane comunque un bel film, con sequenze bellissime come la sparatoria nel bosco e il finale di un romanticismo spiazzante. Ne risulta un godimento per gli occhi e un occasione per gustare un bel film, per farsi intrattenere, ma che non può reggere il confronto con altri film simili dello stesso regista (vedi Collateral). In ogni caso da vedere e apprezzare.

Regia: Michael Mann. Sceneggiatura: Ronan Bennett, Ann Biderman, M. Mann. Interpreti: Johnny Depp, Christian Bale, Marion Cotillard, Jason Clarke, Channing Tatum, Billy Cudrup. USA, 2009, col., 143’

michele comba

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